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"Miez 'a Parrocchia"
negli occhi di uno scugnizz
o

di Salvatore Di Donna, "revisitato" da Peppe D'Urzo

I miei fuggevoli ricordi mi riportano ad intraprendere un viaggio al  l'indietro quando, "scugnizzo" di via Falanga, bighellonavo insieme ad altri coetani "mmiezo 'a parrocchia" e "areto 'o cinema Vittoria". Con un po' di nostalgica commozione mi vengono in mente i giochi di allora che riempivano le giornate di noi ragazzi, che guardavamo con interesse e rispetto quelli più grandi di noi. Si giocava coi tappi di birra (sbattamuro, "rint 'a liggioia", "ntacca freccia", "risica, rosica, rinforza"), le catenelle, "i ritrattielli" (le odierne Edizioni Panini; "cuppone", "schiaffo", "sciaraballo" "'U mast 'c 'a pastora", oppure "Uno in monta 'a luna" (gioco di abilità ed astuzia, consistente nello scavalcare un ragazzo che stava chino con la testa fra le ascelle: ogni qual volta si saltava bisognava "urlare" una tipica frase: "Uno, in monta a la luna", "due, in monte al bue", "Tre, la figlia del re è bona per me!").
Scenario leggendario di questi giochi lo spazio antistante la Basilica di S. Croce con relativo scalone ed il bellissimo giardino, ove ai quattro angoli v'erano i "chioschi" (giornalaio, orologiaio, acquaiuolo, riparatore di accendini). Completavano l'arredo urbano di quegli anni '50 e '60 i caratteristici banchi dei lustrascarpe.
Come in sovraimpressione, mi vengono in mente alcuni personaggi della piazza: oltre al carissimo don Gennaro De Nicola (titolare dell'omonimo bar), "Nunziatiello" (aveva una gelateria; con 10 lire avevi un enorme gelato; dietro la cassa era seduto un omone grande dalle braccia piene di tatuaggi), i due "Vicienzo 'de caramelle" (entrambi con una gamba rotta, posti l'uno di fronte all'altro, con leale concorrenza, cercavano di sbarcare il lunario nella garitta e sul carrettino; io facevo il tifo per la vendita delle caramelle sul carrettino; qualche volta "sostituivo" il Vincenzo che si recava al "Vespasiano" in cambio di qualche dolciume...), "Vicienzo 'u piattaro" (bravissima persona, ho lavorato con lui con un compenso di 300 lire settimanali) aveva l'hobby del bicchiere di vino...).
Altri in quel di via Falanga: tanti volti del bar Piave che c'è ancora, "Carmeniello" (Carmine Pepe, mio padre, bottega di frutta), pasticceria Nitta, Colantuono scarpe, "Umberto 'u pescivendolo", "Benito 'u barbiere", il fotografo, Fortunato (il cambia monete), "Pascale 'u panzaruttaro", "L'acquaiuolo" che vendeva un bicchiere di acqua di Castellammare a 10 lire; un certo Gianni (invalido) che accettava qualche obolo dalla gente ivi transitante; stava seduto su di una carrozzella, privo di gambe, ma con una tale forza che se ti dava un pugno, dovevi poi ricorrere alle cure mediche..., la vecchierella che costruiva i "Sciosciamosca" comprati per la maggior parte dai pescivendoli alla modica cifra di 15 lire, la signora della lampadina (dalla struttura robusta, viso rubicondo e guance sempre rosse, vestiva di nero e con un paio di orecchini a pendolo; ogni domenica preparava le sue lampadine e noi dovevamo, ad una distanza di 5 o 6 metri, colpirle con un fucile caricato con un dardo a punte d'acciaio ed il finale piumato; quando si centrava il bersaglio, esplodeva un bel botto tra

       


lo sfizio di ognuno di noi...) la signora, con accento diverso, probabilmente veniva da fuori Torre, ma non ho mai saputo da dove. 
Spostandoci un poco più giù, si arriva a via Gradoni e Cancelli (per meglio intenderci: "aret 'u cinema Vittoria"). Chi non ricorda i fumetti di allora: "Capitan miki", "Il grande Black", "Tarzan" e "Akim". Tutte le domeniche e nei giorni festivi, si teneva il mercatino dei "giornaletti". Assidui frequentatori: i marittimi che prima di imbarcare, facevano rifornimento; anche qui si guadagnava qualche soldino; io ed un certo Pietro Rapisarda facevamo ottimi affari: i migliori fumetti venduti erano i nostri... Ancora oggi siamo grandi amici ed in particolare grandi amici del fumetto!!!
All'inizio del vicolo c'era la signora delle caramelle, attaccata al "suo" carrellino di noccioline, sementi, lupini e affini, il cosiddetto "spassatiempo", il chiosco dell'acqua, "Pescale 'u panzaruttaro", "'U pizzaiuolo" (a 25 lire l'una), il venditore di fichi d'India (3 colpi a 15 lire; la mitica "Zeppata"). Con un coltellino, posto all'altezza della cintura dei pantaloni, dovevi colpire i fichi, posti in un carrellino, poggiato a terra; quando si tirava su il coltellino ed avevi "azzeppato", potevi golosamente mangiare il frutto o rimanevi a bocca asciutta.
Ma il  pezzo pregiato della tipica stradina, era il cinema Vittoria (da menzionare anche il cinema Iris, un vero teatro con varie riviste), da molti denominato "Pidocchietto".
Il locale era diviso in due scomparti; sempre affollato da ragazzi e gente del popolo; fra questi i portatori di scale, coloro che, quando c'era un funerale, portavano i fiori e le ghirlande su grandi scale; appena finito il compito affidato, tutti di corsa al "Pidocchietto" ove spesso mancava la luce e le pellicole (di seconda visione) erano tagliate. Infine, personaggio fra i personaggi, la leggendaria "Mamele" un'arzilla vecchietta, addetta alla chiusura della porta d'uscita che emanava all'interno della sala un fastidioso fascio di luce. Un urlo all'unisono, a mo' di boato, esplodeva: "Mammè 'a porta" (una storica frase) e poco dopo, Mammè in silenziosa rabbia ed apparente calma ribatteva: "Ma che vonno sti scass...... !!!".
Ecco, come gli innocenti occhi di uno "scugnizzo" di via Falanga, hanno riportato alla luce i ricordi di quella bella cittadina alla falde del Vesuvio, la "mia" e la "nostra" pur sempre Torre del Greco.