Puoi anche Tu inserire qui
un nuovo
argomento

  Torna all'indice
Comunità

Puoi anche Tu intervenire a questo argomento o invia un post alle e-mail private

Argomento presente: « 'A LENGA TURRESE ESISTE? »
ID: 8257  Discussione: 'A LENGA TURRESE ESISTE?

Autore: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Scritto o aggiornato: mercoledì 5 marzo 2008 Ore: 16:31

'A VERA LENGA TURRESE

Nella foto satira della lenga turrese in senso metaforico per strappare un sorriso. Nostro Signore ha fatto un mondo perfetto, ma può avere avuto una piccola distrazione nel creare la moglie con la lingua.

Caro Gigi,
mi complimento con Salvatore per la versione torrese di Questo Amore di Prevert, ma vengono a me in mente le perplessità sul dialetto torrese. La curiosità letteraria resta di sapere l'età dei termini: p. es. "apprettatore", data di nascita, e se essi appartengono al linguaggio torrese o napoletano. Io non so e non sono in grado di esprimermi, perchè figlio di napoletani, e pur nato a Torre, non ricordo i suoni del mio paese natio e non studio la fonetica torrese con la caduta delle finali...dolorosa.

Franco Penza

 
 

ID: 8298  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.it  - Data: mercoledì 5 marzo 2008 Ore: 16:31


LO SAPEVATE CHE I TORRESI QUANDO PARLIAMO, RISPETTO AI CAMPANI IN GENERE, FAMOSI PER QUESTO, SIAMO I MAGGIORI GESTICOLATORI E AMMICCATORI, PERCHE' ABBIAMO AFFINATO QUESTO "AUSILIO DELL'ESPRESSIONE VERBALE" GIRANDO PER IL MONDO:

Assistere alla frenetica ed incomprensibile danza che la mano libera compie nell’aria quando discutiamo è tutto un programma!
Dita chiuse che poi si aprono improvvisamente, rotazioni del palmo della mano, invisibili geometrie tracciate e poi ridisegnate, movimenti ritmici che accompagnano ogni frase pronunciata, con lo scopo di rendere più chiaro il discorso all’interlocutore posto all’altro capo della linea. Non di meno gli ammiccamenti, le diversissime posture che riguardano gli occhi, la bocca, gli svariati modi di sorridere e le smorfie imitative.
Anche a distanza un altro torrese potrebbe capire il tema di una discussione e forse anche le conclusioni della stessa solo dalla mimica manuale e dall’espressione del volto.

Quante volte capita di assistere in qualche vicolo alla conversazione manuale a distanza tra due vasciammaresi che nel giro di pochi secondi si scambiano articolati dialoghi, spesso liste della spesa e finanche pettegolezzi sul vicino di casa.
Oppure mamme infuriate che richiamavano all’ordine un numero imprecisato di figli ed amici dei figli con semplici gesti, ma quanto eloquenti!
Se si prova a costringere un torrese, meglio ancora se convinto oratore, a recitare un qualunque discorso senza far uso delle mani questi non profferirà parola. Ebbene, la sua capacità oratoria ne sarebbe profondamente limitata, quasi come se una fondamentale porzione dei centri del linguaggio fosse stata amputata.
Ecco perché la comunicazione telefonica, informatica (forum, ciat, ecc.) o epistolare a distanza, appunto amputata dall'indispensabile ausilio del linguaggio torrese del corpo dà adito ad equivoci, incomprensioni fino alla rinuncia del dialogare.

TOCCA A SALVATORE ARGENZIANO, ORA, VALUTARE IL DA FARSI.



Luigi Mari della redazione



ID: 8291  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: lunedì 3 marzo 2008 Ore: 23:37













ID: 8260  Intervento da: salvatore argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Data: giovedì 28 febbraio 2008 Ore: 01:19

Caro Gigi,
ho già risposto a Franco per quanto lui chiedeva a proposito della lenga turrese se esiste oppure no. Vorrei solo aggiungere che sono propri i torresi a non credere nel loro dialetto. Forse perché se mettono scuorno di essere provinciali. Non c’è poeta torrese né scrittore né attore che ardisca scrivere o parlare in torrese. Ripeto: sono i torresi a non credere che la loro lenga (e non parlata) non è una corruzione locale della lingua napoletana.

Ma quanto sopra non sono io ad affermarlo. Diciamo pure che a me spetta la responsabilità (non parliamo di meriti) di aver mosso le acque ed oggi fior fiore di linguisti si stanno occupando, finalmente, del dialetto (e non parlata) torrese.

Ci sono paesi della Campania come Procida, Ischia, Pesco Sannita, Pietraroja, Calitri, Sarno, Monte Bulgheria perfino, e tanti altri che hanno avuto l’onore di avere studiosi locali del loro linguaggio ed oggi menano vanto del loro dialetto meridionale non napoletano (pur se appartenente alla grande famiglia dei dialetti cosiddetti napoletani). E coltivano questo loro dialetto scrivendo in tale forma non solo poesie ma anche opere letterarie e teatrali.

Giovanni Abete, studioso di linguistica meridionale, in una sua ricerca sulla dittongazione a Belvedere (Cosenza) scrive quanto segue.
Esemplare questa osservazione di un parlante belvederese: “Io credo che a tutti i Belvederesi piace il dialetto belvederese. Se c’è qualcuno che non gli piace, non è di Belvedere”. Si badi che come il puteolano anche il belvederese è stigmatizzato dagli abitanti delle aree vicine, ma quello che è significativo è la maniera molto più positiva con la quale i belvederesi reagiscono allo stigma.

Ma i torresi non ci credono anche perché, qualche volta (o qualcuno), non conoscendo la lingua napoletana, non è in grado di apprezzare le differenze con altri dialetti.
Ma cheste so’ tutte palle che ammosciano sultanto a uallara!

Sempre con piacere,
Salvatore Argenziano


ID: 8259  Intervento da: salvatore argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Data: mercoledì 27 febbraio 2008 Ore: 23:17

Caro Franco,
il dialetto torrese non deriva da un altro mondo, da una realtà diversa da quella napoletana. Dire se “apprettatore” è torrese oppure napoletano mi sembra voler stabilire una principio di proprietà sulle parole.
La parola apprettatore sarà arrivata in Italia (e quindi a Napoli e a Torre del Greco probabilmente nel 1600). Il dialetto torrese ha avuto la stessa evoluzione di quello napoletano e di tanti altri dialetti meridionali (puoi consultare i dizionari campani che già possiedi per verificare la sostanziale uniformità di quasi la totalità dei lemmi).

Poi ciascun dialetto incorpora termini locali particolari dovuti al proprio sviluppo economico e sociale, ai propri rapporti extraterritoriali. Ma ciò non costituisce l’essenza della propria individualità.

Il torrese è dialetto diverso dal napoletano perché non discende, cioè non deriva dal napoletano. Non è una corruzione di questa grande Lingua meridionale. Abbiamo le stesse origini ma non siamo figli e madre.
D’altra parte non sarebbero sufficienti alcune parole autoctone torresi a farci classificare la nostra parlata quale dialetto diverso dal napoletano. Ci sono delle differenze morfologiche che distinguono esattamente il torrese dal napoletano. Valga per tutte la proprietà grammaticale di distinguere il maschile dal femminile per le parole con sillaba tonica in –a (pázzo, mázzo) con un fenomeno di trasformazione metafonetica ignorato nella lingua napoletana ma anche nella lingua italiana.

Alcuni mesi fa ho pubblicato uno spruloquio su questa particolarità grammaticale riscontrata anche nel dialetto procidano. Concludevo lo spruloquio dicendo: Se così fosse, i napoletani avrebbero abbandonato l’uso di una ottava vocale cupa, un po’ cafona, guadagnandone in eleganza musicale ma certamente perdendo qualche cosa in ricchezza espressiva. Peggio pe lloro.

Ora sto preparando uno spruloquio analogo sul dialetto ischitano, desunto da una tesi di laurea del 1932 di una studiosa di filologia romanza di Tubingen.
Come vedi il dialetto torrese non è di un altro pianeta rispetto al napoletano ma ha caratteristiche proprie che lo diversificano a priori e non a posteriori dal napoletano.

Per quanto chiedi su apprettatore, termine comune ai due dialetti, ti riporto quanto segue:

Apprettare vb. tr. 'mettere alle strette, stringere, incalzare' (1689, Fasano, Rocco; de Ritis I 1845), 'molestare, stuzzicare, vessare, provocare, importunare' (metà del XVIII sec., Trinchera, D'Ambra; Andreoli 1887; Rocco 1891), apprettà 'id.' (Altamura 1968; D'Ascoli 1972), 'stringere un vestito o una scarpa che non vadano bene su misura' (Altamura 1968); apprettarese vb. rifl. 'prendersi pena, incomodo, noia' (1762, Saddumene, D'Ambra e Rocco), 'incollerirsi; insistere in una richiesta, adoprarsi con insistenza' (de Ritis I 1845; Rocco 1891), apprettarse 'id.' (Altamura 1968); 'entrare in un impegno' (Rocco 1891).
FRAS.: apprettà 'a mazzarèlla 'e San Giusèppe 'infastidire persino i santi'
(Altamura 1968).
Il der. appretto, già presente in it. nel 1656 (Fuensaldagna, Beccaria): aprieto, apprietto 'urgenza', secondo Beccaria 1968 doveva avere una certa circolazione nella lingua delle cancellerie secentesche.Cfr. anche cal. appriettu, apprettu 'molestia, noia, provocazione; intrigo, impaccio, briga', tarant. appriettë (Beccaria 1968: 36) e sardo ap(p)réttu 'strettezza;
necessità; pericolo; fretta, sollecitudine' (DEDI s.v. ap(p)rettàre).
(Quanto sopra da GIOVANNA RICCIO
ISPANISMI NEL DIALETTO NAPOLETANO)

Aggiungo qualche voce del dizionario torrese:

apprëttá: v. tr. Trattare con appretto, inamidare.
etim. Franc. “apprêter”, preparare.
apprëttá: v. tr. Molestare, stuzzicare, importunare.
etim. Spagn. “apretar”, comprimere, pressare. Probabile derivazione da un Lat. tardo “adpectorare”, premere sul petto.
apprëttàrsë: v. rifl. Preoccuparsi.
etim. Lat. tardo “adpectorare”, premere sul petto.
*F.Russo. «Troppo assai me so’ apprettato!
Jesse ‘o munno comme jesse!
Nun ne voglio cchiù sapé! »
apprëttatórë: agg. Stuzzicatore, provocatore. *Mátto apprettatóre.
etim. Spagn. “apretar”, prevaricare, opprimere.

Al piacere di leggerti,
Salvatore


ID: 8258  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.it  - Data: mercoledì 27 febbraio 2008 Ore: 21:40

'A VERA LENGA TURRESE

Nella foto la satira metaforica sulla lingua biforcuta torrese che non c'entra nulla con l'argomento propriamente detto. Pubblicata al solo scopo di strappare un sorriso.

Caro Franco,
Il lavoro analitico svolto dall'Ing. Salvatore Argenziano sulla "parlata torrese" è ammirevole. Su questo non si discute.
Le lingue rivolte ad aree geografiche molto ampie, però, derivono a gruppi da lingue antiche e specie il greco e li latino. Credo che la differenza che passi tra due paesini viciniori o confinanti si possa chiamare "parlata" perché, a parte un gruppo di termini introdotti da "ingerenze locali": marittimi, profugato a Ponza, ecc. per i torresi, le differenze sono soprattutto fonetiche per deformazioni o per le dominazioni di gruppetti etnici diversi di frequentazione dentro o fuori le mura. Parliamo di un tempo in cui, a parte i prelati ed i pochi iniziati la cultura e la storia venivano tramandate verbalmente.
Infatti Argenziano insiste molto sul suono piuttosto che sullo "storico naturale" di un idioma in vernacolo che può essere quello napoletano.
Molto, secondo me, hanno giocato nel tempo le deformazioni locali del napoletano. 10 contadini su venti dicono ancora oggi "'A torre u Prieco" al posto di " 'A torre u Grieco" solo perché così si è ascoltato nel tempo. Un camionista l'altro giorno in tipografia ha detto "Ogni morzo i papera" al posto di "Ogni morte i Papa", perchè le due cose indicano entrambi "quello che non succede spesso", quindi la mente ha pronunciato quello che ha creduto di ascoltare in passato.
La deformazione crea il falso suono fino alla trasformazione completa del termine negli anni in un passato prossimo che contava l'80% di analfabeti.
Oggi tra scuola e televisione la "fonetica locale" va scomparendo, in altre parole i dialetti vanno globalizzati.
Luigi Mari


Puoi anche Tu intervenire a questo argomento o invia un post alle e-mail private

 Ogni risposta fa saltare la discussione al primo posto nella prima pagina indice del forum. L'ultima risposta inviata, inoltre, che è la seconda in alto a questa pagina "leggi", aggiorna sempre pure data e ora della discussione (cioè il messaggio principale),
pur se vecchio.

T O R R E S I T A'

Autore unico e web-master Luigi Mari

TORRESAGGINE