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Federico Raiola
e le lontane terre d'Africa.

di Peppe D'Urzo   

Nel panorama delle storie di guerra, che fanno parte di un triste spaccato dell'umana esistenza, narriamo le vicende di un giovane Ufficiale che combatté in Africa Orientale nell'ultimo conflitto mondiale. Si tratta di Federico Raiola (Albano Laziale - Roma, 1915 - Torre del Greco, 1994) da Crescenzo, corallaro torrese con attività commerciale nella ridente cittadina laziale e da Maria Ronchetti, deceduta in giovane età, tumulata a Roma (Verano) e trasferita nel 1993 nel cimitero di Torre.
Comincia gli studi presso la scuola Cristiana ad Albano, ex seminarista, diplomato alla Scuola Magistrale a Napoli; brevi supplenze alla scuola elementare "N. Fornelli" (poi "G. Mazza") nella città torrese, ove il padre, morta la giovane moglie, fece ritorno. Nel 1935 la cartolina precetto per il servizio militare: allievo Ufficiale a Fano (Pesaro), servizio di prima nomina (Sottotenente) ad Argentera (Cuneo) ai confini con la Francia; congedato nel 1937, richiamato nel 1939, volontario per l'Africa Orientale. Sbarca dal piroscafo "Piemonte" a Massaua, città e porto dell'Eritrea.
Sul suolo africano partecipa ad azioni belliche di repressione contro i ribelli (sciffà); dopo la conquista dell'Impero (1936), continuarono le ribellioni da parte di bande armate locali, appoggiate dagli Inglesi. Partecipò anche alla presa della Somalia britannica: aveva alla propria dipendenza gli ascari (soldati di truppa delle colonie italiane) e gli scimbaci (Sottufficiali); entrambi i nomi di questi militari indigeni, orgogliosi di difendere il tricolore italiano, erano di derivazione turca. Si distinse, al Comando della 11.ma brigata coloniale Debra Berhan, in numerose azioni di polizia coloniale, partecipandovi molte volte volontariamente, dimostrando notevoli doti di capacità, spiccato senso del dovere ed encomiabile valore personale.
Dal 27 al 30 ottobre 1941 fu impegnato in un fatto d'armi che gli valse la croce al merito di guerra (prima concessione n. 7337 del 15/05/1951). Occupò, col proprio reparto, l'abitato di Tecla Gheorghis, strenuamente difeso da numerosi ribelli (definiti gli "armati" di Abebé Aregai, il più grande animatore della ribellione indigena contro il Governo italiano) che erano soprattutto instancabili combattenti e dotati di grande spirito aggressivo. Dopo estenuanti azioni di attacco e contrattacco il Sottotenente Raiola, alla testa dei suoi uomini, si lanciava all'attacco, riuscendo a prevalere sull'avversario che, sgominato e battuto, si dava a fuga precipitosa, lasciando morti, feriti, armi e munizioni.
Nell'occasione dimostrò ottima preparazione tecnica, grande capacità di comando, encomiabile valore personale e grande ascendente sui propri dipendenti. Fu il suo uno splendido esempio di elette virtù militari; per questi eccezionali meriti, nonché per le azioni di guerra passate, fu proposto per il passaggio in S.P.E. (Servizio Permanente Effettivo) dal Comando del Settore Militare Italiano di stanza ad Ancober-Scioà. Dopo la disfatta italiana ad opera degli inglesi, viene fatto prigioniero dai rivoltosi di Abebé Aregai nel marzo del '41 a Ghingi.
La sua doveva essere, con ogni probabilità, una condanna a morte, invece viene consegnato agli inglesi che lo smisteranno in vari campi (Mombasa e Nairobi in Kenia e Tanganica in Tanzania) ove conoscerà stenti, privazioni e fame. Rientrerà in patria, sbarcando a Napoli, nel dicembre del '46; congedato dall'Esercito Italiano (Fanteria) nel febbraio del '47.
Vinse un concorso nella scuola riservato agli ex combattenti e cominciò ad insegnare presso la Scuola Elementare di via Camaldoli,


appartenente al II Circolo, la cui direttrice era la signora Lidia Gubitosi, originaria di Napoli, che sposò un Ufficiale della Wehrmacht, un certo Michael Linder (distanza a Torre del Greco fra il '42 e il '43), nato ad Augeburg (attuale Augusta, importante cittadina industriale tedesca della Baviera), buon conoscitore della lingua italiana e Comandante delle piazzeforti della fascia costiera vesuviana. 
Insegnate dal '53 al '70 ("Nazario Sauro" e "Giovanni Mazza"), in pensione dal 1980; coniugato con Maria Luigia Tammaro (della stirpe "Purpettone"), il padre era titolare di una pizzicheria-salumeria in via Salvator Noto all'angolo della "piazzetta" (attuale "Sorbino" abbigliamento, civico nuovo 17), dagli anni trenta sino all'inizio dei cinquanta. Maria Luigia era cugina anche dei Falanga (librai).
Un fratello di Federico, Luigi detto "Frate Ludovico" nato a Torre nel 1913, dell'Ordine "La Salle", vive a Roma.
Dall'unione di Federico e Maria Luigia sono nati: Crescenzo (1948), insegnante alla Scuola Media "Angioletti", che gelosamente e con orgoglio conserva i tanti "ricordi" del diletto padre, fra cui la piastrina di riconoscimento n. 27348 ed una chiave inglese con lo stampo della bandiera britannica ai tempi della prigionia; Gerardo (1952), insegnate (tecnico-pratico) a S. Giorgio a Cremano e Luigi (1955), medico.
Ecco la storia, la semplice storia di un valoroso che a prescindere da ideali, credi e dottrine socio-politiche difese la patria in armi sul suolo africano.
Di animo buono, seppe ben guidare i suoi scolari, educandoli per la retta via; molti lo ricordano per la sua signorilità e rettitudine. Da menzionare, infine, il padre: era cugino di Giuseppe D'Urso (detto "'u bellommo"), guardia municipale dei Comune di Torre del Greco dal 1912 al 1948, grande personaggio di un'epoca che non c'è più.
Nella foto appare in divisa da Ufficiale nell'ottobre del 1939 XVII a Nedanialem. L'altra foto lo ritrae nel 1976: l'aspetto è giovanile (da notare anche il baffetto curato alla Mario Del Monaco famoso tenore che eccelleva nel repertorio drammatico).