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Tuttavia, malgrado lo squallore e le lordure volute anche dalla contaminazione capitalistica, in questi siti si può ancora attingere calore umano e soprattutto solidarietà, credo, purtroppo, ancora per poco tempo. I rioni del Centro storico di Napoli somigliano alle piccole polis del vecchio mondo, autocrate e solidali. Comunità un po’ fuori dalla storia, là dove certe forme comportamentali di solidarietà restano istintuali, caratteriali, un sociale allo stato brado, mai culturalizzato in pieno. La famigerata arte dell’arrangiarsi scaturisce da un metodo autarchico di gestire la propria pelle, sia pure in maniera eslege, nella inconsapevolezza ovvia e cronicizzata di un popolo, come dire, storicizzato a metà. Un piccolo stato nello stato. Il popolo napoletano, quello originario dei bassi fatiscenti, è uno di quelli che ancora disdegna 1’operato di Garibaldi. Una comunità legata alla strada, alla splendida costa, incapace di rinunciare all’elio e talassoterapia buona parte dell’anno, ed ancor meno al culto gastroenterico, alle vecchie strutture spagnole fitte di bassi e case giardino, portoni, portelle, balaustrate ed ampi davanzali sempre

ingombri di opulenze femminili. Gente, malgrado le apparenze, emotiva, scrupolosa e tradizionalista, che si nutre di passato, di retorica, di suggestioni mistiche. La razza che, pur pressata a rinunciare alla fede, non disdegna i tabernacoli e confonde il rituale religioso con quello pagano in fusione totale alla superstizione. E una volta che non riesce a rimuovere le parossistiche crisi esistenziali preferisce ancora 1’Apocalisse alla catastrofe atomica. Ma ecco che il progresso, lentamente come un tarlo, continua a strappare questo popolo dal suo habitat. La strada da palcoscenico diviene giungla urbana. L’equilibrio incomincia ad incrinarsi; l’artigianato secolare soccombe. Gradualmente scompare il lavoro a misura d’uomo, il rapporto di gomito, l’afflato del mercanteggiare. La Serao ci ricorda nella sua dilogia i tipografi sottopagati della sua epoca; ma forse beneficiavano di condizioni psichiche migliori rispetto a quelle dei giovani tipografi mancati di oggi per ragioni che è superfluo reiterare; poveri figli di mamma finiti inevitabilmente nella rete della malavita o incappati nella ruota della tossicodipendenza.