I
GIOIELLI BEDUINI
Le ricerche petrolifere in Arabia Saudita hanno
portato alla luce graffiti rupestri, databili al V millennio a.C.,
raffiguranti immagini umane adorne di bracciali, cavigliere, orecchini,
pendenti con tratti sorprendentemente affini agli odierni ornamenti
delle comunità beduine. L’arida penisola arabica fu popolata per
secoli da popolazioni di pastori nomadi la cui precaria economia
imponeva d’investire le limitate ricchezze in gioielli d’argento
acquistati nei suq, luoghi d’incontro tra la società nomade e
quella sedentaria. I loro gioielli sono massicci e spettacolari.
Realizzati in argento e impreziositi da ambre, coralli e corniole, sono
caratterizzati da pendenti, monete e intrecci di maglie a catena.
Bracciali e cavigliere sono solidi e voluminosi, le loro superfici sono
incise con segni calligrafici e arricchite da pietre semipreziose.
Anelli, orecchini e ornamenti d’acconciatura hanno anch’essi
decorazioni in argento, inciso a motivi astratti o ispirati a scritture
coraniche. Le donne beduine ricevono i gioielli come dote di nozze che
il futuro marito paga al padre della sposa. Alla morte della donna tutti
i suoi monili sono venduti o fusi, al contrario delle comunità
stanziali, sia rurali sia urbane, che conservano gli ornamenti per
generazioni. Tra i beduini, infatti, e considerato sconveniente per la
futura sposa ricevere gioielli appartenuti ad un’altra donna.
Raramente gli orafi fanno parte di comunità nomadi beduine. Solitamente
sono artigiani che seguono il gruppo per soddisfare richieste
specifiche, realizzando le diverse tipologie d’ornamento con leghe di
metalli meno pregiati per permetterne I’acquisto a un maggior numero
di clienti. Oggi
i gruppi beduini vanno progressivamente abbandonando la vita nomade. Le
tradizioni ornamentali seguono lo stesso declino. La sopravvivenza di
queste espressioni artistiche dipenderà dalla capacita della cultura
beduina di mantenere viva I’identità etnica.
I motivi
decorativi dei gioielli yemeniti definiscono lo stile e la provenienza
della manifattura. La granulazione fu la tecnica favorita dalla scuola
ebraica per tutta la prima meta del 1900. I pezzi più raffinati
mostrano agglomerati di minute e regolari sfere. Per realizzare i
minuscoli granuli, che debbono essere poi applicati alla superficie e
mantenerne la sfericità a rilievo, occorre una corretta temperatura di
fusione del metallo ed un laborioso processo tecnico. Gli artigiani
usano anche un insieme di piccole forme geometriche (losanghe, fiori,
cerchi) saldate sulla lamina precedente- mente forgiata o, in altri
casi, combinate in decorazioni di filigrana e arricchite da
granulazione. In questa foggia sono guarnite sia le perle in argento
montate in lunghe e pesanti collane dugag, sia gli amuleti, i pendenti e i bracciali, nonché gli elementi in
argento che formano le collane lazem e labbeh. L’argento utilizzato dall’oreficeria yemenita e
importato oggi in barre dalla Cina, ma per secoli fu utilizzato il
metallo recuperato da vecchi ornamenti e dai talleri di Maria Teresa d’Austria.
Su una faccia della moneta, del diametro di cm. 4 e del peso di 28
grammi, e impressa I’effigie dell’Imperatrice. Sul retro e coniata
I’aquila bicipite austro-ungarica, che ha suggerito il nome arabo
della moneta: abu ris- he,
”con le piume”. I talleri furono coniati per la prima volta nel
1751, quando I’incremento dei traffici internazionali fece crescere la
do- manda di valuta ad elevato titolo d’argento (I’84o/o). Napoleone
li introdusse in Medio Oriente nel 1798 durante la campagna d’Egitto.
La moneta rimase popolare nei secoli seguenti soprattutto tra i mercanti
nel Medio Oriente e nel Corno d’Africa e nell’Impero Ottomano che la
reintrodusse in Yemen e Oman, dove
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Abito
femminile delle comunità beduine con Burgoo, velo copriviso; fascia
frontale decorata con un tallero di Maria Teresa d'Austria; collana in
argento e corallo ed agata, manifattura
yemenita beduina del XX secolo

Cintura
in pelle, argento doratp e corallo, manifattura yemenita del XX secolo

Ornamento per copricapo
delle comunità beduine in argento, corallo e agata, manifattura
yemenita del XX secolo
continuo
ad avere corso legale fino a epoca recente. La data del 1780, anno della
morte dell’imperatrice, venne stampigliata su tutti i
coni, impedendo cosi I’esatta identificazione degli esemplari più
antichi. La popolazione yemenita li conserva oggi sia come fonte di
investimento economico sia come elementi decorativi di numerosi
ornamenti insieme ad altre monete d’argento, come le rupie indiane.
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