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Mille cose avanzano, novecentonovantanove regrediscono, questo e il progresso.
«Frammenti di un diario intimo»
Henri Frederic Amiel

CAP. IX
I VEICOLI DI STAMPA MINORI

La tecnica c’e sempre stata, solo i più non hanno studiato abbastanza per saperlo.
«Problemi della lirica» Gohfried Benn

LA STAMPA FLESSOGRAFICA
La parola flessografia deriva dalla flessione del clichè rilievografico adoperato per questo particolare sistema di stampa. Abbiamo già visto, nelle pagine precedenti, come viene ottenuta una copia della composizione tipografica. Il clichè flessografico, dunque, viene montato su di un cilindro matrice curvo. La qualità della stampa flessografica non è delle migliori, anzi è decisamente scadente. Ciò dipende dalla mancanza di durezza, quindi di stabilita della gomma stessa. Un leggero miglioramento si è

avuto con l’utilizzo delle matrici flessibili fotopolimeriche, ma i risultati non sono mai paragonabili alla stampa tipografica od offset. In flessografia vengono stampati: le carte da imballo, i sacchetti di materia plastica, le carte per rivestimenti e via discorrendo. Lavori, insomma, che non richiedono particolare finezza di stampa. Il clichè di gomma, comunque, viene rettificato al massimo perché venga eliminato il benché minimo dislivello causato dalla cottura, che apparirebbe sul prodotto stampato come una zona schiacciata, cioè con gli elementi grafici deformati e dai contorni sdoppiati, rispetto alle altre più nitide e regolari. Gli inchiostri flessografici sono liquidi, come quelli rotocalco; sono anch’essi molto volatili e consentono una essiccazione rapidissima per l’evaporazione immediata dei solventi.
LE MACCHINE FLESSOGRAFICHE
Queste macchine sono anch’esse a pressione cilindrica diretta, come il rotocalco, ma il principio è simile alle rotative stereotipiche. Le macchine flessografiche sono di semplice struttura.
Elementare e anche il trascinamento della bobina,