Indice

"Bettina 'a cummeniona"

a cura di Peppe D'Urzo

Dal fiume dei ricordi straripa un glorioso passato che annovera persone assai rappresentative e ragguardevoli. Fra queste, rivivendo emozioni forse perdute e ritrovate, emerge la mitica Elisabetta Ferrara (detta "Bettina 'a cummeniona") che ebbe i natali a Torre del Greco nel lontano 1880 poi deceduta sul finire degli anni '50. Il padre Raffaele, che era un bravissimo incisore di cammei e coralli, pian piano, affaticando la vista nei minutissimi lavori artistici, divenne cieco. La madre Angela Luisa (detta "Donna Luisella 'a filosofa") era una donna provvista di vivace ed acuta intelligenza ed il suo ardire era sempre pronto e determinante, era imparentata con un monsignore. La sorella Nunziatina (anch'essa nubile) era una artigiana del corallo a domicilio per conto della ditta Ascione.
Elisabetta era un'abilissima costumista (vendeva anche biancheria "casa-casa"), cuciva abiti per rappresentazioni teatrali (in special modo religiose: la classica "Cantata dei pastori" e la "Morte e passione di Gesù Cristo"). Da lei si recavano ad affittare i costumi alcune Associazioni cattoliche locali come "Gli Araldi del Gran Re" (chiesa della S.S. Annunziata) e la "Loreto Starace" (chiesa di S. Maria del Principio), oltre agli studenti universitari del "Circolo Goliardico" che si esibivano in feste e sfilate in costume.
Pietra miliare dei personaggi torresi, Elisabetta era della zona di via Luise (abitava al civico 22)  da ricordare, anche, Alfredo Buonandi, detto: "Don Alfredo 'i l'opera 'e pupi", gestore del teatro delle marionette e a lei sono dedicati i ricordi di una Torre del Greco che non c'è più e che cerca di riscattare finalmente se stessa attraverso gli esempi di semplicità e di attaccamento alle proprie radici e tradizioni. Sapeva ben penetrare, con notevole forza d'animo, nell'intimo delle cose e delle persone. Era provvista di intensi e profondi sentimenti che le davano la forza di aiutare il prossimo (specialmente i poveri).
La nipote Marisa Betrò, autrice di "Quanno nasceva ninno ... Natale tra memoria e nostalgia" dedito all' Università Verde e dal Comune di Torre del Greco nel dicembre 1993) ne ha trattato un commemorativo e suggestivo "remaik", dedicando a "Zi Bettina 'a cummeniona" queste sentite ed accorale parole, raccolte nel dicembre scorso:
"< Di che colore sono, zia Bettina, in Paradiso dove certamente tu sei, "'i veste" e "l'angiulille"? Rosa, azzurri, bianchi, con le aureole e le alucce di stagnola. Erano gli angioletti che tu "vestivi" per le allegre e disordinate processioni di una volta o per le ingenue e seguitissime recite  all'Oratorio "B. V. Romano" ("Ricreatorio") e dell'Addolorata: la Cantata dei Pastori, la Morte e passione, la vita di S. Maria Goretti, la vita di S. Francesco.
E non solo per gli angeli procuravi i costumi, come e dove non so. Dov'è che si comprano i sogni? Con quali stoffe tu, costumista di tutte le rappresentazioni sacre e profane della nostra dolcissima Torre perduta, contribuivi a creare l'eterna magia dell'altrove? Tu, donna massiccia, concreta, già avanti negli anni, salivi, sempre un po' affannata nel tuo informe abito a giacca da "bizoca", le scale della mia casa di "'Ncoppa San Michele".
Al braccio una grande borsa di stoffa blu, la

 
 

borsa dei tesori, ai miei occhi di bambina. Ne uscivano taffetà cangianti, tulli impalpabili, sete dai colori pastello: erano i magici vestiti che mi permettevano di grande cassapanca del corredo di mia madre.
Ogni tanto mi regalavi anche qualche amuleto di corallo, lavorato in casa da tua sorella Nunziatina. Così vi guadagnavate da vivere: lei col corallo e tu vendendo biancheria e affittando i tuoi costumi.
Spesso i giovani teatranti non ti pagavano il nolo, qualche volta dimenticavano di restituirli, ma più che qualche bonario "Faccia di Santo" quando li incrociarvi sul tuo cammino, non avevano da temere. Ti mettevi a sedere al tavolo della mia cucina e cominciavi a parlare a mio padre, tuo cugino, "Il Comandante", o, più spesso a mia mamma, delle tue infinite opere di bene.
Con pudore, i miei, come tutti gli altri non parenti, offrivano il loro contributo, in denaro ed in natura, e la tua "sporta" si riempiva di doni per gli orfanelli dell'Ospizio, i tuoi figli dell'anima. Lì, al Ricovero della Provvidenza, finiva buona patrie delle tue risorse. Tua sorella, poi, destinava ai piccoli il suo guadagno della domenica, il denaro del Signore. Ed ogni domenica, alla vostra tavola, sedeva il Signore, che spesso prendeva le sembianze (e non era da tutti, in quei tempi, questa carità senza pregiudizi) di una ragazza-madre col suo bambino, non precisamente tirato a lucido.
A Santa Elisabetta, il tuo onomastico, i commensali diventavano quindici, tutti gli orfanelli che le severe regole dell'Ospizio ti consentivano di invitare a casa tua, al pranzo collaboravano tutto il parentado a casa di mia nonna Maria. Le mie cugine preparavano le "deliziose", secondo la ricetta fornita dal pasticciere lgnarra. Zia Bettinella Aurilia si dava da fare ai fornelli per aiutare a friggere montagne di polpette e per realizzare la sua specialità: le melenzane con la cioccolata.
Questa sei tu, zia Bettina, nei miei ricordi, nei ricordi delle mie cugine Maria Betrò e Maria Luisa Ferrara. Eri rimasta sola nella tua casa in via Luise, con un cagnolino e i vestiti dei tuoi angeli, ma la tua porta era sempre aperta. Le vicine e le parenti andavano e venivano e tu continuavi, pur non uscendo più di casa, a raccogliere e a distribuire ai poveri.
Ero io che ti portavo i doni dei miei; "Vocca 'i zucchero"," Faccia 'i santa" mi dicevi quando facevo capolino alla tua porta.
Poco prima di morire, mi facesti trovare il "tuo ricordo": una spilla d'oro col mio nome, che conservo religiosamente. Ma mi ritrovo a ricordarti anche quando "esce" l'Immacolata, e, guardando la processione sorprendo a cercare quegli "angiulilli" che da tanto tempo, ormai, non sfilano più. Dove sono andati, zia Bettina, dove sono andati i tuoi angeli?>"