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IL TIPOGRAFO ARTIGIANO
E L’AVVENTORE

Il banchetto di accettazione si affaccia subito sull’ingresso, ed in molti casi si tratta di un banco contenente casse di caratteri. Quando capitano più clienti, ad esempio le numerose famiglie convenute per la scelta delle partecipazioni, allora effetti- vamente si riscontra il disagio lamentato dallo snob della breve narrazione precedente. Rimedio, in parte, facendo sedere un infante in cima ad una pianocilindrica in modo che stia buono per un’oretta; invito gli sposi a sgranchirsi le gambe, assisi su di una pila di carta; le due suocere, è chiaro, le piazzo sedute sul piano del tagliacarte, nella speranza di una provvidenziale amputazione delle lingue oltre il frenulo. Si crea un’atmosfera grottesca e ironica. E’ proprio in quel momento che il testereccio ottuso guadagna l’ingresso e si fa largo, quel poco che può, ed esclama «Mari!» con gesto spagnolesco. Con la coda dell’occhio osserva i presenti disposti alla sua teatralità.
«Siete la schifezza dei tipografi! - aggiunge. Poi sbottona il copione ripassato più volte

durante il tragitto. - Mi avete rovinato, mi avete. Mi sono visto addosso la finanza, i carabinieri, la digosse, 1’effebbiae, tutti». Fa una pausa di suspense per alimentare la curiosità dei presenti. «Ecco, ecco qua - ansima affettatamente cavando dal taschino un timbro di gomma - ...mi avete sbagliato la partita IVA, ho contraffatto cento, mille, milioni di docu... - Un Oooooh generale lo ridimensiona nella foga; un po’ rantolando riprende -...e va be’, zeri in più zeri in meno... Ma lui - dice ai presenti puntandomi 1’indice tremante - lui mi vuole vedere in mutande, mi vuole; con la barba in faccia e i figli per la mano davanti alle chiese a chiedere 1’elemosina».
I presenti sono sorpresi, non gia per la rabidezza del tale, ma per la flemma con cui rovisto tra gli originali dei lavori eseguiti, la cui ricerca, così immediata, e imprevedibile dal furibondo. Alla presenza pubblica del pezzo di carta da lui scritto all'atto dell'ordine lo pseudo energumeno si sgonfia e tra mille sbirciatine rapidissime ai presenti, abbozza un sorriso decisamente ebete. Poi accenna ad una specie di goffo inchino e muove lentamente all’indietro