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Raffaele Lombardo, titiello

di Peppe D'Urzo

Cesare Zavattini (1902/1989), una delle grandi figure del "neorealismo" corrente cinematografico che si proponeva di portare sullo schermo i problemi e i drammi della gente comune, con un'attenzione sempre più grande alla vita quotidiana, affermò:
"All'uomo, nella sua avventura di ogni giorno".
E dalle avventure, conservate negli zaini dei combattenti della seconda guerra mondiale, tiriamo fuori i ricordi che hanno scritto tante storie innalzandoli spesso a protagonisti: sono gli eroici soldati scampati al tremendo conflitto ed oggi, proiettati in un mondo totalmente cambiato, raccontano le loro esperienze vissute in un periodo che sconvolse gran pane del pianeta. Dai vari "war-fronts", a ricordo di quanti, andando incontro al sonno eterno, non sono più tornati a riabbracciare i propri cari, si riportano, come in un album di foto, quegli episodi che sono rimasti scolpiti nelle menti di chi, volendo o meno, si è trovato a vivere quella feroce e disumana guerra, portatrice di morte e distruzione.
A salvare la pelle, riuscendo ad evitare eventuali dispiacevoli e drammatiche situazioni, è stato un figlio di Torre: Raffaele Lombardo (classe 1921), detto "Titiello". Fu così chiamato dal padre per la gioia di aver avuto un bel maschietto (dopo cinque figlie). Di fronte a sì fulgida appendice esclamò: "Oh, che bel titiello!". Raffaele, appena in età vocativa, imbarcò sul mercantile "Marco Polo" (Società "Italia", poi "Adriatica"), in qualità di cuoco; arrivò la cartolina precetto e partì militare di leva in Marina in quel di Taranto. Da Brindisi raggiunse, via mare, sulla nave militare "Galitea", la Grecia e fu destinato a Lero (isola del Dodecaneso -Sporadi meridionali, entrata a far parte delle isole italiane nell'Egeo, fu importante base navale durante la seconda guerra mondiale. Attaccata dai tedeschi subito dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Il presidio italiano si arrese il 16 novembre; il trattato di Parigi del 1947 segnò l'isola alla Grecia) e qui in questo meraviglioso lembo di terra ellenica dai suggestivi tramonti ed incontaminati paesaggi, fu adibito a marinaio-cuoco (grazie ai suoi trascorsi) nella mensa dei militari di truppa presso la batteria Sant'Arcangelo, poco distante da quella di Montecliti (ove si trovava l'amico Gennaro Liguoro "'il pittore", e poco distante Francesco Tesoriero "Ciccio", entrambi di Torre del Greco). Bravo cuciniere capace e scaltro, spesso si esibiva nella pesca di pesci e polipi (in abbondanza) per poi cucinarli ai militari.
Sull'isola v'erano altri concittadini: Angelo Vermillo, divenuto in seguito maresciallo di Marina (allenatore delle giovanili della Turris dalla fine degli anni '40), fece da padrino a Raffaele che celebrò la propria cresima in terra greca, ed Aniello Formisano, anch'egli maresciallo, poi, del Corpo dei Vigili Urbani della nostra città.
Dopo circa due mesi dall'armistizio, i soldati italiani, agli ordini del contrammiraglio Luigi Mascherpa (fucilato il 24 maggio del 1944 a Parma), dopo aspri combattimenti contro gli attacchi aeronavali tedeschi, allo stremo delle forze e senza più armi da contrapporre al nemico, si arresero: furono fatti prigionieri, per poi essere inviati in quei tristi e lugubri campi di lavoro.
Furono giorni tragici in cui molti italiani, per evitare la deportazione, tentarono in tutti modi di scappare; anche "Titiello" decise di alzare i

 

Questa è la foto del tesserino militare (matricola n. 38384) del gennaio 1945 (imbarco sull'Arno).

tacchi e lo fece, con altri tre commilitoni, scegliendo la via del mare (tantissimi altri militari che "videro" nel mare un'ancora di salvezza, furono barbaramente uccisi). A bordo di una piccola imbarcazione si allontanò, riuscendo ad eludere la stretta sorveglianza dei militari germanici. Di notte i fuggitivi remavano, stando attenti a non commettere alcun rumore, mentre di giorno si riposavano cercando i più disperati nascondigli. La rotta era verso la Turchia; arrivarono, però, al limite delle umane possibilità, distrutti nel corpo e nello spirito, a Creta (o Càndia, isola del Mediterraneo orientale della Grecia), ove una donna del luogo, aiutandoli, li fece scappare sulle montagne. "Rafele" raggiunse, poi, come nelle iniziali intenzioni, un piccolo paese di mare (Scala Nova) in Turchia pieno di militari sfollati: qui conobbe un soldato italiano (dell'Esercito) che aveva con se un sacco pieno di soldi, le famose e voluminose "Mille lire" (farà una fortuna, a fine guerra, con quei soldi nella sua città natale Portici). Ne ricevette un bel po', ma non sapendo cosa farsene, ne fece quasi uso per bisogni... fisiologici. Trascorso un mese, venne preso dagli inglesi: trovò lavoro sempre come cuoco, divenendo un "patriota e partigiano all'estero".
Dalla Turchia andò in Siria ed in Palestina, infine il rimpatrio in Italia. Era il periodo degli ultimi "fuochi" di guerra, prima della liberazione di Roma (giugno 19-34), arrivò a casa, presentandosi in una insolita tenuta: in divisa militare inglese. Riprese servizio, nel clima dell'Italia nell'immediato dopoguerra, ricco di ideali di rinnovamento sociale condivisi soprattutto dalle classi più povere, sempre in Marina. Si imbarcò sull'Arno (motocisterna), adibito a scorte (viveri alimentari).
Dopo una rocambolesca avventura su di un treno diretto a Taranto (era di scorta a dei siluri), arrivò il sospirato congedo. Riprese l'attività di marittimo (società "Italia). In pensione dal 1977, trascorre il tempo libero con gli amici in Villa Comunale presso la Casa dei Combattenti e Reduci.
 Ed è qui in mezzo a quel po' di verde della villa che il buon "Titiello" si "rivede" in baldanzosa e giovanile età, lontano dalla patria, a ripercorrere le tappe della sua odissea in cerca di lidi sicuri in nome di quella sublime elevazione dello spirito umano: la libertà.