Rivista Marittima - Flavio Russo - L'oro rosso di Torre - Pag. 43

                Ufficialmente il Dubois-Thainville alla fine ottenne soddisfazione,tant'è che il governo francese inviò, come pattuito,nel 1811 dei cospicui doni alla Reggenza per un valore complessivo di oltre 200.000 franchi, mentre il dey inviava a sua volta a Napoleone due magnifici cavalli con i relativi ornamenti.Quanto però agli schiavi torresi non sembra affatto che la loro sorte mutò, tant'è che gli afflitti parenti continuarono a supplicare il re per la lorolibe­razione,o almeno per il loro sostentamento:  

                          
"S.R.M.
 

    Le famiglie di sopra citati Padroni delle Felughe Coralline,detenute in Algieri,della Comune del Reale sito di Torre del Greco con vive suppliche alla M.V. espongono, qualmente dietro gli infiniti ringraziamenti alla M.V. dovuti per li benefici compartiti a quelli infelici col quotidiano sussidio, giusta l'assicurazione datagliene dal Ministro degli Affari esteri sig. Marc. del Gallo,rinnovano le loro suppliche, acciò la M.V. voglia disporre gli ordini per la liberazione de' loro mariti e figli rispettivi da quella barbara Reggenza unitamente alle loro fellughe e Coralli, frutto dei loro sudori.Di tanto alla M.V. ne suppl.no e sperano ottenere a singolar grazia..." (116).

 

    Ancora nel 1808 i pescatori torresi permangono in schiavitù, nonostante le innumerevoli suppliche:

                            "S.R.M.

 

     Sire

 

   Li naturali della Torre del Greco prostrati al sacro Trono di V.M. umilmente l'espongono, qualmente essendole nota la disgrazia de duecentoventi marinai di scelta gioventù della sudd.a Torre, che fin da due anni in dietro, mentre facevano la loro pesca de Coralli co' passaporti francesi in Algieri di Barbaria furono da Corsari barbareschi di d.a Algieri di Barbaria arrestati e fatti schiavi dopo essere stati da med.mi spogliati della loro ricca pesca de Coralli sudore della fronte di d.i Infelici. Gemono colà li sud. i disgraziati privi di libertà sotto il duro giogo della schiavitù e quello che più ci affligge che non hanno li sudd.i da quella Reggenza il necessario sostentamento,onde si danno in mille smanie e disperazioni, e Dio faccia che non disertano dalla Cattolica Religione. Languiscono qui le loro rispettive famiglie prive de loro Capi, languisce la Patria e piange per vedersi tolti barbaramente tanti amati figli. Getti dunque la V.M. un amoroso sguardo su quelli sventurati ed imponga a quella Barbara dinastia di lasciare in libertà tutti i sud.i che contro il diritto delle genti furono assassinati, tanto più che essendo noi figli di S.M.I.e R. speriamo quell'istessa grazia che hanno ricevuta li Corsi e Genovesi che sono stati dall'istesso infortunio liberati e se dovesse andare a lungo la liberazione de sud.i preghiamo umilmente la V.M. a dargli qualche sussidio di viveri, onde possono sostener la vita in quel penoso travaglio,e sicuri dell'Innata Bontà di V.M. l'averranno ut Deus..." (117).

             Le sofferenze dei disgraziati torresi, tuttavia, erano ancora lontanissime dalla conclusione, quando una nuova iattura si abbattè sulle loro teste. Le accennate ostilità tra le reggenze di Tunisi e di Algeri, dopo una parentesi di quiescenza tornarono ad acutizzarsi alcuni anni dopo. Tra le cause le mai risolte rivendicazioni economiche e, soprattutto,le insormontabili astiosità egemoniche, artatamente esasperate dagli Inglesi:senza entrare per ovvi motivi nella questione, va ricordato l'improvviso quanto vistoso incremento del conflitto sul finire del 1812. Con i primi giorni dell'anno successivo: "... a Tunisi, si iniziarono dei considerevoli preparativi, destinati al corpo d'armata stabilito a Kef e nei suoi paraggi, onde porre le truppe in grado di aprire le ostilità con le migliori probabilità di  successo. Dal canto loro,li Algerini avevano incrementato notevolmente gli organici dei contingenti di stanza nelle provincie di Costantina, concen­randovi inoltre una grande quantità di munizioni..."118).
           
Da mesi si erano moltiplicate le scaramucce e le provocazioni condotte dalla squadra algerina lungo le coste ed i porti tunisini. E' probabile che in qualche caso l'eccessiva impudenza dei rais, aizzata dalla notoria incapacità degli artiglieri locali,abbia stimolato ad accostare eccessivamente a terra i fragili battelli, con conseguenze inaspettatamente tragiche. Il dey di Algeri, supponendo che dietro quei pezzi vi fossero occidentali, minacciò, ed in parte attuò, una atroce rappresaglia su quanti schiavi cristiani avesse allora nelle sue mani, ed in particolare su quelli di origine napoletana, ovvero sui disgraziati equipaggi delle coralline catturate sette anni prima, quasi interamente composti di marinai di Torre del Greco. Eccone l'ennesima testimonianza dell'angoscia delle tante famiglie in una lettera indirizzata al rappresentante consolare:

         "Eccellenza

        

     La popolazione di Torre del Greco è ricorsa più volte a S.E. il sig Duca del Gallo, acciò si cooperasse presso Sua Maestà per il riscatto di duecento trenta individui di detta Torre, che da sette anni gemono schiavi in Algeri. Ora detta popolazione ha dato nove, e più premurose suppliche ad esso Signor Duca per il medesimo oggetto perché essendo nata una guerra tra il Bey di Tunisi, e quello di Algeri ed avendo il Bey di Tunisi ingiustamente costretti gli Europei schiavi presso di se a combattere contro gli Algerini, il Bey di Algeri ingiustamente irritato contro gli Europei schiavi presso di se aveva decretato farli tutti appiccare, e così infatti ha operato con alcuni di essi. Ma ad intercessione del console Francese ha sospeso l'esecuzione di questo barbaro decreto colla condizione, che se un altra volta accadesse, che gli schiavi di Tunisi portassero armi contro gli Algerini nella guerra che ancora dura tra i due Bey, egli avrebbe fatto con tutto il rigore eseguire la barbara ed ingiusta sentenza. E' pregato V.E. a raccomandare questo affare ad esso Sig. Duca del Gallo con tutta la sollecitudine, acciò non accada, questa carneficina e l'avrà grazia..." (119).