La giustizia punì i reati con la carcerazione per gli uomini e il
domicilio coatto per le donne; i delitti più gravi (omicidi,
brigantaggio, ecc.) con l'impiccagione alla forca eretta stabilmente sulla
Strada Regia. Mentre in altri luoghi c'era miseria, Torre viveva in una
eccezionale prosperità.
Francesco Balzano così descrive la città dei primi decenni del Seicento:
"Godeva la nostra bella patria, la Torre del Greco, dopo tanti cangiamenti
di scena e vicende della fortuna, con gran felicità somma quiete, con
ogni paterno affetto dal suo principe governata (sic!), accresciuta di
abitanti, nobilitata da cittadini civilissimi e benestanti dei doni di
fortune con largo tenimento, e stendendo li suoi confini fino a quelli
della terra di Ottaiano avanzate le habitationi fino dove hora e l’Epitaffio
nella Strada Reale...accresciuta di popolo che si numeravano 17 mila
anime.., E così ricca, abbondante e delitiosa era si che veniva chiamata
la picciola Napoli, dove la bontà dell’aria, la squisitezza del pane a
tutti ben nota, la soavità dei vini ,la copia di odorosi pesci che il
nostro mare produce, la civiltà dei costumi. dei suoi cittadini, fra i
quali erano più dottori, così di legge come di medicina, notari ed
altri, traevano d’ogni tempo a stanziarvi e di portarvisi da Napoli ogni
sorta di gente e ostentando li suoi cittadini, con le loro ricchezze di
magnificenze, la rendevano assai cospicua fra gli altri luoghi del Regno
(1).
Ma l’eruzione vesuviana del dicembre 1631 colpì gravemente la città, e
la zona con muggiti e scosse sismiche, piogge di cenere e lapilli, lave di
fango che, precipitate dal monte, arrivarono fino al mare, sconvolgendo e
alterando l’aspetto de1 territorio: rimasero devastati i campi con 1a
morte di 6 mila capi di bestiame, distrutte molte case, morirono circa 4
mila cittadini.
In poche ore le famiglie più facoltose rimasero mendiche e dovettero
rifugiarsi altrove. Quietato il monte si andarono ritirando alla rovinata
patria i fuggiti cittadini, attirati dall'amore di quella assai pochi,
estinti gli altri dalle fiamme o fermati a dimorare in Napoli e altri
luoghi. Questi, applicatisi a risarcire e a nettare dalle ceneri le loro habitationi
e diruti poderi, aumentarono di numero fino all’anno 1647, nel
quale, con la rivolta popolare di Masaniello in Napoli, subirono ancora
morti e perdite di beni.
1) F. Balzano: op. cit. pag. 56-58.
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Ma risorgendo sempre, nel giro di pochi anni, se non all’antico stato,
la città, ritornò ad uno mediocre. accresciuta di più di 3 mila
abitanti, godeva sicura quiete null’altra terra invidiando, finché la
peste del 1656, che spopolò Napoli e il Viceregno tutto, la privò di
1500 abitanti. Nel 1688 contava 4 mila abitanti, godendo ogni più
tranquilla quiete, erano in essa molte persone civili, e benestanti, gente
abile in tutto in ami o in lettere, numeroso clero esemplare e dotto, cittadini
illustri (2).
In una loro memoria gli avvocati Giuseppe Valle, Geronimo Villano e Marzio
Cirillo fanno la seguente descrizione dello stato e del governo della
città e sua comarca nell’anno 1699: "Li cittadini et habitandi
della Torre del Greco, Resina, Portici e Cremano, amenissimi casali di
questa inclita città di Napoli, hanno continuamente per il passato goduta
una quiete mai più udita. Poiché se bene sono stati poco tempo regii,
tuttavolta hanno avuta la fortuna di stare bene spesso sotto il soave
(sic) dominio dei Signori spagnuoli che non l’hanno fatto assaggiare
quelle durezze che provano taluni vassalli d’altri baroni.
L’amenità poi del paese tutto, la salubrità, dell’aere, la
perfezione anzi squisitezza del pane, dei vini e l’abbondanza d’altri
viveri hanno convitato, anzi tirato a loro talmente la gente, che oggi non
v'è in Napoli persona veruna che non ci vada a diporto (il Villani e il
Cirillo erano di quelli che si erano fissati in Torre, dove avevano poderi
e case palazzine e parlavano con cognizione di causa), non vi è infermo
che ivi non vada a ristorarsi e molti vi posseggono ville e delli belli
casini e sono così spessi che non paiono più casali ma borghi di Napoli,
per la continuazione delle fabbriche e per la vicinanza della Città.
Vengono governati questi casali da dodici loro scelti cittadini con titolo
di Eletti ogni anno in pubblico parlamento dei distinti quartieri
ordinatamente si creano, cioè cinque nella Torre, quattro per Resina e
tre a Portici e Cremano... Le imposizioni fruttano ogni anno circa 6000
ducati dalli quali, dedottine 2000 che le Università, tengono di debito e
altre 2000 che pagano al predicatore, al medico, al maestro di scuola,
orologio e per altre spese simili, pure restano altri ducati 2000 che ai
spendono a fabbriche di chiese e feste in onore dei santi". (3).
2) F. Balzano op. cit. pag. 62-65)
3) V. Di Donna: l'Università della Torre del Greco nel secolo XVIII, pag.
333-334.
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