IL RISCATTO DEL 1699:
TORRE E COMARCA
PASSANO AL REGIO DEMANIO.
Le tre Università di Torre, Resina e Portici con Creamano, anche se
godevano degli stessi privilegi della capitale Napoli e avevano leggi che
le proteggevano da ogni soprusi del capitano utile padrone, ed ”erano -
come descrive il Balzano - con ogni paterno affetto da questi governate”,
tuttavia dovettero subire talvolta ingerenze nella loro vita, come accadde
con Anton Francesco, Fabrizio, Luigi e Anna Carafa per pretese gabelle
sulla pesca del corallo. Luigi e Anna Carafa e con la Guzmàn, per cui
dovettero ad ogni occasione protestare e darsi da fare per ottenere
giustizia. D’altra parte tali Università, forti di un ceto medio di
professionisti, commercianti e artigiani attivi che migliorava
economicamente, stanche di vedersi continuamente molestate e
mercanteggiate, senza dignità, fra vecchi e nuovi padroni, erano sempre
più desiderose di una completa autonomia del governo della vita pubblica
con l’esercizio sia del potere civile che di quello giudiziario. In
quest’ansia di rinnovamento, conformemente alla politica della Spagna
che tendeva a diminuire la forza dei signori e a favorire lo sviluppo
della borghesia, esse risolsero di sottrarsi una buona volta, alla
soggezione padronale per riscattarsi col proprio denaro e ritornare, come
nel 1689, alla dipendenza diretta del Regio Demanio. Così, grazie all’opera
di eminenti uomini quali Nicola Brancaccio, il più influente e perciò
detto ”lu re d’a Torre 'u Grieco”, Giuseppe Criscuolo e
Giovanni Castello, deputati speciali, Marzio Cirillo e Geronimo Villano
avvocati Nicola Falconio procuratore per Torre, Giuseppe Valle avvocato,
Nicola Scognamiglio e Andrea Oliviero deputati, M. Antonio Iacomino
procuratore, per Resina lo stesso Valle avvocato, Benigno e Nicola
Scognamiglio deputati, Alessandro de Curtis procuratore, per Portici e
Cremano, intentarono un’azione contro il Loffredo, ritenuto affarista e
di scarso affidamento, che aveva pagato alla Berlips solo 6000 ducati
tardando a versare il resto e non possedeva perciò lo strumento di
ricompra, raccolesro con prestiti e gabelle la stessa somea di 106000
ducati (55.667 per Torese, 35.333 per Resina e 15.000 per Portici e
Cremano) oltre a quella per le spese procedurali, e sollecitarono la
Berlips perché le preferisse nella vendita, in omaggio al diritto di
prelazione. Il 18 maggio 1699 il Tribunale della R. Camera emise il
Decreto di ammissione delle tre Università al Demanio.
Il 1. giugno si pagò tanto al Loffredo per la sua parte sborsata e
tanto alla Berlips per quella parte da ricevere. I1 14 giugno, domenica,
festività della SS. Trinità, davanti alla parrocchiale di S.Croce, alla
presenza del luogotenente della R. Camera don Alfonso Paride Aracoeli di
uomini di corte da Napoli del governatore di Torre Francesco Scarpati,
degli Eletti del popolo e dei deputati in carica quell'anno, del clero e
della cittadinanza, fu letto il Decreto e, come prescrivevano le
prammatiche del tempo, si dovette proclamare la persona alla quale fossero
intestati i beni e i diritti delle tre Università e rappresentasse queste
ufficialmente nelle cerimonie. Costui fu Giovanni Langella, già proposto
delle Università, grave di 86 anni, di nome onorato e di fede
indiscutibile, di condizione modesta e di estesa famiglia perché non
potesse aspirare alla tirannia, al quale, senza utili, giurisdizione,
onori e prerogative, per espressa rinunzia, negli affari delle
Università, fu dato simbolicamente il titolo di barone e fu concesso per
sede il castello, con una modesta assegnazione mensile.
Seguito da tutti i presenti, si recò egli a prendere possesso del
castello, poi ritornò in S. Croce dove fu cantato solennemente il
"Te Deum".
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Nei giorni successivi il Langella si recò a Resina,
a Portici e a Cremano per uguali cerimonie (1) Il successivo 14 Agosto,
alla presenza del viceré Luigi Francesco de la Cerda, duca di Medina
Coeli, rappresentante della R.Corte, dell'avv. Villano e del Langella, fu
stipulato l'istrumento in cui, a nome del re di Spagna Carlo II d'Asburgo,
si dichiarava che ciascuna della tre Università di Torre Ottava, Resina e
Portici e loro cittadini et abitanti e loro successori in futurum et in
perpetuum dovevano godere di tutte le esenzioni, privilegi e facoltà che
competono e possono competere a coloro che godono il R. Demanio tam de
iure quam de consuetudine, e si vendevano senza niun patto di ricompra
alle dette Università e per esse a Giovanni Langella ed ai suoi eredi e
successori in perpetuum dell'uno e dell'altro sesso, li suddetti casali o
piuttosto l'ufficio di capitania a giustizia e guerra e con tutti i di
loro singoli beni, rendite..."( Privilegiorum Collateralis del Duca
di Medina Coeli",fol. 87).(2) Così tutti i poteri e i privilegi
goduti dai precedenti capitani passarono alle Università riscattate. che
poterono esercitare il loro diritto a governarsi liberamente.
1) V. Di Donna: il Riscatto, pag. 33-37.
2) I Castaldi in " Storia di Torre del Greco" (1890) a pag.62-63
scrivono in nota che i casali di Torre, Resina. Portici e Cremano, insieme
a diversi altri, nonostante un privilegio che li considerava sempre
demaniali, confermato loro il 15 Ottobre 1505 dal re Ferdinando II
d'Aragona, furono venduti come feudi nel 1638 dal viceré don Ramiro de
Gusmàn, marito di donna Anna Carafa, ma gli stessi nel testo (pag.62-65)
e in un elenco a parte continuano a parlare di Torre come capitanìa; il
Di Donna ne "Il Riscatto" (1914) in diversi punti chiama
capitania il governo di Torre, ma baroni i capitani e i castellani; il
Raimondo della I edizione degli "Itinerari torresi" (1973)
scrive a pag. 258-59 che Anna Carafa fu undicesimo capitano di Torre,
nella II ediz. degli stessi (1977), correggendosi senza fornire
spiegazione a pag. 263-64 fa diventare questa prima feudataria di Torre e
con essa i suoi successori, in "Uomini e fatti dell'antica Torre del
Greco" (1985) sulla base della nota dei Castaldi, spiega a pag.547
che i casali demaniali di Napoli, fra cui Torre, Resina e Portici con
Cremano, nel 1638 furono venduti dal viceré don Ramiro de Gusman, marito
di donna Anna Carafa. La capitania di Torre e comarca, già posseduta dal
capitano Anna Carafa, fu comprata dalla stessa e così divenne baronia,
cioè feudo, e la Carafa feudataria e alla precedente pag. 542 egli grida
che "Torre era FEEEEUDO!!!
D'altra parte il De Gaetano ne " Il Riscatto" (1957) scrive a
pag. 80 che i " castellani e capitani di Torre non furono né
feudatari, ne baroni, non avendo mai posseduto il castro a titolo di
baronia e non ebbero mai mai mai il titolo di barone di Torre e comarca
.MAI. Anche il Torrese in "Torre del Greco fra cronaca, storia e
leggende" (1993) a pag. 139-142 ritiene che "parlare di Torre
come feudo a partire dalla morte di Nicola Gusmàn Carafa sia un errore.
Il Raimondo, nella sottile disamina dei fatti si fonda su documenti
provenienti dal fisco e dalle sue contendenti eredi, ma la qualificazione
data ai diritti in contestazione non poteva modificare il contenuto del
diritto da burgensatico in feudale...
In effetti, pacifico il burgensatico nato da Sergianni Caracciolo e
continuato col Malizia e così trasmessosi ai suoi successori, nessun
documento esiste che affermi la mutazione del diritto in feudale.E lo
stesso Torrese chiama capitani tutti i personaggi, fino all'ultimo don
Mario Loffredo A voler concludere, c'è da ritenere che le tesi del De
Gaetano e del Torrese siano vere perché:1) non è sostenibile che la
Carafa comprasse da se stessa (sborsando danaro?) come feudo Torre quando
da capitano già la possedeva e, ambiziosa e superba qual era, insieme al
tartassatore suo marito, poteva agire da feudataria, 2) non esistono
documenti che attestino il passaggio dalla capitania in feudo, sia con la
Carafa che dopo la morte di don Nicola de Gusmàn, tanto che il Raimondo,
sempre solerte nel ricercarne, non ne ha trovati e non ne esibisce a tal
proposito, come non ne esibiscono nemmeno i Castaldi; 3) esiste invece,
come documento ufficiale, il sopracitato strumento del 14 agosto 1699
(conosciuto dai Castaldi, pag. 102-103, e dal Torrese, pag.143-144, e
ignorato per convenienza dal Raimondo) attestante che sempre, fino
all'ultimo, cioè al Riscatto, Torre ebbe l'ufficio di capitania. Ed
infine anche il Loffredo (op. cit. pag. 402-403) riporta documenti da cui
si ricava chiaramente che per effetto del decreto del 15 Settembre 1458 "Torre
fu sempre burgensatico e mai feudo, non parlandosi d'investitura".
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