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Ciro 'u trammiere

di PEPPE D'URZO

 

Nacque ad Ercolano il 3 marzo 1927 da Giuseppe Balsamo ed Anna Esposito (detta "Nannina 'a trammera"), Ciro si trasferisce a Torre ad appena tre giorni di vita. Lo si può considerare di piazza Luigi Palomba, nei pressi della Regia Scuola del Corallo (attuale Istituto d'Arte). Sin da ragazzo lavora come muratore. Appena sedicenne, durante i rastrellamenti dei soldati tedeschi in città, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, si recò a prendere la sorella presso la salumeria di "Palummiello" al corso Vittorio Emanuele (attuale "Norcineria"). Arrivato "'ncopp 'a uardia" fu preso dai militari, nostri ex camerati. Una signora torrese, che sapeva parlare tedesco, riferì ai "prigionieri" di stare tranquilli, i Tedeschi li avrebbero portati a scavare delle fosse dalle parti dell'autostrada. Le ultime parole famose... Con camion furono condotti a Maddaloni in una caserma, al centro del piazzale vi era una grande vasca. I Tedeschi li tenevano a bada, montando la guardia dentro e fuori il perimetro della caserma. Non si mangiava, se qualche prigioniero si avvicinava ai tavoli o agli scaffali ove si trovava un po' di cibo, veniva mitragliato da parte dei guardiani e ed aguzzini.
Nell'ufficio arrivò un ufficiale italiano, in precedenza malmenato e con la faccia insanguinata, che fu "buttato " in mezzo a quei poveri diavoli. Dopo essersi ripreso, riferì loro di escogitare qualche piano di fuga per non finire nei campi di prigionia e morire nei forni crematori in Germania. Disse il tutto con parole forti e decise. Accadde che l'ufficiale italiano, venuto in possesso di una pistola, uccise un "guardiano" tedesco che controllava una zona della caserma. Saltando un muretto, arrivò al muro di cinta da cui si buttò all'esterno e scappò.
Ciro Balsamo fu il secondo o il terzo a saltare (altri lo seguirono) e a darsi alla fuga per le campagne. Accortisi dell'accaduto, i soldati germanici presero a sparare sui fuggitivi. Accanto a Ciro cadde, colpito, un fuggitivo che gli correva a franco. I colpi gli passavano sopra la testa: corri corri e inciampò in una rete per la raccolta delle mele. Momenti di panico ed apprensioni, ma poi di nuovo a correre col solo pensiero di far ritorno a casa. Pian piano arrivò a Napoli, zona Capodichino, ed anche qui v'erano i Tedeschi. Giunse dalle parti di Gianturco fra rovine e distruzioni, era di pomeriggio. Qui una persona incontrata per strada gli regalò due lire per il biglietto del tram.
Arrivato a Portici (zona "Reccia"), i suoi occhi furono colpiti dalla straziante visione di un carabiniere a terra senza la testa. Un porticese, vedendo Ciro in quelle condizioni lo fece mangiare, offrendogli un invitante piatto di pasta e fagioli che, un po' per la gioia intrisa alla paura, non riuscivano ad andargli giù nello stomaco. Infine giunse alla sospirata meta, la casa, da cui per un po' di tempo vi era mancato. Era riuscito a darsi la fuga e a salvarsi, purtroppo qualche suo amico preso, prigioniero ed inviato in Germania, non ne fece più ritorno. Fortunato chi poté riabbracciare i propri cari.
I suoi ricordi vanno anche ad altri avvenimenti: Gli allarmi aerei con le micidiali incursioni con bombe sganciate un po' dovunque sulla nostra città; la batteria antiaerea italiana, occupata poi dai Tedeschi ubicata nei pressi dell'ex macello comunale e del ristorante "Chiarina a mare", nella zona della "Scala" ai confini con Ercolano (attuale albergo-ristorante "Punta Quattro Venti"),  il ricovero antiaereo in un vicolo di corso Umberto I, ove la gente del posto vi trovava rifugio; ricorda inoltre gli Alleati che provenienti da Torre Annunziata  transitarono  per il corso Umberto I,  e quando riuscì a "sfilare" un paio di anfibi (scarponcini), appesi ad un autoblinda a "stelle e strisce".
Lavorò con gli Americani nel porto di Napoli e a San Giorgio a Cremano, località Croce del Lagno

 

Le foto mostrano Ciro Balsamo, detto "Ciro 'u trammiere", e la moglie rosa Lombardo

(attuale caserma Scuola Trasmissioni dell'Esercito). Milite esente, tranviere (come il padre), operaio di prima all'interno dei depositi. Uomo di vecchio stampo e dall'ultima parola. Severo e comprensivo coi figli ai quali non ha mai fatto mancare nulla. Appassionato di caccia (in una battuta si infortunò ad un dito a causa di un ordigno bellico) e di partitelle a carte con amici. Coniugato con Rosa Lombardo, nata a Torre del Greco il 17 ottobre 1933 che a nove anni fu colpita da una grave malattia e fu miracolata dalla visione della Madonna di Pompei. Il matrimonio avvenne il 16 ottobre 1950 e nacquero nove figli (di cui due deceduti): Giuseppe (1953), Raffaele (1955), Antonio (1959), Pasquale (1966) e Massimo (1971), tutti sposati; Anna (1951) e Rosa (1957), vedova Mennella. Quattordici sono i nipoti e due i pronipoti. Le nozze d'oro sono state celebrate nella chiesa di S. Vincenzo a Postiglione.
Pensionato dal 1968, don Ciro, che perse anche la mano sinistra (gli è rimasto solo una metà del dito mignolo), sovrintende il lavoro dei figli, elargendo sempre consigli dall'alto della sua navigata esperienza. Lo trovi presso la ditta dei figli in viale Europa, (nella grande e vasta cava di pietre laviche ove sono ben visibili tre strati lavici di precedenti eruzioni) di villa Inglese, un suggestivo luogo ben conosciuto. Qui durante il periodo degli anni "ruggenti" venivano inviati a lavorare i disoccupati e i nullatenenti; avevano il compito di trasformare le pietre in pietrisco per, poi, collocarlo sotto le traversine dei binari ferroviari.
La cava è di proprietà delle Ferrovie dello Stato e il tratto ubicato nel territorio di Torre del Greco viene denominato villa "Inglese", quello ubicato a Torre Annunziata, villa "Francese"(proprietari Ranieri di Boscotrecase e Ferrovie). In queste aree si sfasciavano le "carrozze" di numerosi autoveicoli. In questo storico sito si può ben osservare e toccare con mano quella roccia vulcanica che ti prende "dentro", provocandoti un intimo e reverente riguardo.
Il paesaggio è irresistibilmente seducente, si provano sensazioni indescrivibili a ricordo delle varie eruzioni che hanno colpito la nostra città.
Un luogo frequentato da esperti e studiosi che vengono a saggiare materiale vulcanico per ulteriori approfondimenti e ricerche.