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EMANUELA 'A MAESTA

di Peppe d’Urzo

Era così chiamata perché dedicò la sua vita all’insegnamento del ricamo, la nobile arte del ricamare (guarnire una stoffa eseguendovi con l’ago ornati di vario genere), con una "scuola di ricamo" che non era altro che il risultato di detta arte. Il suo nome, ben conosciuto nell’ambiente, era Emanuela D’Acampo ed era nata a Torre del Greco il 23/10/1900 ed ivi deceduta il 19/02/1997, da Gennaro, montagnaro alle falde del Vesuvio, morto in un incidente sul lavoro, e da Raffaela Porzio, della stirpe de "’A cecca", deceduta probabilmente per la "spagnola" (nome popolare dato alla pandemia influenzale del 1918/ 19, il cui focolare iniziale si sarebbe sviluppato in Spagna) o per altra malattia. Sin da ragazza si dedicò anima e corpo al ricamo, imparandone ben presto i segreti più reconditi.
Si recava ogni giorno dalle suore presso l’orfanotrofio della SS. Trinità, ex convento attiguo alla chiesa dell’Annunziata, e col sudore della fronte divenne una esperta e provetta ricamatrice. Viveva con la nonna Luigia, unitamente a due sorelle ed un fratello, Gennaro (marittimo, emigrato in America, e poi ritornato in patria), in via XX Settembre n. 32 (attuale 26), una fra le storiche strade cittadine, ricordate come "Rint ’u rio". Agli inizi degli anni ’30, con un’amica che la coadiuvò, aprì nella casa ove abitava, una scuola di ricamo con nuovi macchinari e telai (arnesi tessili destinati all’intreccio di fili di trama con quelli di ordito secondo un disegno prestabilito per formare il tessuto), frequentata inizialmente da una decina di ragazze di varie età; le più piccole giocavano e le più grandicelle imparavano l’insigne "metier".

Quando i telai subivano qualche danno, si portavano nella falegnameria di Esposito Langella, detto "’A malatella", con locale più sopra della sua abitazione, per le dovute riparazioni. Emanuela iniziò cosi l’attività di "maesta" (maestra, insegnante) ricamatrice con uno stuolo di fanciulle che man mano aumentavano nel tempo. La prima fase lavorativa era costituita dall’orlo a giorno (in torrese: "chiumino") con le bambine di sei anni che teneva a bada con la dovuta e severa competenza e preparazione, e, per non farle distrarre e vociare, usava un’asta abbastanza lunga (bacchetta di legno) come "insegna" di comando.
Le sue peculiarità ricamatorie, con l’impegnativo ausilio delle "sue" ragazze erano i corredi per le spose (coperte, copertine, tende, lenzuola, cuscini, camicie da notte, pigiami, tovaglie, asciugamani, ecc.), ed i sacri addobbi (cotte) per i sacerdoti (don Michele Capano era un suo affezionato cliente). Preparò un raffinato ed artistico corredo alla moglie del Com.te dei Vigili Urbani di Torre del Greco, Errico dott. De Gaetano, il quale realizzò gli schizzi preparatori sulla biancheria. Anche la guerra colpì la tranquilla zona di "Rint ’u rio". Infatti alla vigilia di pasqua del ’43 vi caddero di notte alcune bombe che causarono notevoli danni alle abitazioni e persone; il palazzo del prete Scarfogliero crollò, e lui, mentre dormiva nel letto, si trovò scaraventato, in un tratto del suo giardino.
Poi i rastrellamenti dei soldati tedeschi, la loro precipitosa fuga verso Cassino, la venuta degli alleati e la vita che continuava ad andare avanti fra stenti, paure, insufficienze e pochezza di cibo.
Suo fratello Gennaro nel mentre serviva la patria sotto le armi, fu fatto prigioniero e condotto negli Stati Uniti.
Fra le tante "figliole", sue carissime allieve ricordiamo: Raffaela Langella (coniugata Rosario

                        
                        

Frettolosi), sua vicina di casa, Teresa Aucella ,"Sisina", Giulia Collaro, una certa Matilde, Maria Palomba, Maria Giuseppina Lubrano, Assunta Liguoro ed altre.
Quest’ultima (classe 1919), originaria di via XX Settembre, sua cugina, detta "Mani di fata" e "Assuntina ’a ricamatrice" brava disegnatrice ha continuato per devozione, l’attività di ricamo. E' stata allieva di Emanuela per oltre dodici anni (dagli inizi degli anni trenta fino al 1942) con un compenso di Lire cinque per mezza giornata e di Lire dieci per tutta la giornata. Emanuela ha dedicato la propria esistenza al ricamo fino agli anni ’70, smettendo per problemi alla vista. Ha sempre lavorato con ardente inclinazione e grande passione; un amore come vera missione. Un’instancabile lavoratrice fino a tarda sera; era una donna molto determinata, rigida, pretendeva molto e non amava il lusso; la sua era una vita mansueta ed umile; si faceva molto rispettare sul lavoro; stimatissima per la sua "arte"; provava molta soddisfazione nell’insegnamento; conosceva tutti i "punti" del ricamo ed era bravissima nei raffinati incavi e frastagliati. Non si sposò; lo sguardo degli uomini la smarrivano con trepidante ansia.
Era una persona molto cattolica; frequentava la chiesa del Carmine e del Rosario; in casa insegnava anche il catechismo per i fanciulli dei bassi di via XX Settembre. Non mancava mai al mese di maggio, dedicato alla Madonna, alla novena dell’Assunta e dell’Immacolata. Era una donna di altri tempi, corteccia dura a morire; sana combattente dai giusti valori morali e professionali. Conosceva millimetro per millimetro le varie qualità di stoffe: il lino, la tela d’Olanda, edamino, tela medioevale, consultando e studiando alcuni testi in materia, fra cui "L’enciclopedia del ricamo e del lavoro". Vasta era la clientela, proveniente anche da fuori Torre. Da lei si recavano le migliori famiglie della nostra città, i Capano, i Palomba (armatori), Altiero, Mazza, Reccia, Falanga, ecc.
La sorella Carmela, detta "Mamiuccia" era coniugata con Aniello Russo, da tutti ricordato come "Aniello ’a sargente", mitico fruttivendolo al corso Umberto I ("Mmiez a San Gaetano").
Attualmente l’attività di ricamo continua (a richiesta) nella sua abitazione grazie al volontariato di Antonietta e Rosaria Frettolosi.
Ecco il dovuto omaggio ad una vera figlia di Torre, l’indimenticabile Emanuela, detta "'A maesta", decana delle ricamatrici, che fece del ricamo una ragione di vita.

Le foto: Emanuele D’Acampo ("’A maesta") negli anni ’90; l’ingresso del fabbricato ove viveva in via XX Settembre n. 26 al secondo piano; uno scorcio della stessa via.