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Luigi 'u bersagliere
Luigi Lerro

di Peppe D'Urzo
  
 

Riemerge il sapore di antico delle storie riposte nel polveroso scrigno dei ricordi. Luigi "'u bersagliere", personaggio d'epoca. Fa parte delle "histoncal memories": Luigi Lerro che sin da Giovane aveva conosciuto il mestiere di marittimo prendendo la via del mare. Servì la Patria in armi nella guerra del 19151-18. Prestò servizio militare nei Bersaglieri e conobbe il futuro capo del Governo italiano, Benito Mussolini (erano entrambi della classe 1893). che richiamato alle armi nel 1914 fu assegnato al VI Reggimento Bersaglieri ferendosi, poi, al fronte a causa di uno scoppio di una bombarda.
Questa storica conoscenza costituì un "privilegio" per Luigi, che durante gli anni "ruggenti" beneficiò di molteplici regali. Finita la catastrofica guerra riprese a navigare su quelle mitiche navi a vapore che trasportavano merci varie, in qualità di nostromo: i viaggi erano di lunghissima durata. Si recò spesso in America latina ed in America del nord dove vi rimase per qualche anno in quel buio periodo definito "proibizionismo" (introdotto negli Usa nel 1919 e soppresso nel 1933 ).
Fece ritorno a casa, dove ad attenderlo c'era la moglie, Maria Raffaela Galante, donna schietta e cordiale, e le sue quattro figlie. In seguito ne nacque un'altra a cui fu dato il nome dì Brasilina (classe 1930) per un "freak of nature" durante la permanenza negli Stati Uniti. Continuò a navigare. Durante la permanenza degli alleati, entrati a liberare Napoli il primo ottobre 1943, nel capoluogo campano, centinaia di persone, provenienti da molte province trovarono lavoro nel porto partenopeo, come uomini di fatica operai ed impiegati.
Per gli operai generici si formavano quattro squadre di dodici uomini con un capo squadra ("'u caporale") che dovevano svuotare le stive delle navi, tipo "Liberty", cariche di merce belliche e varie. Chi, fra coloro che hanno lavorato nel porto di Napoli, non ricorda il "Liberty". Era un tipo di nave mercantile dalle 10mila alle 20mila tonnellate di stazza con dieci nodi di velocità, fabbricata dagli Usa durante la seconda guerra mondiale (2.500 unità circa), col sistema E. J. Kaiser della prefabbricazione di intere sezioni, che successivamente venivano montate.
In una di quelle mattine lavorative, gli uomini di Luigi non riuscivano con la sola forza dei muscoli a fissare una fune ad una bitta, ubicata sul pontile da sbarco. Fu ardua impresa legare l'ormeggio. Il tutto accadde sotto gli occhi "divertiti" del comandante della nave americana che, imprecando in lingua inglese, etichettò i poveretti con parole offensive e deplorevoli: il nostro "bersagliere" conoscendo la lingua inglese, capì quelle "bad words" e, presentandosi da colui che le aveva profferite, lo volle sfidare in una specie di match di boxe, che avvenne sulla banchina tra fans italiani ed americani disposti a cerchio. Volarono botte e pugni ed alla fine a vincere fu don Luigi, fra gli applausi nostrani, Ricevette tutti gli onori del caso con i complimenti del malconcio comandante: ebbe degli abiti, scarpe nuove (che spesso prestava al suo futuro genero Giovanni quando questi doveva uscire) e qualche genere alimentare che portò a casa per la famiglia.
Da questo momento ricevette un importante incarico, cioè quello di guidare un battello-rimorchiatore per l'assistenza alle navi militari, molte delle quali non potendo entrare nel porto per le banchine di attracco occupate, ancoravano in rada. Divenne un uomo di fiducia per le sue doti professionali e fu ben voluto dalle autorità alleate. Tutto ciò che riceveva per mangiare (e la fame continuava ad imperversare) lo portava a casa: il difficile era di non farsi prendere dalla M. P (Military Polite) in special modo ai cancelli d'uscita del porto. Era d'obbligo accompagnare qualsiasi merce con i documenti di provenienza.
In seguito fu vittima di un infortunio (gli cadde una puleggia, ovvero una piccola ruota scanalata intorno a cui passa una fune, sul

      

piede che prese successivamente infezione) e successivamente di una bronchite che gli causò un deperimento organico. Le cure ed i medicinali scarseggiavano.
Morì nel 1916 (la foto a lato ritrae Luigi in tutto il suo vivido e fulgido aspetto del l'epoca). Dopo qualche tempo, Brasilina si unì in matrimonio con Giovanni Di Donna, classe 1925, da Teresa Rapicano, e da Pasquale (detto "Schinizzi", venditore di giornali con "chiosco" in piazza Santa Croce, grosso appassionato di fuochi d'artificio. Uomo elegante a cui piaceva vestire con ghette, bastone e cappotto con collo d'astrakan. Due volte coniugato: la prima moglie. originaria di Napoli, era una gran bella donna dai lunghi capelli, per cui la chiamavano "Carmela 'a capera". I suoi fratelli, Michele e Antonio, erano cocchieri in piazza Santa Croce davanti al cinema "Savoia". Morì in giovane età nel 1934 per una broncopolmonite). Teresa donna energica e decisa, dopo la morte del marito per mantenere i sei figli dovette trovarsi un lavoro come cameriera.
Giovanni sin da ragazzo portava i giornali presso le abitazioni dei clienti. Era un vivace scugnizzo di strada, spesso si recava a Napoli. Nel 1938, attaccato al roller di un tram, si recò nel capoluogo campano e si trovò in mezzo ad una folla oceanica in piazza del Plebiscito che plaudiva Mussolini ed Hitler, in occasione della visita di quest'ultimo in Italia. Fu partecipe delle "4 giornate" (27/30 settembre 1943, insurrezione popolare del popolo napoletano): aveva il compito di portare acqua (era difficile trovarla a causa delle tubature distrutte) ai partigiani che combattevano contro i camerati tedeschi, divenuti "nemici" dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Ricorda anche i bombardamenti del 13 settembre al corso Vittorio Emanuele che causarono danni, rovine e morte.
La ritirata dei tedeschi da Torre che tentarono di minare la strada antistante il palazzo "Vallelonga" con gli alleati alle calcagna ed il tentativo di far saltare in aria il complesso dei Molini Meridionali Marzoli (parzialmente distrutti).
Ex dipendente della ILVA a Torre Annunziata, militare in Marina, alla fine della seconda guerra mondiale, per tre anni.
Era imbarcato su di una moto-zattera col compito di recuperare soldati italiani, specialmente feriti che venivano portati in vari ospedali. Strillone della prima ora, giornalaio da sempre, simpatica figura, sempre sorridente, è attualmente titolare dell'edicola in via Cesare Battisti (all'inizio).
I fratelli sono il compianto Ciro, ex giornalaio in piazza Luigi Palomba, ed Antonino (classe 1922), ex dipendente comunale, sempreverde ed arzillo, ora da una mano ai figli Lello (bar in via Circonvallazione n. 89) e Ciro (bar-pasticceria "Vallelonga" al corso Vittorio Emanuele n. 10).