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Le notizie storiche sulla evoluzione della stampa napoletana sono inserite in maniera frammentaria nelle pagine seguenti nel quadro generale della cultura napoletana in relazione all’arte scrittoria fino all’Illuminismo e via via lungo i secoli successivi di lenta aderenza allo sviluppo dell’arte nera.
I CARATTERI DI PIOMBO
E IL VECCHIO «PADRONE»

I tipografi non hanno mai brutti caratteri... perché, come ho gia detto, tutti i caratteri usati in Occidente discendono da un’unica nobile famiglia: 1’Antiqua. Il gotico, figliuol prodigo, in declino sin dal 1500, e ritornato poi nelle tipografie di tutto il mondo. Rivisitato e modernizzato fa oggi, comunque, la sua sporadica presenza in molti tipi di stampati. Il capostipite dell’Antiqua, non dimentichiamolo, è il carattere Romano. Il carattere di piombo da stampa e costituito da un parallelepipedo poco più alto di due centimetri. Il fusto di un carattere da libro, come quello che avete sotto gli occhi, e poco più spesso di un fiammifero da cucina. La lettera è incisa sull’estremità superiore in rilievo (a rovescio). Sulla parte inferiore del fusto vi e un solco tacca, 

che serve al senso tattile dei polpastrelli onde allineare i fusti nel compositoio senza bisogno di guardare. Ho sentito doverosa questa sommaria descrizione perché fra qualche anno si finirà solo col descrivere la salma di questi famigerati, e diciamolo pure, valorosi soldatini. Chissà quale intruglio adoperò Gutenberg per realizzare i suoi caratteri, credo pressappoco la lega odierna: piombo, antimonio e stagno. Il piombo per la duttilità l’antimonio per la resistenza, lo stagno come antiossidante, e talvolta un pizzico di rame per rendere fluida la lega. Fino a qualche decennio fa alcuni giornali venivano ancora composti con i minuscoli caratteri mobili. Ricordo con nostalgia un personaggio, in una parola, grottesco, della tipografia napoletana: Don Pietro. Ma sì voglio immortalarlo: DON PIETRO riusciva a comporre un rigo di libro in 15 secondi (in media 50 lettere) quasi 4 bastoncini al secondo e questo per la durata delle giornate lavorative di una volta. In più componendo, si scioglieva in lazzi e scurrilità facete. La palpebra dell’occhio destro si era perpetuamente anchilosata nell’atto di chiudersi