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  NACQUE A TORRE DEL GRECO
L’UMARL
             
PRIMO SINDACATO AUTONOMO DI CATEGORIA  
                                   
     a cura di Antonio Raiola

Il lavoro marittimo è un lavoro atipico, itinerante, per cui le persone che scelgono tale attività sanno in partenza che saranno sempre lontani dal proprio paese, dalle proprie famiglie e soprattutto dai centri decisionali. Tutti prendono decisioni per conto di questi lavoratori, anche le più
importanti, senza neanche consultarli e loro (i lavoratori marittimi) devono fidarsi ciecamente ed ”obbedire tacendo”. Praticamente il lavoratore marittimo deve dare deleghe in bianco a tutti; fin tanto si tratta di argomenti familiari passi pure, i problemi nascono quando si tratta di delegare ad altre persone la programmazione del suo lavoro e del suo futuro. In una parola: la sua vita.


                Da sinistra: Mons. Michele Capano, Filiberto Sorrentino 
      nel giorno dell'inaugurazione della sede dell'UMAR di Via Maresca


Purtroppo lo Stato italiano ha sempre considerato questa parte attiva della sua popolazione come sudditi e non come cittadini. Basta dare un’occhiata a tutto quanto è stato deciso in passato sulla pelle di questi uomini per rendersene conto. Non sto qui a fare un elenco dettagliato delle decisioni prese senza neanche comprenderne il significato, e soprattutto senza interpellarne qualcuno.
Certo, tra lo Stato, il datore di lavoro e il lavoratore vi è un’interfaccia ovvero il sindacato, il quale dovrebbe analizzare queste decisioni, proiettarne il contenuto nel futuro, interpellare la base (o almeno parte di essa) ed infine accettarle o respingerle qualora osti1i ai suoi iscritti.
Tutto questo non viene neanche preso in considerazione, con la scusa della frammentarietà degli iscritti, trattandosi di lavoratori sparsi in tutti i mari del mondo e di conseguenza, il sindacato si sente autorizzato a fare di testa propria. Possiamo a questo punto scrivere, senza tema di essere smentiti, che questi uomini (e i marittimi sono uomini come tutti gli altri) hanno pagato sulla propria pelle, dal dopo guerra ad oggi, tutte le negatività del mondo del lavoro.
 Questo stato di cose non poteva durare all’infinito; fortunatamente non tutti avevano portato i loro cervelli all’ammasso e così un bel giorno, siamo alla metà degli anni cinquanta, questi lavoratori, vistisi traditi da tutti coloro che avrebbero dovuto invece tutelarne gli interessi, si sono ribellati e con lo scopo di autotutelarsi dettero inizio al sindacalismo autonomo.