Spegni la fiamma


La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui raconto
e
 
altre non ne conosco perché solo
di me so qualcosa se lo so..."
Da "L'oro di Napoli" Giuseppe Marotta

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Thanatos

Ieri sera, io ed un mio amico, dibattevamo circa i massimi sistemi od almeno tra essi quello che sempre amiamo rifuggire: la morte. Già il nome di per sé è temibile e confesso che solo a sentirlo pronunciare fa gelare il sangue nelle arterie. E poi un dubbio atroce, come si deve scrivere la morte o molto più rispettosamente La Morte? E, se vogliamo, anche la thanatos greca ha un suono lugubre che certo non induce all’allegria, e l’inglese the death sa di taglio netto, è un tirare le cuoia senza alcun indugio, senza che ci possa essere alcun scampo.
Il tutto è iniziato discorrendo di zie o di nonne centenarie che, lucidissime, non ne vogliono sapere di esalare l’ultimo respiro malgrado la pletora di acciacchi che si ritrovano. Alcune, in verità, vorrebbero anche lasciarsi andare nella speranza semmai di ricongiungersi ad antichi spasimanti, morti da un pezzo e ormai ridotti in poltiglia.
Niente! Al primo starnuto o ad un lieve rialzo del mercurio è un accorrere di familiari che, con veglie, nenie e supposte, intimoriscono la signora dalla triste figura al punto da farla scappare a gambe levate.
Ed allora il dilemma, sputare l’anima in una età accettabile, diciamo tra gli ottanta e gli ottantacinque anni, semmai tranciati nel sonno da un colpo apoplettico o trascinarsi sine die, tra clisteri e lavaggi? E vivendo in modo così pervicace,a pensarci, è facile che si possa incappare in una salva di tragedie che si fa fatica anche ad enumerare
Io no so, ma di sicuro Monicelli avrà seguito il filo di questi pensieri prima di buttarsi giù dalla finestra della clinica nella quale era ricoverato,e lo stesso anche il poeta ungherese Sandor Marai che, a novanta anni suonati, si tira a bruciapelo un colpo di rivoltella alla tempia, preso com’era dal terrore di essere medicalizzato.
In fondo, come pure amava asserire il grande Eduardo, non è la morte in sé che incute timore, ma l’attimo che la precede, quella manciata di secondi,entro i quali prendiamo coscienza che nulla più sarà come prima. E così Amleto:
Morire, dormire.
Niente altro.
E dire che col sonno mettiamo fine
al dolore del cuore e ai mille colpi
che la natura della carne ha ereditato
È un epilogo da desiderarsi devotamente.
Morire, dormire.
Dormire, forse sognare: ah, c'é l'ostacolo,
perchè in quel sogno di morte
il pensiero dei sogni che possano venire,
quando ci saremo staccati dal tumulto della vita,
ci rende esistanti….
Buona fortuna

Come a un ipotetico assalto al castello,stamane verso le 12 tutti al Palazzo Baronale a contestare il Sindaco e il suo piano urbanistico da quattro soldi.
Non dobbiamo desistere, non dobbiamo farci prendere dallo scoramento, dal quel sentore di fatalismo che… tanto quelli fanno sempre quello che vogliono.
La scala non si tocca! E a tal proposito, come in ogni sana democrazia, noi esigiamo che si faccia un referendum a . E a questo punto noi rilanceremo, proporremmo che quei 7 milioni di euro vengano spesi per riattare tutta la zona mare come nel racconto di sotto e quindi creare le premesse per un sano sviluppo economico.

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Non solo la scala non va demolita, anzi noi vogliamo che essa venga riattata e che anche le si dia un po’ di belletto con vasi di fiori ed altro. Ciro…. In Svizzera si fa così! O no!

Il sogno

Martin Luther King, nel 1963, in un suo famoso discorso diceva:I have a dream. Anch’io ho un sogno, quasi irrealizzabile, ma, dicevo, appunto, un sogno:
Come nella metamorfosi di Kafka, ma un po’ diversamente, una mattina, tutti gli abitanti del quartiere di Torre, che lambisce il mare, e detto, appunto, in dialetto, abbasciammare, si svegliarono trasformati, ma subito non ne ebbero la percezione . Aperti gli occhi, si guardarono attorno attoniti, si strofinarono gli occhi come a non volerci credere. Possibile? Si dicevano, esterrefatti. Abbiamo vissuto cosi’ supinamente, senza fare alcunchè, in un degrado simile? Cosi’, come ubbidienti ad un ordine supremo, tutti uscirono di casa, finanche i bambini e addirittura i vecchi, qualcheduno pure con il bastone.
Armati di scope, di pennelli, di pittura, alacremente e con fare allegro, dandosi di tanto in tanto la voce, in men che non si dica, ripulirono il quartiere. Poi vennero, gli imbianchini, i giardinieri, i carpentieri, tutti insomma, e cosi’ dopo un pò lo spettacolo che si presentò ai loro occhi li soddisfò appieno.
I palazzi che affacciano su via Libertà e sulla sua traversa, tutti di architettura sobria del primo novecento, furono ritinteggiati con colori lievi, colori pastello, dall’azzurrino al giallo paglierino, tutti in armonia tra loro.
Furono ripristinati gli archi di piperno con i rispettivi portoni in legno massiccio la dove barbaramente, a suo tempo, erano stati rimossi e sostituiti con banali e orrendi infissi anodizzati. Furono ricreati i giardini interni che, all’uso moresco, preesistevano internamente ai palazzi e che durante la calura, d’estate, davano conforto e refrigerio agli abitanti.
Una marea di vasi con gerani rossi fecero capolino, come dal nulla, da tutti i balconi. Vasi enormi con glicini, adorni di grappoli azzurri, e di gelsomini odorosi comparvero all’ingresso dei palazzi. Tende variopinte, tante, adornarono le balconate. Insomma un turbinio di colori, di odori da togliere il fiato. Da far girar la testa, quasi a far venir meno… è la sindrome di Stendhal ?
Di bellezza si può anche morire, certo, ma in definitiva, fra tante, non sarebbe forse la morte più desiderabile?
La notizia della rivoluzione, perchè di rivoluzione si trattava, fece il giro del mondo. Arrivarono giornalisti da ogni dove. Corso Garibaldi era incredibile, il mare non era più negato. Tutto ciò che di brutto era stato edificato, finanche sugli scogli, fu fatto saltare. Il mare tornò color cobalto, aprirono bar con tavolini al’aperto, una musica lieve e stupenda correva nell’ aria quasi ad accarezzarti l’anima. Di notte anche il mare tornò a far risentire la sua voce.
Il negozio di mio padre divenne una biblioteca, libri in ogni dove, e addirittura ragazzini sui muretti che leggevano e, miracolo, i libri non erano nè di Volo, nè di Moccia.
Capitali e finanziatori comparvero in città, i cantieri ripresero… e Deiulemar e tutta a la sua stirpe, come Mardoff in America, andò in galera senza mai più uscirne.
Fine del sogno, la metamorfosi non è avvenuta…. Ma mi chiedo, un pò scorato: possibile che da noi le cose che, in altri paesi sono normale prassi, debbano avvenire solo in sogno, a livello onirico? Appunto… i have a dream.