I GIOCHI DEL DOPOGUERRA


La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui racconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa
se lo so..."
               
                             Giuseppe Marotta

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Una sera, d’estate
In una di quelle sere estive che le stelle sembra quasi che si possano toccare con mano, se ne stava in canottiera, steso sulla pece dell’astico ancora calda di sole, e affogava tutto se stesso nella volta luminosa,quasi come ad essere un tutt’uno con il firmamento. 
Era giovanissimo allora, quasi un ragazzo. Con la pelle annerita dal sole e che ancora tratteneva l’odore del mare, fremeva nell’attesa. Di giù giungevano voci divertite nel bel dialetto di allora ed un jukebox in lontananza spargeva nell’aria le note struggenti di una canzone di Neil Sedaka: i capricci tuoi son cose ridicole….scendi, scendi giù dalle nuvole…
Rivedeva ancora il suo sorriso e i suoi splendidi occhi verdi. Quella mattina si erano incrociati nell’androne del palazzo e lui, un po’ bruscamente l’aveva trattenuta per un braccio. 
“Verìmmoce stasera ncoppa a ll'astico, te voglio rìcere roi parole” Lei non aveva risposto, solo un sorriso, un accenno di risata e poi era scappata via. Che bello era vederla correre, che bello il suo sedere e le gambe, poi…
In quegli attimi di attesa, guardava le stelle . Delle costellazioni, non aveva mai imparato il nome, che peccato. Ricordava da bambino un’amica di una sua zia che abitava all’ultimo piano di un palazzo e di sera, quando la vedeva salire le scale, ingenuamente, pensava che lei dormisse sulle stelle, così luminose imm erse com’erano in un cielo di un blu profondo incantevole.
Ecco un rumore: è lei che sta venendo. ”Vittò, addó staie, nun te veco”. Senza che minimamente se ne avvedesse fu dietro di lei e così l’abbracciò. Ancora avverte la morbidezza del suo seno ed il suo odore che lo faceva morire.
Ma che fai? E ridendo, scappò a nascondersi tra le lenzuola bianche stese ad asciugare. Scappa di qua, scappa di là, si trovarono alla fine uno nelle braccia dell’altra. Si baciarono intensamente, e i suoi baci avevano un sapore di cannella che nel tempo, indelebile, gli è rimasto impresso nella mente.
Quella sera, sul parapetto che sembrava protendere sul mare, si dissero tante cose e tante carezze si diedero.” Teresinaaaa, addò stai” gridò, ad un tratto, la mamma da giù, Fini così l’incanto, scappò via senza neanche salutarlo.
Pochi giorni dopo parti con tutta la famiglia . il padre aveva trovato lavoro in Germania e così non si rividero più.
Ed ieri sera, passeggiando per Torre, ecco che Vittorio si imbatte in un manifesto mortuario: Teresa….non è più. I funerali si svolgeranno a Colonia…. Un colpo al cuore! Ad un tratto, quasi impercettibile, avvertì quell’odore di cannella di cui sapevano i suoi baci. Addio Teresì.

 

L’eredità

I bambini capiscono tutto, anche se non lo danno a vedere Colgono ogni sfumatura, ed hanno la sensibilità di intuire i nostri malesseri e le nostre inadeguatezze. Essi sono migliori di noi, al punto che forse non li meritiamo. E ’ un po’ come se dentro il loro cuoricino portassero ancora uno spicchio di Paradiso, un sentore di Armonia di cui noi grandi non serbiamo più alcuna traccia.
Li guardo, a volte, i miei nipoti, così piccoli, così vulnerabili in un mondo, il nostro, che non è certo una valle di delizie. Ci saranno certamente nella loro vita, come in quella di tutti d’altronde, momenti buoni, punte di felicita ma non mancheranno le linee d’ombra da attraversare, momenti ostici da affrontare, in una realtà qual è la nostra che non lesina asperità.
Al più grande, Marco,gli ho fatto vedere la mia libreria e come nei film gli ho detto: un giorno tutto questo sarà tuo. Mi ha guardato e mi ha sorriso. Certo piccolo com’è, circa due anni, non avrà capito quel che intendevo. Ma la cosa importante è che acquisisca familiarità con questi oggetti portentosi, unici baluardi contro le barbarie. Sì, i libri, le uniche armi di cui disponiamo per contrastare le intolleranze e le verità dogmatiche foriere di tante sciagure.


Il patto di Faust

Attraversavamo allora, noi ragazzi, la linea di costa che da san Giuseppe alle paludi mena alla Litoranea bordeggiando il camminamento della ferrovia, uno dietro l’altro, celiando o canticchiando “azzurro”. Di basso luccicava un mare d’incanto che sfumava dal verde vitreo sottocosta fino a stemperare in un blu profondo un po’ più al largo. Senza che ce ne avvedessimo si perveniva nella piccola baia del

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laghetto, un’oasi d’incanto con l’arenile di pietrisco e chiuso da scogli magmatici.
 E l’acqua era così limpida che ne scorgevamo i fondali di posidonia con i ricci dai mille colori e i pesci, tanti, che qui dimoravano. Vi trascorrevamo tutta la giornata come leoni al Sole nuotando e pescando tofe, ricci, cozze….
Ecco allora noi si era immersi nella Bellezza e davamo per scontato che nulla sarebbe cambiato , che sempre avremmo goduto di quelle delizie, ed invece….
Ripercorrendo, oggi, lo stesso tratto, fin dove attualmente esso è ancora percorribile, si è presi dallo sgomento tanto quell’antica bellezza sia stata imbrattata. Oggi è un paesaggio spento, una tavolozza dai colori sporchi, e non un angolo è stato risparmiato dall’insipienza di noi tutti.
Da piccolo,ricordo, che mi terrorizzarono alcune scene del Faust con Gerard Philipe.Quel cedere la propria anima al diavolo per poche cianfrusaglie fu per me un incubo persistente che mi accompagnò per un bel po’.
A pensarci adesso, davanti a questo paesaggio drammaticamente stravolto, si ha come l’impressione che un po’ noi tutti abbiamo vergato con il nostro pugno quella triste pergamena barattando l’Armonia con un manciata di perline colorate.

IL DOPOGUERRA

Da ragazzo, erano gli anni grami del dopoguerra, non sognava che cose da mangiare, piatti succulenti , , manicaretti sontuosi,comunque miraggi in un deserto di fame atavica. Come in una sequenza di fotogrammi rabberciati alla meglio, ecco scorrergli davanti agli occhi montagne di fettuccine stillanti sugo di pomodoro ed innevate abbondantemente di parmigiano, tianielli stracolmi di polpette, braciole, cotiche immersi nel ragù, placche di agnello con patate al forno, calamari
 ripieni e poi dolci,e tante, tante torte…..Finalmente! Ora poteva buttarsi a capofitto in quel mare di ben di Dio. Ma ecco che appena agguantava un cosciotto di agnello od una polpetta e faceva la mossa di divorarli,pof, si svegliava. Apriva gli occhi, delusione atroce, si trovava in casa sua, un freddo che pungeva le carni ed in cucina solo pane raffermo e cipolle, e neanche il conforto di una goccia di olio.
Ora, a distanza di tanti anni vive in una casa confortevole, il frigorifero è stracolmo di delize e, volendo potrebbe divorare un bue intero…. Ma non può, ha il diabete e il colesterolo a mille.
Una nemesi tragica, quasi un essere preso per i fondelli dalla vita, …… una pernacchia stratosferica.


L’eredità

I bambini capiscono tutto, anche se non lo danno a vedere Colgono ogni sfumatura, ed hanno la sensibilità di intuire i nostri malesseri e le nostre inadeguatezze. Essi sono migliori di noi, al punto che forse non li meritiamo. E ’ un po’ come se dentro il loro cuoricino portassero ancora uno spicchio di Paradiso, un sentore di Armonia di cui noi grandi non serbiamo più alcuna traccia.
Li guardo, a volte, i miei nipoti, così piccoli, così vulnerabili in un mondo, il nostro, che non è certo una valle di delizie. Ci saranno certamente nella loro vita, come in quella di tutti d’altronde, momenti buoni, punte di felicita ma non mancheranno le linee d’ombra da attraversare, momenti ostici da affrontare, in una realtà qual è la nostra che non lesina asperità.
Al più grande, Marco,gli ho fatto vedere la mia libreria e come nei film gli ho detto: un giorno tutto questo sarà tuo. Mi ha guardato e mi ha sorriso. Certo piccolo com’è, circa due anni, non avrà capito quel che intendevo. Ma la cosa importante è che acquisisca familiarità con questi oggetti portentosi, unici baluardi contro le barbarie. Sì, i libri, le uniche armi di cui disponiamo per contrastare le intolleranze e le verità dogmatiche foriere di tante sciagure.