Così funzionavano
i Mulini Marzoli
di Mimmo Cacciuni
Il grano giungeva ai Molini
Feola-Jeandeau via mare da Napoli o da Torre Annunziata (grosso centro
portuale dell’epoca) su delle grosse imbarcazioni appositamente
costruite, delle chiatte chiamate "sandali". Le chiatte venivano
ormeggiate alla banduna della diga foranea del porto di Torre del Greco
dove il grano veniva scaricato automaticamente su nastri trasportatori,
che collegavano il molo alla torre dei Molini grazie ad elevatori
appositamente costruiti e situati sul molo stesso. I trasportatori a
nastro, che dopo la seconda guerra mondiale furono smantellati erano due:
uno lungo cento metri, l’altro sessanta concepiti per non creare
intralci sulla banchina stessa. Questi erano completamente chiusi ed
insieme all’elevatore era- no in grado di smistare 400 quintali di grano
all’ora. I nastri convogliavano il grano nella torre in muratura di
cinque piani, più il sotterraneo, situata nelle immediate vicinanze del
porto. Nella torre il grano subiva una prima pulitura e veniva
automaticamente pesato a mezzo di bilance automatiche.
A questo punto un terzo trasporto a nastro, di circa settanta metri,
convogliava il grano nelle celle del silo di cemento armato. Il silo era
fornito di un’altra bilancia automatica e di un grande separatore da
grano, capace di compiere un lavoro di 200 quintali per ora, qualora fosse
stato necessario pulire e pesare grano arrivato via terra. Il silo era
collegato con i locali della pulitura tramite una galleria sotterranea di
dodici metri; il trasporto del grano, in questa altra fase del processo,
avveniva per mezzo di una coclea (la cosiddetta vite di Archimede). Due
tipi di macchinari completamente indipendenti erano destinati alla
pulitura vera e propria del grano: uno per il grano duro e l’altro per
quello tenero.
In questa fase il grano veniva ripulito da pietre, granone, sabbia,
polvere, avena, orzo, ecc., durante il suo passaggio nei cosiddetti
separatori prima e negli svecciatori poi; infine, il bagno nel lavagrano
per ottenere il distacco della sabbia e del) a terra induritasi e
ammischiatasi al grano stesso. |
Il grano ormai pulito
passava poi nei cassoni di deposito situati "nella pulitura"
dove rimaneva per un tempo variante dalle otto alle 24 ore a seconda delle
necessità. Prima di passare al molino per la macinazione il grano subiva
un secondo passaggio di pulitura ad opera di macchinari smerigliatrici e
di buratti spolveratori per eliminare il germe e la pellicola esterna del
grano. L’acqua necessaria per la pulitura veniva fornita da un pozzo
artesiano di settanta metri di profondità presente all’interno dell’opificio.
IL MOLINO Il locale del molino composto di quattro piani, più il sotterraneo
con una base di trenta metri per tredici. Al primo piano c’erano i
laminati, con dei cilindri di diametro di 250 mm, e la loro lunghezza
variava da 600 fino a 1.500 mm.
Al secondo piano erano collocate le pulitrici da semola a vento premente
che avevano la funzione di raffinare le semole del grano duro. Al terzo
piano erano collocate tutte le pulitrici da semola a vento aspirante,
tanto per il molino a grano duro, che per quello a grano tenero. All’ultimo
piano erano situati i plansichter,
che avevano la Funzione di dividere il grano ormai macinato in base alle
diverse dimensioni dei prodotti macinati. Sia il molino per il grano duro,
sia quello per il tenero, avevano la capacità di lavorare il completo
automatismo fino a 500 quintali di grano al giorno. Con l’ausilio di
trasportatori a nastro e di coclee, i prodotti del molino erano
convogliati nei magazzini. Leggermente più piccolo il magazzino dei
prodotti ha lo stesso numero di piani: qui i prodotti del molino erano
insaccati oppure condotti in grandi cassoni di deposito. Al primo piano si
insaccavano le crusche e il cruschello, al secondo tutte le semole e le
farine di grano duro, e al terzo tutte le farine del grano tenero. L’ultimo
piano serviva come deposito.
A questo punto scivoli dritti ed elicoidali convogliavano i sacchi con il
prodotto finito o sui carri oppure tramite un trasportatore a nastro sulle
imbarcazioni ormeggiate al porto di Torre. La forza motrice, fino a che
non fu completamente elettrificata la zona alla fine degli anni venti, era
fornita da una macchina a vapore di 400 HP, alimentata da due caldaie che
lavoravano a 13 atmosfere. Due alternatori, di 60 K.W. ognuno, servivano a
produrre la energia elettrica per i motori elettrici che muovevano l’elevatore
da nave, i quattro trasportatori a nastro, i meccanici del silo e della
torre in muratura. Gli stessi alternatori fornivano la corrente per l’illuminazione
dell’intero stabilimento. |