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A Lampadina d''a Maronna

di Carlo Boccia

Un antico proverbio diceva: “Chi avett’ii pane murett’ chi avett’ii fuoco campaie" 
Chi chiese il pane morì, chi chiese il fuoco visse”.

 

“Guagliù, facimma a lamparina a Maronna”. Ragazzi facciamo un falò in onore dell’Immacolata, così si sente dire fra i ragazzi della marina, ancora oggi che siamo nel terzo millennio, questa tradizione è nata dopo l’eruzione dell’8 dicembre 1861 quando la lava minacciava Torre del Greco. I torresi si rivolsero l’ Immacolata chiedendo la grazie e la ebbero. La città fu molto danneggiata ma non distrutta. Quindi per voto fatto e per ringraziamento, in ogni piazza o slargo di Torre del Greco la sera del 7 dicembre si faceva la ‘lamparina’. Fu scelto l’elemento fuoco perché è il simbolo di purificazione e di fede, da sempre usato dagli uomini per ringraziare le divinità. Nei primi secoli di Roma, i collegi delle vestale avevano l’incarico di conservare il fuoco senza farlo mai spegnere. Adesso questa tradizione è rimasta solo nelle zone più antiche di Torre e già dal mese di settembre-ottobre si raccoglie la legna da ardere, e per una legge della comunità non scritta e compito dei ragazzi; perché questi hanno tanta energia, tempo libero, entusiasmo e spensieratezza e vedono nelle fiamme il loro ardore di gioventù e voglia di crescere. Il materiale da bruciare viene raccolto il pomeriggio, ,dopo l’uscita dalla scuola e nascosto nei posti più impensati, da bande di ragazzi dall’età di otto- quindici anni. Poi ben custodito e sorvegliato per non farlo rubare da altre bande rivali. Quindi girano per vicoli e strade alla ricerca una “guagliunera”, che chiede alla gente sulle case “Signò, tenisseve ‘rrobba vecchia?”. Nasce così una gerarchia tra loro ed una rivalità e agonismo fra ragazzi di altri quartieri, con lo scopo di chi fa una “lamparina” più grande e che dura di più. Così la sera del sette dicembre tra la nenia struggente delle novene dei zampognari, che girano trai vicoli, le logge e i cortili, si compone una grande pira, fatta da vecchi mobili, porte, ante di finestre, e qualche tronco. Io ricordo da piccolo, a largo Bandito, che per avviare il fuoco della nostra “lamparina”, andavamo a comprare delle fascine da “N ’duliniello”, il fornaio, al largo San Giuseppe alle Paludi (costavano 25 lire ognuna). Accesa la pira, stavamo tutti intorno grandi e piccoli a riscaldarci. Noi ragazzi eravamo entusiasmati ad osservare le lunghe lingue di fuoco, rosso- giallo che assumevano sempre forme diverse, poi le scoppiettanti faville di fuoco che salivano in cielo. Poi ad una certa ora i ragazzi andavano a dormire (si perché allora si andava a dormire presto, poi, con l’avvento della TV, dopo “Carosello tutti a nanna”) e gli adulti si intrattenevano volentieri intorno al fuoco della ormai grande brace e li se incominciava a sentire la prima atmosfera natalizia, fino alle quattro del mattino, quando tutti infreddoliti andavano a sentire, come succede ancora  



 

 

 

 

oggi, la prima messa della giornata dell’otto dicembre, nella basilica di Santa Croce. “Tu scendi dalle stelle, o re del cielo... com’è bello quel bambino che riposa sopra il fieno..." e fra queste note la chiesa è gremita di fedeli ed il grande carro votivo trionfa fra loro, aspettando la sua uscita per le strade di Torre per essere acclamato. Poi gli stessi ragazzi autori del falò, al mattino seguono la processione del carro votivo, con altri piccoli carri, costruiti da loro. Dai balconi al passaggio del carro, sono esposti i copertini, e si lanciano bigliettini colorai augurali, e le donne si “ngegnano” i loro cappotti e vestiti. Questo è un esempio di grande fede dei torresi verso la mamma degli uomini. Attualmente questi falò sono giustamente vietati dalle autorità , il progresso ha cambiato il nostro modo di vivere e le nostre tradizioni, per le strade ci sono automobili e traffico, strade asfaltate, tubi del gas e impianti elettrici ne] sottosuolo e impianti a vista sugli edifici. Ma, per non dimenticare questa bella tradizione si potrebbero creare dei posti adatti per questo falò,come fanno molti paesi di provincia, ed essere controllati da persone competenti, perché quando una città o un paese perde le sue tradizioni perde l’anima.

P.S. una notizia che ho saputo all’ultimo momento da un venditore di patate e cipolle. Questi vedendo i ragazzi che trasportavano il legno per il falò dell’Immacolata, 'mi ha raccontato che anche al suo paese ad Afragola fanno questa tradizione. Questo l’ha portato sua nonna Del Prete Raffaele, nata a Torre del Greco, andata ad abitare lì' circa quarant’ anni fa, nella località “Miezo a Viscuria” vicino alla chiesa di Sant’Antonio. Attualmente a mezza notte del sette dicembre, in onore della Madonna di Torre (così viene chiamato) si accendono circa quaranta falò.