Ver adest: laeti rediere campis
flosculi, argutae volucresque caelo,
sparsa securi zephyrique mulcent
    aequora velis.

Numina ah vivunt veterum! Canentis
audio Panos calamos per auras,
candida innuptas video legentes
    lilia nymphas.

Nonne me vatem, tenuis, camenae
spiritus replet Latiae? - Bicornis
e cava tollit Satyrus sonorum
    ilice risum.

Dira iubemur, Marce, canicula
urbe aestuosa cedere, frigus et
  captare frondosis in umbris
    undisonive maris per oras.

Litus iocosum te iuvenem manet,
risus procaces atque sodalium,
  et more velatae puellae
    Nereidum et faciles amores.

Divina ruris, qui decimum modo
lustrum peregi, cara mihi quies,
  oblivio vitae Lyaeus,
    et tua dulcia mella, Flacce.

Viene la primavera: lieti ai campi
tornano i fiori, e in cielo ilari uccelli,
e dolci brezze accarezzano il mare
sparso di vele.

Ah, vivono gli antichi dči! Nell'aria
la siringa di Pan odo suonare,
e vedo vergini ninfe che colgono
candidi gigli.

Non vive forse in me poeta il tenue
soffio della latina musa? Un satiro
bicorne ride da una cava elce
sonoramente.

La feroce canicola ci obbliga
Marco, a lasciare la cittą infocata,
cercando il fresco nell'ombra degli alberi
o lungo le marine risonanti.

Ti attende, o giovane, la gaia spiaggia,
e le risa sfrontate dei compagni,
le ragazze abbigliate alla maniera
delle Nereidi ed i facili amori.

Io che il decimo lustro ho gią compiuto,
amo invece la divina quiete
della campagna, e il vino oblio di vita,
ed il tuo miele dolcissimo, Orazio.