Specchi
rotti e lanterne magiche
Rain Man
Il mondo della follia a cinema
ed in televisione
Molti
films continuano a rappresentare i disturbi mentali come
inguaribili ed i portatori di questi come soggetti del
tutto irrecuperabili al vivere sociale.
E non si tratta di cattive produzioni!
Purtroppo anche films, molto apprezzati da pubblico e
critica, trasmettono messaggi veramente poco
rassicuranti circa la possibilità di esiti positivi del
curare e prendersi cura in psichiatria.
Un esempio particolarmente significativo a questo
proposito è Rain man (1988), film che descrive
abbastanza lucidamente un caso di schizofrenia
(autismo), ed il cui finale rinvia in modo reazionario
il paziente ad una realtà "custodialistica",
unica realtà possibile per lui.
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Rain
man
Difficoltà di comunicazione e
apprendi- mento, disturbo della percezione e dell’elaborazione
sensoriale, ecolalia, risposte apparentemente
stereotipate, cronico da vent’anni, incredibilmente
bravo nel fare calcoli, abitudini rituali molto rigide,
senza le quali "va in crisi" (l’ora di
RISCHIATUTTO o di PROCESSO POPOLARE sono tassative,
forse anche in virtù della prolungata
istituzionalizzazione): questo è Raymond o come lo
ricorda il fratello minore "l’uomo della
pioggia".
Ad osservarlo sembra che abbia solo un ritardo mentale,
ma se qualcuno tenta di abbracciarlo, mostra chiaramente
il suo rifiuto "autistico".
Il fratello, cui è stata taciuta per tanti anni l’esistenza
di Raimond, lo porta con sé in viaggio per tre giorni e
cerca di scardinare il compatto tessuto di abitudini che
protegge ed isola la sua monotona esistenza. Raymond
reagisce male, sembra che non abbia alcuna capacità di
sopportare il cambiamento e di elaborare un
comportamento adattivo.
Tra i due fratelli si stabilisce tuttavia un rapporto
molto intenso: è come se entrambi ritrovassero una
parte di sé smarrita, oltre che un legame di sangue. La
rottura della routine sembra non giovare a Raymond e il
fratello si arrende e lo riconduce nel suo mondo.
Conclusione amara, in fondo reazionaria: non c’è
speranza per i malati di mente al di fuori di un’istituzione,
ci suggerisce orribilmente il regista del film. |