L'ultimo puparo torrese pag. 17


                            Gano di Magonza                         

                                 8° Episodio:

IL BIRICHINO DI PARIGI

La rivelazione dei cinque milioni fatta da Maria a suo figlio il Birichino di Parigi senza conoscersi - il giuramento.

L’arrivo in Francia di Gennarino ‘O Marenariello - la morte del servo Gianni.

Un’altra simpatica avventura, il grande coraggio del Birichino di Parigi.

Trama dell’episodio: scena 1° camera: Bibbiana è contenta di avere conquistato il più bel giovane di Parigi, lui è sempre a letto che dorme. Sa che il fratello è rimasto ferito ma non è morto, lei ha mandato a chiamare un certo Fernando, capo di tutti lazzari dei bassifondi di Parigi, arriva Fernando lei chiede quanto danaro vuole per ammazzare suo fratello se lo farà lei pagherà qualsiasi somma di danaro basta di liberarsi del fratello Goffredo. Fernando accetta l’incarico non per danaro ma per amore che sente per lei, l’assicura che non appena uscirà dall’ospedale lui l’ammazzerà, adesso li basta solo un bacio come caparra per il suo amore, si baciano. Il Birichino è in osservazione ha visto e ha udito tutto, Fernando va via esce il Birichino fa finta di non sapere niente di tutto quello che è successo, li chiede del danaro ne ha bisogno per portarlo all’anziana donna che lo ha allevato, lei gli da una borsa con il danaro è gli dice di tornare presto. Lui rientra, lei resta contenta di lui e dell’altro che ammazzerà il fratello. (mutazione)

Scena 2°, la Senna: Maria e il Birichino si incontrano (scena di gioia per l’incontro), Maria racconta un po’ la sua storia li parla del marito in carcere che a scontato 20 anni senza avere commesso niente, dovrà uscire da un momento all’altro, svela il segreto dei 5 milioni rubati da Goffredo e Gianni con la complicità di Bibbiana eccetera. Lui accenna di conoscere i San Nero e l’altro malfattore, si sentono spari da dentro a paura che siano quelli della polizia in cerca di lui per arrestarlo salutò Maria è scappa via di furia. Esce Gianni acciuffa Maria la vuole portare con se, lei fa resistenza e viene liberata da Gennarino ‘O Marenariello uscito dal carcere, ammazza Gianni abbraccia sua moglie rientrano insieme. Qui passaggio di Florindo, Alfredo e guardie vanno in cerca del Birichino sanno che si aggira in quella zona, con parole a piacere rientrano. (mutazione)

Scena 3° Rustica, tavolo sedie e barile. Esce il Birichino si avvicino l’Oste e gli domanda di cosa ha bisogno il Birichino è in cerca di un nascondiglio è inseguito dalla polizia, l’Oste non vorrebbe aiutarlo ma per paura li dice “scendi giù in cantina” lui a poca fiducia e preferisce nascondersi dietro la botte del vino, l’Oste conosce il giovane e sa di cosa e capace esce fuori chiude la porta e va a chiamare le guardie, il Birichino a sospettato dell’Oste e chiude con il paletto dietro la porta. Apre la botola della cantina spegne il lume resta tutto al buio, le guardie con l’Oste fuori forzano la porta la buttano a terra ed entrano uno dietro l’altro non vedono la botola della cantina aperta ci cadono dentro tutti, il Birichino per tappare la buca e sotterrarli butta le sedie, il tavolo, la botte ed altro poi dice “credo che non vi prenderà più il ticchio di arrestare - il Birichino - di - Parigi.

F I N E

 

Questo è tutto quando è scritto nel quaderno di “ sessant’anni e più ” la storia non è completa resta monca per i 15 primi episodi del Capone ‘e Nola e il Diavolo Rosso. Quella del Birichino di Parigi si ferma all’ottavo episodio: ricordo bene gli episodi che mancano per averla rappresenta con il maestro a Torre del Greco negli anni trenta e non è il caso di ricostruire la “STORIA DI CIPRIANO LA GALA” era questo il titolo di tutta la storia.

Per finire non ci resta che spendere qualche parola non per dare un giudizio se è bella o brutta credibile o non credibile è un giudizio che va lasciato a chi legge, una considerazione va fatta prima di giudicare l’autore del quaderno, ed è quella di tenere presente l’epoca di quando sono stati scritti gli episodi che non erano tanto floridi per i pupanti, attraversavano un momento difficile venivano spodestati dal cinematografo che avanzava a passi da gigante li faceva concorrenza chi andava al divertimento all’epoca era poca gente in maggioranza uomini, le donne non uscivano di casa la sera e quelle che andavano al cinema o al teatro si potevano contare sulle dita: erano gli anni del cambiamento, della trasformazione della società e dovevano trovare nuovi programma per sopravvivere, quel tipo di teatro andava modificato tutto, si doveva cercare un’altro capo espiatorio per accontentare chi li seguiva e li dava da vivere. Fecero entrare le canzoni nella storia per arricchirlo e presentarlo più allegro e movimento si avvicinavano alla sceneggiata napoletana i segnali l'abbiamo con il BIRICHINO DI PARIGI primo di presentarsi al pubblico canta dietro le quinte, anche nelle altre puntate che seguono canta lui e qualche altra con una o due canzoni. Si giustifica il cambiamento dei testi dell’opera dei pupi. Nel 1939 il mio maestro trasformò del tutto la storia malavitosa e si buttò anima e corpo sulla sceneggiata e la portò avanti tutto l'anno fino a quando incominciò la seconda guerra mondiale. Davanti alla ribalta c’erano due o tre suonatori con mandolino o violino e batteria per accompagnare le canzoni che suonavano nell’intervallo, il pubblico seguiva avevamo sempre la sala piena di spettatori. Alcuni dei copioni del 1939 li ho conservati come ricordo,(vedi) sono pezzi da museo scritti a mano con la penna inzuppata nell’inchiostra, non a macchina e nemmeno con la biro. Sempre in quegli anni brutti i Corelli a Torre Annunziata presero spunto dal cinematografo misero sulla scena con i pupi storie western americano vestirono un pupo da Tom Mix, quel copione ce lo prestarono e lo rappresentammo anche noi a Torre del Greco, fu un fiasco credo che i Corelli fecero poco anche loro non era bello ma ridicolo vedere il western fatto con attori e cavalli di legno, non poteva stare al passo con il film e fu subito accantonato.


 

N O T E

(1) Mutazione: cambio della scena in gergo teatrale.

(2) Duello rusticane: con i coltelli, per l’opera dei pupi “’a tirata oppure “ ‘a Zumpata.

(3) a prese: si diceva per i pupi caduti a terra sotto i colpi del più forte e senza ucciderli.

(4) Cipriano e Gionù La Gala sono figli a Mariangela vivano separati da briganti, il primo perseguita la mamma per ammazzarla: nel primo episodio della storia lei Mariangela fa arrestare il marito Gabriele La Gala per andare a convivere con il Duca Massimo di Massavitello e per liberarsi dei due figli tenta di affogarli mentre dormano non ce la fa per l’arrivo di Giacomo Palumbo (un Galeotto evaso dal carcere assistito l'arresto del marito va per darli la notizia di quello che ha visto e impedisce d'ammazzare i figli li da qualche schiaffo e si porta con lui i ragazzini li tira su come figli e quando si fanno adulti si riprende la storia e continua con i canovacci già citati.

(5) Trabocchetto: una botola nel pavimento della stanza con un congegno a corda s’apriva e il mal capitato ci cadeva dentro a finire i suoi giorni nel sotterraneo usata della nobiltà di qualche secolo fa.

Dello stesso autore del quaderno ‘O SCEMO E CASORIO - bozzetto comico drammatico in un atto. (vedi)


 

Dopo gli episodi di storia borghese scritti sessant'anni è più voglio aggiungere stracci di un copione storico di Pasquale Buonandi capostipite della grande famiglia che operò fino ai primi anni del 1900. il testo in cui attingo fu copiato dal figlio Salvatore a Torre del Greco il 1° Maggio 1886.

 

LE GLORIOSE GESTA
DI RINALDO
DI MONTALBANO

Ovvero
IL TRADIMENTO DI GANO DI MAGANZO

Con Pulcinella difensore del castello ha colpi di pignatte

Una scena del primo atto: Rinaldo solo, si lamenta della sua sfortuna, arriva di rincorsa Pulcinella inseguito da un giovane Cavaliere di fede Pagano.

Pulcinella: Ah canaglia ca non m'arrive.
Armelinta: Ti raggiungerò codardo.
Pulcinella: Aiuto si patrò.
Rinaldo: Che aiuto! Sei col ferro a la mano sappi difenderti.
Armelinta: Ti giunsi affine mori.
Pulcinella: Si patrò aiuteme.
Rinaldo: Vile difenditi.

Pulcinella: Tu che buò difendere, se io tire de punte chille apare di taglio ma fatte sta spada comme a serra di masto Dunato.

Armelinta: Non giovano le tue scuse tu stesso mi ai provocato alla pugna ed io voglio teco combattere accorpo ha corto.

Pulcinella: Mo pare ca te ne viene .. commattimme co li cuorpe e lassamme sti malore e spade.

Armelinta: Oibo! .. Si deve combattere a corpo a corpo ancora col le spade.

Pulcinella: Gniornò, spade e cuorpe ce struppiamme li cuorpe e cuorpe a cuorpe ce addecriamme li cuorpe.

Armelinta: Voresti meco venire alla lotta?

Pulcinella: Se, comme a marmotta te voglie sbattere nterra.

Armelimta: Eccoti appagato inguardia. (si battono Pulcinella cade) già cadesti poltrone!

Pulcinella: Vi che bella guapparia! .. tu mi ci ai fatte cadè e io so caduto.

Ermelinta: Sei mio prigioniero.

Pulcinella: Nzomma chi lotte cu tico, v'amppresse amppresse nterra?..

Armelinta: Certamente … sei vinto, dungue vieni meco prigioniero.

Pulcinella: E ghiamme ca è meglio aghi presciuniere cu tica che a posilleco co n'aute.

Rinaldo: Ti arresta, se brami condurre il mio servo prigioniero, devi prima combattere meco.

Armelinta: Cavaliere, il maestoso tuo aspetto m'indica in te il più perfetto caraggio, dimmi il tuo nome?

Rinaldo: - Rinaldo sono io signor di Montalbano, cavaliere purtroppo sfortunato.

Armelinta: Rinaldo tu? .. il perdere anche la vita per le tue mani, in vece di sventura, io fortuna l'appello, sappi Armelimta io sono figlia del Signore del Marrocco, che a danno di questo dominio è venuto.

Rinaldo: - Che sento! … voi donna?
Pulcinella: Vuie femmena?
Armelinta: Io donna sì!

Pulcinella: Oh eterni crostoni degli avi miei crestati! .. Una donna femmina mi vinse, una donna ma schiaffato de cuorpe nterra, ora voglio teco rinnovar la guarra.

Rinaldo: - Olà taci!… Amabile principessa se non ti dispiace di prendere riposo nel mio castello, consegnarvi alla mia sposa, e in essa è nella mia persona, due anime ossequiose scorgerete, rivolte al vostro merito, - - Pulcinella va portala nel castello, consegnala alla sposa mia e dagli tutto ciò ch'egli abbisogno, principessa addio. (la principessa e Pulcinella con lazzi a soggetto rientrano).

Questa scena con Pulcinella scudiero è come Sancio Panza del Don Chisciotto, mi aiuto assai di può a credere che questo tipo di teatro fu ideato dagli operatori napoletani dopo della prima rappresentazione fatta dagli spagnoli nel 1646 (già detto) è una testimonia determinante e si può prendere per buono per il fatto che il testo che sto copiando integrale è la copia dell'originale e può essere valutato " uno dei primi copioni" di quella tradizione popolare che non c’è più, non è una critica a chi sostiene il contrario e solo una mia idea e liberamente dico per queste testimonianze l'opera dei pupi è più napoletana che siciliana, pare che furono i primi a sceneggiare i poimetti narrati dai Cantastorie all'epoca sotto il chiarore della lanterna del molo: non è vangelo quando ho detto è solo una convenzione di un nostalgico un po’ di CAMPANRLISMO non guasta; chiudo la parentesi con alcune quartine della poesia omonimo del grande Raffaele Viviano.

Campanilismo bello, addò si ghiuto?
Facimmolo nuie pure comme a ll'ate,
si no p'a gente 'e Napule è fernuto,
'e nun sarramme maie cunsiderate.
Talento ne tenimmo avimmo igegno:
nu poco sulo ca ce sustenimmo,
conquistarrammo chillu posto degno
ca, pè mullezza nosta, nun tenimmo.

Dalla terza parte della Commedia:

Nella reggia di Carlo Magno si trova Orlando, Gano di Magonza, il nipote Florante, il Re del Marocco, la figlia Armelinta, guardie reali.

Carlo: - Invitto re, principe generoso, amabile principessa, non indegna te punto, nel vedervi circondati dai reggi di corte, mancava al trono mio lume maggiore che è quello dei vostri aspetti, or si che può dirsi del mondo il più splendente.

Re: - -Invitto Imperatore, le lodi alla grandezza tua ritorno che io per l'avvenire sarò tuo servo mi dichiaro vero amico; a ciò mi costringe più della tua grandezza un Cavaliere per nome sventura ha avuto il suo del mio cuore, sul mio regno e della mia persona, e confessare deggio con core sincero, e con ardire profondo, che l'eguale non vanta il mondo.

Carlo: - Ma ecco appunto di qua che a noi sene viene il paladino Rinaldo, un Barone cosi grande del mio soglio forse non trova luogo da sedere qui fra tanti. (sorte Rinaldo)

Rinaldo: Gran Carlo; se avessi immaginato di comparire alla presenza tua e di tanti regnanti invitti, null'altro avendo ora un poco di terra di Montalbano, meco condotto avrei ed un umile seggio bastava di fermare ma ciò non prevedendo sarà mio somme onore lo stare in piedi dinanzi al tuo cospetto o mio signore.

Carlo: - Alla tua fedeltà un eguale seggio oggi si conveniva Eccelsi paladini eroi di Francia, or dite ognun di voi che mai potrebbe in occasione di guerra al suo sovrano apprestare col sangue?

Orlando: Signore, io sono Orlando e basterebbe … sono il signor d'Aglante e paladino, posso dare al mio re, zio è Signore in oro un milione, armati Cavalieri sin dieci mila, come me stesso ancora, e il sangue mio.

Gano: - Gano di Magonza è il nome mio tenente generale di queste armi principe di Baronves, Marchese di Belfiore, Conte di Maron, e posso dare combattenti, Cavalieri, munizioni, oro, viveri e inganni che in me racchiusi sono.

Florante: Florante dell'antica e nobile casa di Magonza sono io Duca di Gioiosa e gran Scudiero di Carlo, posso in caso di guerra al mio signor dare sei mila Cavalieri e tanti Fanti in un punto apprestare.

Carlo: - Gran Rinaldo e voi che dar potete in occasione di guerra alla corona?

Rinaldo: Che posso dare? .. Questa richiesta sembra rimprovero verace ed applauso insieme, che sebbene mie miserie mi ricorda, me sovviene assai più glorioso se accompagnate sono dell'innocenza, ò che posso dare se mi e rimasto solo l'amore, la virtù e un poco d'erba; che lungo tempo o Dio!… Servo di nutrimento a Rinaldo, alla sposa, ed al caro figlio … Orsù il tempo è giunto di scoprire l'innocenza mia è di servire al mio giusto dolore, udite tutti ormai e stupisca confuso il tradimento no che Rinaldo nulla può alla corona perché tutto gli ha dato Florante il duca, che tremante dalla voce dei nemici spaventato se ne fuggiva e seppelliva la tua insegna reale e la nascose in un oscura grotta, ma sua fiera vergogna non poté nascondere a sguardi miei che sopragiunto incognito al suo fianco dall'antro lo tolsi è alla sinistra strinsi l'insegna, il forte brando colla destra feci campo e la voce qual tuono rimbombava, viva l'immortale di Carlo il nome, in guisa tal che la vittoria ottenne (va apprendere la bandiera) questa è l'insegna tua, al tuo pie la depongo è questo è il codardo che la lasciò sepolta.

Carlo: - Ha traditore!..

Florante: Misero sono perduto.

Rinaldo: Io fui quel fortunato che fatto prigioniero il Re del Marocco, si ottenne la pace lo pregai a seguirmi, questo è il suggello suo, lo dica lui stesso che mentire non può.

Carlo: - Ed è vero?

Re: Tutto è vero, ed il campione è questo che tu sempre volevi.

Rinaldo: Del Cairo il monarca è qui teco di vassallaggio suo ti rende tributo?.. Che posso farti più?.. Al che il destino acerbo e rio, Rinaldo che può dar che dar poss'ia!.. Ah si ancora, vieni diletto (qui sorte il figlio) alma dell'alma mia, viscere del core, umiliati al tuo re, almeno tu sarai creduto di fedeltà e d'innocenza, e tu sovrano invitto alle tue piante accogli d'un vassallo fedele l'alta costanza, mentre fidi e costanti alle tue piante or siamo, e forse verrà che i perigli e fra le armate il reale tuo giglio veda il valore del figlio in quel del padre, e veda il core del padre in quel del figlio (s'inginocchiano padre e figlio).

Carlo: Alzatevi … che più non accoda invidia grande su di te voglio in quest'oggi appunto che il perfido Gano e i Maganzesi partono dalla mia soglia sotto pena della disgrazia mia, su via partite e subito dalla mia presenza.

Orlando: A cadere va chi sale troppo in alto, sgombrate via di qua!..

Tutti: Viva Rinaldo!!! ( Gano e i Maganzesi vanno via)

Carlo: Ora invitto Guerriero se tu soffristi calunnie infame e dissapori acerbi or l'innocenza tua è palese, e restano in preda l'infamia dei Maganzesi rei l'ardir ribaldo, e fra le glorie sue viva Rinaldo.

Fine della Commedia