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MA GUTENBERG FU
Ora soffermiamoci un tantino sulla nascita della stampa a caratteri mobili. JOHAN GENSFLEISH GUTENBERG, nato nel 1394?, sperimentò il sistema per moltiplicare gli scritti in un tempo di gran lunga inferiore a quello impiegato dagli amanuensi. Come ho gia accennato, sebbene i caratteri di piombo fossero più simmetrici e regolari tra loro, quindi più gradevoli e facili da leggere rispetto alla scrittura manuale, lo stesso Gutenberg definiva i suoi libri «scripture artificialiter». Come informano diverse attendibili fonti, senza voler togliere nulla ai tedeschi, l’orefice non fu l’inventore della stampa in assoluto, ma essenzialmente il più accanito e costante sperimentatore dei caratteri mobili e del torchio da stampa ricavato, sembra, da un torchio da vino. Sarà per invidia, sarà perché al mondo e difficile che qualcuno si faccia i cavoli propri, alcuni pedanti e zelantoni affermano che il teutonico (uso questo termine nell’accezione di: preciso e tenace, non in senso dispregiativo) si avvalse di esperienze analoghe già praticate in tutto il mondo e in ogni tempo. In quel periodo sembra abbiano tentato

esperimenti equivalenti: PANFILO CASTALDI di Feltre, il fiorentino BERNARO CENNINI, il tedesco LAURENT COSTER e via dicendo. Con molta probabilità era già esistente lo spionaggio industriale, attività difficile e perigliosa, perché le delazioni, come per i ladri in Oriente, venivano castigate con l’amputazione di un arto. E... ora sto sbellicandomi dalle risate all’idea che tali estreme sanzioni fossero comminate oggi in Campania e anche altrove... sai quanti moncherini si vedrebbero in giro...
La stampa a caratteri mobili in pieno Rinascimento fu subito conosciuta in tutto il mondo occidentale, ma ricevette, all’inizio, solo parziali consensi. E’ strano constatare che una tipografia cinque- seicentesca, anche la più importante, non avesse altra attrezzatura che una esigua scorta di caratteri, un modesto torchio da vino modificato, dei compositori più o meno incerti e dei robusti torcolieri. Ed io, tapino e modesto bottegaio, nell’ottica del capitalismo, con il ginepraio di arnesi usati e la varietà di risoluzioni tecniche adoperate o inventate, cosa potevo rappresentare allora?