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Giovanni Borriello
Quella missione sulla "Persefone"


di Peppe D'Urzo

E' la storia di un ex combattente della seconda guerra mondiale che servì la Patria in quel lontano primo marzo del 1942, indossando la divisa della Regia Marina Militare. E' la storia di Giovanni Borriello, nato a Torre del Greco il 19 marzo 1922, da Giovanni e M. Felicia Bottiglieri, coniugato con Raffaela Borriello (deceduta). Tre figli: un maschio e due femmine. Pensionato con 43 anni di servizio alle dipendenze di un Ente statale, di cui sei di militare e campagne di guerra. Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, medaglia d'oro dal Ministero Marina Mercantile. Consigliere dell'Unione Regionale Invalidi Marittimi del Lavoro e Presidente Onorario dell'Associazione Regionale volontariato Assistenza Invalidi Anziani.
Prima della chiamata alle anni in quel di Taranto, frequentò le scuole elementari al corso Garibaldi, in via Veneto e le scuole all'aperto. Partecipò a vari saggi ginnici, fra cui quello di Roma (Parioli) nel 1939. Era più che bravo nel lancio del giavellotto. Superò con merito un corso di radiotelegrafista bandito nel 1941 dalla Gil (Gioventù Italiana Littorio). Lascia il suolo natio dalla stazione di Torre che per le partenza dei militari in Marina si riempiva di familiari ed amici che salutavano i propri cari, che con orgoglio ed amor di patria, si accingevano a passare dalla vita civile a quella militare.
Viene inviato a San Bartolomeo (La Spezia) per un corso di perfezionamento per tre mesi. Dopo al Centro Radio Ricevente di Brindisi, al Centro Radio Trasmittente di Brancasi (BR), al Centro Radio per le Intercettazioni Estere di Lecce. Dopo altri tre mesi di dure prove con la qualifica di radiotelegrafista scelto-specialista di leva, viene inviato al Comando di Trapani (Marina Traffico Sommergibili) per imbarcare sulla Regia corvetta "Antilope" (CI 1). Varie furono le missioni di scorta convogli e caccia ai sommergibili lungo la traiettoria del Canal di Sicilia fino a Capo Ban (Tunisia).
In seguito ad un attacco aereo nel porto di Trapani, l'unità fu danneggiata e prese imbarco sulla corvetta "Artemide" (C39), e, in seguito, per mancanza di personale su di un'altra corvetta: la "Persefone" (C40), facente parte della prima squadriglia. Durante una delle tante missioni ci fu un attacco di due caccia nemici, provenienti dalla base di Malta. Un aereo fu abbattuto dalla nostra contraerea e furono raccolti in mare due Ufficiali maltesi, consegnati il giorno dopo - era il 12 aprile 1943 - alle nostre Autorità. Al pomeriggio dello stesso giorno, Giovanni, di servizio alla radio, ricevette un fonogramma cifrato in cui si parlava di un attacco aereo sulla città  (poi avvenne in due ondate). La città sicula fu quasi rasa al suolo ed il 90% del naviglio affondato e le attrezzature distrutte. La "Persefone" parzialmente danneggiata galleggiava ancora.
Alcuni feriti furono portati agli ospedali da campo. Alcuni giorni dopo, la nave, a velocità ridotta e a navigazione costiera, raggiunse i cantieri navali di Sanpierdarena (Genova).
Dopo le dovute riparazioni, ritornò in Sicilia con base a Messina. In data 20 luglio 1943, l'unità, su disposizione di Supermarina - Roma, deve raggiungere il porto dì Gaeta (Latina) e di ormeggiare al pontile Elena entro il 25 c.m.; era una missione "top secret". Raggiunta la meta, dopo un'attenta navigazione a "mezza forza" e costiera, eludendo la sorveglianza del nemico con soste in vari punti delle coste calabre e campane, fu dato ordine dal Comando di essere pronti a muovere entro due ore. Nella notte fra il 27 e 28 luglio 1943, il nostro bravo tecnico era di servizio in cabina radio, da qui poté osservare che, verso le due, arrivò un pulmman militare da cui scesero una trentina di

La foto mostra la "Persefone" (C40) in navigazione lungo le coste salernitane ed il giovane Giovanni Borriello, esperto radiotelegrafista. Era il 23 luglio 1943.

Carabinieri addetti ed in assetto di guerra, i quali presidiarono tutta la nave. Dopo poco tempo sopraggiunsero due automobili, i cui componenti (un ammiraglio, un generale e quattro borghesi), saliti a bordo, furono accompagnati nei locali Ufficiali.
Iniziò la navigazione. All'alba fu raggiunta la rada dell'isola di Ventotene. Fu calata una motolancia con alcuni Carabinieri e due borghesi a bordo. Dopo tre ore circa fecero ritorno sulla corvetta. Altra destinazione: l'isola di Ponza. La motolancia con tutti i Carabinieri sbarcarono sulla spiaggia di S. Maria. Qui vi rimasero a guardia di una palazzina la spiaggia fu raggiunta anche dall'ammiraglio, dal generale e dai quattro borghesi, e, fra essi Giovanni poté riconoscere l'ex Capo dei Fascismo, Benito Mussolini.
Si rimase in rada fino al tramonto, e, dopo la consueta preghiera del Marinaio e l'ammaina bandiera, si raggiunse Gaeta. A bordo il Comandante, Franco Tazzari (Capitano di Corvetta ed osservatore-pilota di idrovolanti) illustrò la missione segreta e riferì a tutto l'equipaggio: "Abbiamo portato in esilio S. E. il cav. Benito Mussolini". Per ragioni politiche, l'ex Duce non rimase sull'isola di Ventotene. Durante la permanenza a bordo, sempre circondato da quegli uomini in borghese, appartenenti alla polizia segreta, gli fu offerto caffè e colazione, lui non prese nulla, anzi, si lasciò andare a lamentele ed affermò: "Come uomo politico, sono finito ... il trattamento è ignobile e misero".
Dopo questa parentesi la "Persefone" fece ritorno, verso la metà di agosto del '43, a Messina, ove fu colpita da una bomba aerea in una delle tante incursioni nello Stretto. Da qui nei bacini di La Spezia. Nella città ligure, in data 8 settembre '43 alle ore 19.45, egli era di servizio alla radio, quando ricevette sulle onde medie il "famoso" messaggio inviato a tutti gli Italiani dal Maresciallo d'ltalia, Pietro Badoglio che proclamava l'armistizio senza condizioni alle Forte Interalleate.
La guerra continuava, il proclama fu immediatamente trasmesso al Comando, nella stessa notte, in collaborazione col personale dei bacini navali, la gloriosa corvetta "Persefone", fu autoaffondata per non cederla alle truppe germaniche che già cominciarono ad assumere posizioni di guerriglia. Al "Si salvi chi può", in una condizione di collasso e sbandamento totali, ognuno cercò di raggiungere casa. Giovanni, dopo tante peripezie, arrivò a Napoli il 30 settembre 1943. Dal Comando Marina di Napoli ebbe una licenza a tempo indeterminato. Poi si presentò a Brindisi ove divenne sottocapo militarizzato presso l'Ente Alleati, fu congedato a maggio dei 1945.
Il padre (1892/1957) era Sottufficiale di Marina. Era al comando di un dragamine. Congedalo nel '43. Venne Torre nel 1950/51, tre figli: Luigi, Giovanni e Mario.
Luigi (1920/ 1996), 2° Capo in Marina fu preso prigioniero dai tedeschi a Venezia. Ritornò in Patria a fine guerra. Vigile Urbano del Comune di Torre del Greco, in servizio dal 1.9.1952.
Mario (1923), militare in Marina nelle contraeree a Livorno. Fece ritorno a casa dopo l'8 settembre 1943. Ex dipendente all'Italsider di Brindisi, ove abita e vive.