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'U bbarriciello

di Peppe D'Urzo

 

Transitando oggidì per via Cesare Battisti nel tratto di curva di fronte la Cassa Marittima, ti imbatti in un piccolo bar, denominato "Gran Caffè – Bar Italia", il cui gestore in un tempo che fu, è stato Giuseppe Farese, da molti ricordato come "Don Peppe ’u mericano" ed anche "Capa ianca" (dalla fluida e bianca chioma di capelli). Il locale fu aperto nel 1954 al civico 46 di via Cesare Battisti che allora era un lungo tratto di strada tranquilla (certamente non quella che conosciamo oggi) con pochi palazzi con cortili e spazi gentilizi. I fabbricati sono aumentati nel corso del tempo fino alla realizzazione del Rione Raiola col primo e secondo lotto, verso la metà degli anni ’60.
Nel 1952 fu edificato un importante centro sanitario polifunzionante che prese il nome di Cassa Marittima Meridionale (in precedenza era ubicata alla fine di C/so Avezzana, scendendo sulla destra), per le esigenze dei numerosi marittimi torresi e delle loro famiglie.

         

Essa nacque grazie alla Previdenza marinara ed al consorzio di vari armatori; la sede centrale si trovava a Napoli già da tempo in via De Pretis. All’interno della nuova struttura di trovavano, oltre agli uffici amministrativi, stanze ambulatoriali, un centro per aerosol, la farmacia (per importanti medicine), ecc.; veniva anche distribuita l’acqua "Fiuggi" per i malati di calcoli. V’erano sempre lunghe file di persone sui marciapiedi in attesa del numero della prenotazione medica; la gente si metteva in fila, già alle prime ore del giorno, partendo dagli ex Molini Meridionali Marzoli.
Salendo ai piani superiori si trovano dei cancelli con la scritta in ferro battuto, nella parte inferiore "Navigare necesse est", a testimonianza di più di mezzo secolo di attività. Si ricordano fra direttori sanitari, amministrativi e medici: Angelo Maturi, Palmerino Altiero, S.re Raiola, f.lli  Cervasio, G.nni Sessa, Veneziani, Castellano, Ascione, Maggese, M/le Izzo, Ventimiglia. F.sco Brancaccio, F. Piediferro, Ernesto Ginna, ecc. Fra le guardie giurate che ivi hanno prestato servizio: Vito Rivieccio, G.ppe Tortora, Peppino Carbone e Sito Vittorio.

       

La Cassa aprì negli anni ’70 un reparto di radiologia in via Cimaglia, mentre sulla banchina di ponente del nostro porto, nella Casa del Pescatore, c’era un medico con un infermiere per i pescatori locali. Negli anni ’20 esisteva a Torre un ufficio per l’imbarco dei marittimi ed eventuale previdenza ed assistenza, al C/so V. Emanuele (ex negozio "Scognamiglio fiori)".
Al presente in via Cesare Battisti n. 31 (ex 13/A) troviamo, all’ingresso, un targa metallica con su scritto: "Ministero della Sanità – Ufficio di Sanità Marittima ed Aerea - Servizio Assistenza Sanitaria Naviganti".
Non ci sono le file di una volta, ma i marittimi nostrani sono

         sempre tanti, ed in attesa della visita medica, vanno a gustare un buon caffè con cornetto ed altro c/o il bar "Italia", ristrutturato nel tempo. Ma andando indietro nel tempo, vogliamo

                             

rievocare il suo primo e legittimo titolare, e cioè: Giuseppe Farese, nato a Torre del Greco il 04/11/1906 ed ivi deceduto il 25/01/1988, da Luigi e Maria Luigia Galasso; terzo di cinque figli, nel 1929, all’età di ventitre anni, dopo aver servito la patria nella Regia Marina (obblighi di leva), emigrò negli Stati Uniti con il fratello Achille. Questi, pochi anni dopo, mori tragicamente per una congestione causatagli da una bibita ghiacciata, bevuta in un solo sorso, in una calda giornata estiva. Il "drame" si consumò al porto di New York dove, per sbarcare il lunario, i due fratelli scaricavano merci dalle navi in arrivo. Inevitabilmente funesta fu per Achille la ricerca di refrigerio.
Giuseppe aprì nel 1932 una piccola trattoria a Brooklyn in President Street. Le cose cominciarono ad andare decisamente meglio ed il locale era molto frequentato; era il periodo del post "new deal" e si era in piena depressione economica; non era raro che artisti squattrinati pagassero il conto suonando il mandolino per i clienti o dipingendo un quadretto nel piatto nel quale avevano mangiato.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, con l’entrata in guerra dell’America, il nostro "Don Peppe" non volle combattere contro i suoi connazionali; servì la bandiera a stelle a strisce, andando in un ospedale militare, come cuoco. Finite le ostilità belliche, con la gente che guardava al futuro con immensa fiducia, gli capitò nel 1947 una sciagurata rovina, nel mentre il suo destino americano gli marcasse un nuovo orizzonte. Una valvola di gas lasciata aperta in cucina, improvvisamente, provocò un accumulo di gas che esplose alla prima scintilla; la trattoria fu seriamente danneggiata ed alcuni avventori rimasero feriti. Il risarcimento che dovette pagare lo ridusse povero come quando era partito per l'America.
Ritornò in Italia nello stesso anno  e subito si inserì  nel mondo lavorativo, sempre come cuoco, su navi norvegesi; la perfetta conoscenza  della lingua inglese molto l'aiutò, la paga era buona e ciò gli consentì di  sposare Maddalena Vitiello (1922/2002) in data 08/08/1949 e di mettere da parte un gruzzoletto per aprire nel 1954 "’U barriciello" in via C. Battisti (con con attigua abitazione).

             

Questo "trait de rue" signorile e placido era ideale per le passeggiate in primavera ed estate di innamorati e famiglie che si recavano al porto e "rint ’a scala".
"Capa ianca" iniziò l’attività con la "caffettiera a sedici tazze", usando, inizialmente la "spiritiera" (specie di fornellino). Nelle meravigliose ed incontaminate ore serali primaverili, egli sedeva fuori il locale su di uno scanno di legno che è stato suo compagno per oltre ottanta anni. Negli anni ’50 il rione Raiola non esisteva; al suo posto v’era un bel giardino con una casa rustica, residenza estiva di un industriale del nord Italia. Intorno a questa villetta solo campagna. I primi tempi furono un po’ duri, poi le cose cominciarono ad andar benino ed il "petit cafè" cominciò a svilupparsi nel modo dovuto; iniziava il "boom" economico italiano.
In quei quindici metri quadrati, sarà passata tutta Torre del Greco, a comprare il "tripulino" o il biscotto all’amarena. Nel 1987, dopo 34 anni di onorata attività, il "barriciello" chiuse i battenti e Giuseppe aveva ormai 81 anni; l’anno successivo morì e finì l’epoca di questo mitico locale. Buona parte della sua vita la trascorse in questo negozio e vi era talmente radicato che quando si rese obbligatorio la chiusura, durante la settimana, non sapeva come impiegare quel tempo; usciva di casa, e ne rientrava dopo un quarto d’ora, riusciva e rientrava, riusciva e rientrava.
Dal mese di giugno del 1987 si sono alternati altri gestori: Maria Di Cristo, coadiuvata dal marito Roberto Di Sauro fino all’aprile del 2002, poi un certo Gennaro.
"Don Peppe" era una persona alta e robusta, dal forte carattere, riservato, uomo di fatica: casa e lavoro. In considerazione della sua struttura fisica, si rimembra che quando entrava nel "barriciello" doveva leggermente calare il capo, diversamente, ne toccava il soffitto. Un caro saluto rivolgiamo ai figli: Luigi (1950), Aniello (1952) ed altre due sorelle, per la riuscita di questo raccontevole "amacord" di uno storico e memorabile personaggio, figlio di una Torre del Greco che, ahimé non c’e più.


Le foto: Giuseppe Farese ("Don Peppe ’u mericano"; 1906/1988); col nipote Giuseppe junior, all’interno del "barriciello" (Natale 1982); folla in fila alla conquista di un numero (fine anni ’60); la Cassa Marittima Meridionale al presente; l’attuale "Super Caffè - Bar Italia" l’America.