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RICORDI Dl TORRE                a cura di Peppe D'Urzo

 

Le montagnelle rosse

Quando a Torre si diceva, "Andiamo sulle montagnelle rosse" equivaleva dire una scampagnata all'aria aperta.

di CARLO BOCCIA

Le montagnelle rosse, non sono le montagne russe o gli ottovolanti che si trovano nei luna park, attrazione preferita dei giovani che fanno salire l'adrenalina alle stelle, ma una parte del versante alle falde del Vesuvio, nel territorio di Torre del Greco, alla media altezza di 200-300 metri s.l.m. che poi sarebbe quella fascia salubre "aria medicatrice" che circonda il Vesuvio ed è famosa in tutto il mondo, attirando qui molte persone per curarsi la salute, di cui vi sono ancora antichi ritaggi. La denominazione della zona è stata data dalle antiche lave uscite dalle nove bocche dell'eruzione dell'8 dicembre 1861, per il loro colore rosso violaceo, che rese il territorio contorto e sterrato, fatto di piccole montagnelle di schiuma vulcanica dal caratteristico colore rosso. In seguito sono cresciuti i pini ad alto fusto, diventando delle pinete. In questo luogo si accedeva da via Scappi, un borgo di campagna una zona già conosciuta nel 1664 (da un antico istrumento risulta che era un territorio, a monte, composta di due falde "seu scarpe" scarpata) e poi da due deserte e sterrate stradine di campagna, le attuali via Monte Somma e via Etna, dove al n. 26 c'è una chiesetta dedicata alla Madonna del Vesuvio, che portavano in questa zona. Quando l'auto era un lusso, non disponibile per tutti, c'era l'impossibilità di allontanarsi, e questo luogo era l'ideale per i torresi nel periodo pasquale.
Il lunedì in Albis a piedi e con le
mappetelle, nuclei familiari con bambini e ragazzi e comitive di giovani fidanzati si recavano alle montagnelle rosse. S’impiegava più di un'ora per arrivare, calcolando che la maggioranza dei torresi veniva dalla zona mare, e senza mezzi di trasporto le distanze erano enormi. Ogni famiglia trovava un posto, dove sistemarsi, possibilmente vicino agli alberi per fare l'altalena; si consumava il casatiello fatto in casa, con antiche ricette, che aveva le uova sopra; allora era usanza che ognuno della famiglia grande o piccolo, doveva avere il suo casatiello con le uova, poi la pastiera di pasta, anch'essa fatta in casa, il salame o il provolone, le fave e svuotare i fiaschi di vino,

LA FOTO: PINETA DEL VESUVIO; LA ZINOCOLA; CASATIELLI, PASTIERE E FAVE; FIASCHI DI VINO DI "PALATONE"

portati fin lì con grande sforzo e sacrificio dai grandi. Si passava una giornata in compagnia e allegria con altre famiglie, facendo così, dopo aver trascorso un rigido inverno, nuove amicizie fra balli, canti e musica (che poi sarebbe l'acquavite del popolo napoletano che lo fa sopravvivere a tutte le difficoltà e crisi mondiali) e dondolandosi sulla "zinocola" (chissà quante persone capiranno questa parola). E infine si ritornava a casa il pomeriggio inoltrato dalle rocce e dai cespugli, con qualche distorsione alla caviglia ma soddisfatti di aver passato una bella giornata all'aria aperta. Il martedì si andava nella "Scala", in via Calastro, a "mollare" la cometa.
Ora questi luoghi sono stati edificati, ci sono l'ospedale "A. Maresca" e un parco privato. Io nella mia fanciullezza, credevo che tutti i luoghi, dove si faceva la pasquetta, si chiamasse, "
Montagnelle rosse
".