Dalla Via cesare Battisti si va a destra e si è nella
parte cosiera della.contrada Clastro, antico nucleo abitato anteriormente
a Torre Ottava. Qui, presso la spiaggia della Scala (Calastro, cala,
scala = piccola insenatura di mare per il rifugio delle
imbarcazioni) si trova la
CHIESA DI S. PIETRO A CALASTRO
Sull’esistenza di tale chiesa e la denominazione di tale località c’è
un promo documento del 1019 già ricordato in nota nella prima parte
storica pubblicato della sezione STORIA di questo sito:
”...procul de illa Turre que dicitur de Hoctaba... propter ecclesia
destructa que fuit vocabulo S. Petri...in loco qui vocatur Calistum”;
altre citazioni abbiamo per il 1036: ”...posita in loco qui vocatur ad
S. Petrum ad Calistum”
(...sita nella località chiamata S. Pietro a Calastro)
e per il 1042:
”.. in loco... qui est foris Risina, super S. Petrum ad Calistum”
(... in località... che è fuori Resina, sopra S. Pietro a Calastro).
Altri documenti ci dicono che la stessa chiesa nel 1120 era proprietà di
un tal Sergio di Mitro e nel 1126 era ”inruynata et scohoperta”
(rovinata e scoperchiata). Distratta o danneggiata più volte, questa fu
riedificata nelle forme attuali. nel 1306; è ricordata ancora nel 1334,
nel 1599, nel 1658, e fra il 1600 e il 1688 appartenne alla famiglia
Raioia, mentre nel 1857 era della famiglia Citarelli, con decreto del re
di Napoli Ferdinando II di Borbone.
Attualmente è affidata alla Parrocchia di S. Maria del Popolo. Situata in
luogo aperto fra poderi coltivati e circondata da case e palazzi moderni
aggiuntisi negli ultimi anni, la Chiesa è piuttosto piccola: l’interno
si presenta molto semplice ed aveva fino a qualche tempo fa, perché
rubato da ignoti, sull’altare maggiore un grande dipinto su tavola del
sec. XVII raffigurante S. Pietro fra i santi Vito e Stefano e avente nell’angolo
inferiore destro la scritta:
”Stphanus Raiola ab Herculaneo pro sua suorumque devotione - hoc opus
propiis sumptibus fieri fecit. Anno Domini MDC”
(Stefano Raiola da
Ercolano (cioè da Torre del Greco)
a devozione sua e dei suoi quest’opera proprie spese fece fare. Nell’anno
del Signore 1600”, mentre nell’angolo inferiore sinistro è il
ritratto di un personaggio con collare alla spagnola, probabilmente il
Raiola stesso.
Una tardiva leggenda orale, che ha avuto i crismi della legalità e dell’ufficialità
da un famigerato notaio, tale Ruggero Pappansogna, nel 1423 in occasione
della visita del card. Nico la De Diano a Pugliano, sulla base di un
antico diploma, peraltro perduto nell’originale che il detto notaio
diceva della età di Costantino (prima metà del sec. IV).
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Racconta che sulla spiaggia di Calastro sarebbe sbarcato l’apostolo Pietro proveniente dall’Oriente,
convertendo col
battesimo trecento persone fra cui un tale Ampellone che avrebbe poi
costruito un oratorio in onore della Madonna destinato a diventare poi la
chiesa di Pugliano.
Tale leggenda, che suppone la presenza del Cristianesimo nella zona
vesuviana fin dall’età apostolica, è stata accettata nel passato da
diversi studiosi, fra cui Francesco Balzano (1688), Ignazio Sorrentino
(1734), Matteo Scherillo (1859).
Il torrese Balzano, con molto orgoglio patrio e molta ingenuità ne ”L’antica
Ercolano” così scrive: ”..Può gloriarsi la Torre del Greco
essere in Europa la primogenita di Christo nella cattolica fede, havendo
havuto ventura godere prima di ogni altro luogo la presenza e voce del
glorioso San Pietro il quale lasciata la sede antiochena per portarsi alla
Regina del mondo, Rorna, si compiacque alla nostra marina terminare i suoi
lunghi viaggi, uscendo di barca in un luogo detto Calastro, un quarto di
miglio distante dalla, hodierna Torre e questo nell’anno 44 di nostra
salute...Quivi disceso, il Santo portossi nell’habitato e in un luogo
hoggi della famiglia Raiola celebrò la Messa...E nell’istesso luogo
dove è fama celebrasse è antichissima chiesa dedicata al medesimo
Principe degli Apostoli...Quindi, portatosi a Resina, battezzò un huomo
chiamato Ampellone, come scrive Paolo Reggio vescovo equense nella ”Vita
di S. Aspreno, primo vescovo di Napoli” dove il glorioso Santo si
portò...”(1).
Ai nostri giorni il dotto sacerdote Giovanni Alagi afferma che il
documento diffuso in copia da quel notaio è apocrifo, pieno zeppo di
anacronismi storici e di incongruenze di ogni genere, un falso grossolano
frutto di fantasie popolari, un rozzo tentativo di consacrare con l’autorità
del pubblico ufficiale una favola, una credenza popolare che non ha alcun
fondamento.
La verità è che tale leggenda non può essere presa in alcuna
considerazione quando si ricerchino le vere origini del Cristianesimo
nella zona vesuviana. E poiché mancano a noi notizie storiche sulla
venuta di S. Pietro in Italia, sarebbe meglio dire che questi, venendo
dall’Oriente diretto a Roma, sia sbarcato a Pozzuoli come in tale porto,
che era uno dei primissimi del Mediterraneo nel I sec. d.C, sbarcò anche
S. Paolo nel 61 (Atti degli Apostoli, 28) e sbarcavano tutti i viaggiatori
che dai vari paesi mediterranei erano diretti a Roma, raggiungendo la Via
Appia; ancora meglio - conelude 1’Alagi - dire che su tale argomento non
sappiamo nulla (2).
Anche altri studiosi, fra cui il Capasso, l’Ambrasi, il Fasola, come
riporta con un’ampia e severa critica Mario Carotenuto nel suo recente ”Ercolano
attraverso i secoli” (1980), Demoliscono con argomentazioni
ineccepibili questa ”vecchia leggenda radicata nella tradizione
locale e dura a morire”.
1) F.Balzano: op. cit. pag. 66-67.
2) G. Alagi : La leggendaria origine della chiesa di Pugliano (Boll. parr.del
15-9-1962); La zona vesuviana dal I al V sec. C., in ”Campania
sacra”, rivista di studi della Pontificia Facoltà Teologiea dell’Italia
Meridionale. Napoli 1971, N. 2. 3) F. Balzano op. cit. pag. 123-24.
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