  
         
                Resti
        dell'antica Chiesa dell'Assunta  
            dove Vincenzo Romano fu Padre spirituale 
        Nel 1672 tornarono poi a Torre del Greco anche i frati
        carmelitani della Congregazione di Santa Maria della Vita, sotto la cui
        giurisdizione passo il convento che, precedentemente, era sottoposto a
        quella del Carmine Maggiore di Napoli”. Accanto a una piccola chiesa
        dedicata a San Gennaro per voto fatto dalla città di Napoli per lo
        scampato pericolo del- 1’eruzione del 1631, fu edificato un monastero
        in cui si stabilirono alcuni padri carmelitani scalzi che provvidero,
        grazie al concorso economico pubblico e privato, ad erigere al santo una
        « nuova chiesa e di bellissimo disegno ».  
        Essa venne inaugurata con particolare solennità il 22 settembre 1686.
        Il monastero conteneva 28 religiosi tra i quali molti studenti di
        teologia che disponevano per i loro studi di una ricca biblioteca;
        c’erano pure bei giardini e terreni coltivati a vigneti. Nel 1751 il
        tempio sacro fu completato e la rozza facciata fu ornata con elegante
        opera; fu inoltre reso praticabile 1’ingresso antistante coprendolo
        con pietre tagliate. 
         Il convento dei frati minori osservanti, detti zoccolanti, fu
        fondato nella seconda meta del Cinquecento da fra Damiano d’Ascione da
        Torre del Greco (f-1616), più volte ministro provinciale del suo ordine
        per la sua dottrina e integritk”. La chiesa, annessa al convento, era
        dedicata a Santa Maria delle Grazie ed era officiata da dodici frati con
        molta osservanza. Nel 17411’Università di Torre del Greco dono ai
        frati il terreno arbustato e vitato circostante il convento,
        riservandosi pero il diritto di servirsene come pubblico passeggio pei
        cittadini ”. Nel 1794, la catastrofica eruzione che spiano Torre
        del Greco, seppellendo la parrocchia di Santa Croce, non risparmio la
        chiesa dei frati: la lava infiltratasi in essa ne sollevo il piano del
        pavimento, ma non tocco 1’immagine della Vergine, risparmiata per
        miracolo. Giunta la notizia presso la corte di Napoli, la regina Maria
        Carolina d’Austria venne a Torre del Greco per constatare de visu
        il miracoloso evento ".  
        Su di un colle sito a sud-est di Torre del Greco esisteva fin dal
        Cinquecento una cappella con il campanile ed alcune camere in cui
        dimoravano, pro tempore, uno o due eremiti col consenso dell’arcivescovo
        e con l’impegno che ogni anno, nel- la festa dell’apparizione di san
        Michele Arcangelo (8 maggio), si desse possibilità a tutti i pellegrini
        intervenuti di procurarsi nello stesso luogo vitto e bevande fino alla
        chiusura della festa all’ottavo giorno. Verso la fine del secolo, i
        camaldolesi rivolsero istanza al cardinal Gesualdo (1596-1603), il quale
        concesse loro la cappella con il territorio circostante.  
        Essi allora provvidero ad ampliarla ed edificarono 1’annesso monastero
        nel 1602, dove si stabilirono ben diciotto monaci. Durante l’eruzione
        del 1631 il monastero non su- bi danni e neppure in quella del 1794. Nel
        1803 la comunità dei camaldolesi era composta di dodici religiosi. Due
        di essi, padre Emiliano Verderosa, più volte direttore e maestro dei
        novizi, e fra Benedetto Rosso, laico professo, parteciparono al processo
        di beatificazione di Vincenzo Romano.  
        Sul suolo della Mensa arcivescovile, i cappuccini iniziarono ad
        edificare nel 1568 la chiesa e il convento della Santissima Annunziata,
        completandoli alla fine del secolo. Sorta una questione giuridica circa
        il loro possesso – avevano costruito senza assenso della Mensa
        arcivescovile – i frati presentarono un memoriale al cardinal
        Gesualdo, il quale decise di appianare la questione: il 16 maggio 1600
        il papa Clemente VIII emise la bolla sanatoria, approvando la fondazione
        del nuovo convento, ma mettendolo sotto la giurisdizione dell’Ordinario
        diocesano. 
        
         
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         Questo convento vanta
        di aver avuto fra le sue mura due ospiti d’eccezione: san Lorenzo da
        Brindisi (1559-1619) dal 3 al 10 ottobre 1618, e il beato Geremia da
        Valacchia (1556-1625) che fu a Torre del Greco verso la fine del
        febbraio 1625, pochi giorni prima di morire ". Durante le eruzioni
        del 1631 e del 1794 il convento non subì danni di rilievo. Nella santa
        visita del cardinal Spinelli del 1742 risulta « composto di religiosi
        26 dei quali sono sacerdoti 25 e fra essi un confessore, vi sono due
        chierici, laici 6 e 3 terziari, vivono di limosine».  
        I cappuccini furono i primi a rientrare a Torre del Greco dopo la
        soppressione del 1809; il 21 dicembre 1831 intervennero alle solenni
        esequie di don Vincenzo Romano, unica comunità religiosa presente ai
        funerali. Il monastero della Santissima Concezione deve la sua
        origine a padre Giovanni Antonio Jorio delle apostoliche missioni, il
        quale trovandosi a Torre per una missione e avendo saputo che il parroco
        don Nicola Andrea Balzano (1628-1656) prima di morire « aveva fatto un
        legato da impiegarsi per 1’opera delle Vergini, che volevano in
        qualche ritiro consacrarsi a Dio», si affretto ad iniziarla. Ottenuto
        il permesso dei «Capi del paese, gli riuscì di trovar modo di
        radunarle in un luogo della stessa Torre, dove sotto 1’indirizzo della
        serva di Dio suor Francesca Malafronte avessero menata vita lontana
        dalle pompe del secolo». 
            
               Torre
        distrutta dall'eruzione del 1794  
         
        Dopo la morte di padre Jorio, l’opera monastica, posta sotto la Regola
        di santa Teresa, venne affidata dal cardinal Innico Caracciolo alla
        direzione di suor Serafina da Capri (1621-1699). Essa, gia esperta fon-
        datrice di monasteri, vinte le resistenze dell’Università che
        intendeva farne un Conservatorio per le giovani divenute orfane a causa
        della peste del 1656, fece ristrutturare altre abitazioni intorno alla
        chiesa, rendendole idonee ad accogliere alcune novizie ed altre gia
        monache teresiane di Napoli che nel 1685 vi presero dimora. La chiesa
        prese il nome della Santissima Concezione e il monastero fu posto sotto
        la giurisdizione dell’Ordinario diocesano. Non contenta, madre
        Serafina, prima di chiudere gli occhi (f1699), desidero, per 1’accresciuto
        numero delle monache, far costruire un vero monastero, in forma quadrata
        con chiostro in mezzo.  
        Così il 3 giugno 1706 le monache poterono trasferirsi al nuovo
        monastero nel braccio gia completato, formato di 26 celle e che, a
        lavori ultimati, poteva contenere almeno 50 persone. Nel 1778 Vincenzo
        Romano « fu fatto cappellano del Monastero di Santa Teresa » fino a
        quando questo, distrutto « per 1’eruzione del 1794, fu traslato in
        Napoli».  
        Il monastero era « specchio dell’osservanza religiosa, fornito anche
        di donzelle le più civili ed onorate della Città e della Torre stessa,
        in cui e fondato».  
        L’altro monastero femminile, intitolato alla Santissima Trinità, ebbe
        origine dall’annessa chiesa, che le monache della Santissima
        Concezione avevano ceduta all’Università per 200 ducati al principio
        del secolo XVIII. L’Università accetto di pagare una somma di 50
        ducati all’anno perché
        si potesse fittare la casa
        adiacente, di proprietà della famiglia Brancaccio. Cosi inizio 1’opera
        nel 1705; ma durò poco, perché l’Università non mantenne la promessa
        di pagare 1’alloggio e le monache furono sloggiate nell’antico
        palazzo baronale (molte preferirono tornare a casa o essere trasferite
        nei conservatori di Napoli). Il castello baronale non fu trovato idoneo
        e si preferì ritornare all’antica sede con nuovo assenso dell’Università
        che ripromise i 50 ducati per il fitto, a condizione che vi sarebbero
        state accolte ragazze originarie di Torre e che all’amministrazione
        dell’istituto fossero delegati tre o quattro governatori deputati dall’Università
        stessa. 
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