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L’Antica osteria Palatone

di Peppe D’Urzo

"Palatone". Venerando e codificato soprannome (forma tipica e nostrana un po’ ingrandita del pane) è legato alla figura di Crescenzo Di Donna (sposato con Agnese Battaglia, di origine siciliana, oste anche lei) che l’ha tramandato per antica e nobile tradizione ai suoi cari (altri "Palatone" sono vinai e affini) fino ad oggi.
Noto "restaurateur" alla fine del secolo scorso, era titolare di una cantina al 1° Vico Abolitomonte (attuale Orpello abbigliamento) e poi si trasferì nella zona mare, ove si era soliti costruire l’altare di fabbrica. Il figlio adottivo Salvatore Frangiosa (nato a Ponticelli nel 1898 e morto a Torre del Greco nel 1977) aprì una trattoria in Vico Orlando; nel 1938 "trovò" il locale in 3° Vico Orto Contessa al n. 14 (ne era proprietario Giovanni Ascione) divenuto famoso, che al presente conserva, immutato nel tempo la scritta "Osteria Palatone" (gestita dalla figlia Rita).
Il buon Salvatore era coniugato con Margherita Di Rosa (1898-1987) e dalla loro unione nacquero 12 figli (7 maschi e 5 femmine). Combattente della Grande Guerra (1915/18) era detto "’Tore ’a signora" perché gli piaceva vestire con signorilità. Vero gentiluomo, di statura alta e dal bel aspetto, era solito ricevere il desinare sul posto di lavoro. Era un abile ed esperto carpentiere in legno, ha lavorato in vari cantieri navali torresi. Per motivi di lavoro nel 1949 si recò in aereo insieme ad altri torresi in America del sud (Venezuela). Un viaggio che all’epoca era gia considerato lunghissimo ed estenuante. Purtroppo l’aereo, nei pressi delle coste dell’Irlanda del Nord, probabilmente per mancanza di carburante o per qualche guasto improvviso, precipitò in mare aperto. Salvatore vi fu recuperato unitamente agli altri passeggeri. Perirono 61 persone tra cui un carpentiere di Torre del Greco, un certo "Tore Mantiello". Era la vigilia della Madonna dell’Assunta (cui era devoto, e la devozione continuò per sempre...).
Dopo il rimpatrio a casa, tornò in Venezuela, stavolta con la nave. Vi rimase circa due anni, poi rivide la sua Torre per esigenze di copione. In questa piccola ed accogliente cantina (che durante la II Guerra Mondiale aveva un sotterraneo che fungeva da ricovero, in cui rimasero nascosti molti torresi, salvandosi dai rastrellamenti dei soldati tedeschi) sono passati tanti personaggi: dai gerarchi locali a Salvatore Accardo (violinista), Pino Porpora Longobardi, Aniello Eco, ad  attori come Antonio Casagrande, grande estimatore (ed amicone) dell’arte culinaria "palatoniana" e Leopoldo,

       
        

Nino Mastelloni, a varie compagnie teatrali, fra cui quella del compianto Gennaro Vitiello. Frequentata da comitive di amici (doc) e studenti (l’indimenticabile Elio Polimeno, Vittorio Pappalardo, Pierino Vitiello, A. Fedele detto "Toto", A. D’Orlando, Vincenzo Oliviero detto "'A catramella", U. Schaeper), simpaticoni ed acculturati frequentatori che allietavano con vivo compiacimento da parte di Salvatore, fra un bicchiere e l’altro, le serate che si prolungavano in sconfinate e poetiche nottate.
Si narra, inoltre, che fra i tavoli di questa "locanda" fu lanciata la napoletanissima canzone "Tatonno ’e quagliarelle".
La Rai 3, negli anni ’70, volle effettuare delle riprese allo storico locale, immortalandone le immagini...
Oggidì "Palatone", popolare e stimata "eating-house", è sempre sinonimo di buongusto e genuinità; piatti classici: la salsa col ragù, "’u maccarone allardato", la zuppa di fagioli, la "soffritta", il pesce di giornata, la "raia", lo stoccafisso e il baccalà, la "pescatrice"; il tutto innaffiato da un ottimo vino che ha sempre soddisfatto qualsiasi palato.
La conduzione è a carattere familiare (Rita e Franchino, ovvero cuoca e cameriere), la si può definire di "family style".
"Palatone" è delizia del palato, è "manger bien", è il dolce gusto dei cibi di una volta, cucinati dalle nostre nonne e mamme che di buona lena si cimentavano ai classici fornelli per dedicarsi, a mo' di sacro rito, alla preparazione di pietanze che ci rendevano felici (perlomeno a tavola) e ci sollevavano dalle preoccupazioni e tristezze della vita.