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Una sera, d’estate
In una di quelle sere estive
che le stelle sembra quasi che si possano toccare con mano,
se ne stava in canottiera, steso sulla pece dell’astico
ancora calda di sole, e affogava tutto se stesso nella volta
luminosa,quasi come ad essere un tutt’uno con il firmamento.
Era giovanissimo allora,
quasi un ragazzo. Con la pelle annerita dal sole e che
ancora tratteneva l’odore del mare, fremeva nell’attesa. Di
giù giungevano voci divertite nel bel dialetto di allora
ed un jukebox in lontananza spargeva nell’aria le note
struggenti di una canzone di Neil Sedaka: i capricci tuoi
son cose ridicole….scendi, scendi giù dalle nuvole…
Rivedeva ancora il suo sorriso e i suoi splendidi
occhi verdi. Quella mattina si erano incrociati nell’androne
del palazzo e lui, un po’ bruscamente l’aveva trattenuta per
un braccio.
“Verìmmoce stasera ncoppa a ll'astico, te voglio
rìcere roi parole” Lei non aveva risposto, solo un sorriso,
un accenno di risata e poi era scappata via. Che bello era
vederla correre, che bello il suo sedere e le gambe, poi…
In quegli attimi di attesa, guardava le stelle .
Delle costellazioni, non aveva mai imparato il nome, che
peccato. Ricordava da bambino un’amica di una sua zia che
abitava all’ultimo piano di un palazzo e di sera, quando la
vedeva salire le scale, ingenuamente, pensava che lei
dormisse sulle stelle, così luminose imm erse com’erano in
un cielo di un blu profondo incantevole.
Ecco un rumore: è lei che sta venendo. ”Vittò, addó
staie, nun te veco”. Senza che minimamente se ne avvedesse
fu dietro di lei e così l’abbracciò. Ancora avverte la
morbidezza del suo seno ed il suo odore che lo faceva
morire.
Ma che fai? E ridendo, scappò a nascondersi tra le
lenzuola bianche stese ad asciugare. Scappa di qua, scappa
di là, si trovarono alla fine uno nelle braccia dell’altra.
Si baciarono intensamente, e i suoi baci avevano un sapore
di cannella che nel tempo, indelebile, gli è rimasto
impresso nella mente.
Quella sera, sul parapetto che sembrava protendere
sul mare, si dissero tante cose e tante carezze si diedero.”
Teresinaaaa, addò stai” gridò, ad un tratto, la mamma da
giù, Fini così l’incanto, scappò via senza neanche
salutarlo.
Pochi giorni dopo parti con tutta la famiglia . il
padre aveva trovato lavoro in Germania e così non si
rividero più.
Ed ieri sera, passeggiando per Torre, ecco che
Vittorio si imbatte in un manifesto mortuario: Teresa….non è
più. I funerali si svolgeranno a Colonia…. Un colpo al
cuore! Ad un tratto, quasi impercettibile, avvertì
quell’odore di cannella di cui sapevano i suoi baci. Addio
Teresì.
L’eredità
I bambini capiscono tutto, anche se non lo danno a vedere
Colgono ogni sfumatura, ed hanno la sensibilità di intuire i
nostri malesseri e le nostre inadeguatezze. Essi sono
migliori di noi, al punto che forse non li meritiamo. E ’ un
po’ come se dentro il loro cuoricino portassero ancora uno
spicchio di Paradiso, un sentore di Armonia di cui noi
grandi non serbiamo più alcuna traccia.
Li guardo, a volte, i miei nipoti, così piccoli, così
vulnerabili in un mondo, il nostro, che non è certo una
valle di delizie. Ci saranno certamente nella loro vita,
come in quella di tutti d’altronde, momenti buoni, punte di
felicita ma non mancheranno le linee d’ombra da
attraversare, momenti ostici da affrontare, in una realtà
qual è la nostra che non lesina asperità.
Al più grande, Marco,gli ho fatto vedere la mia libreria e
come nei film gli ho detto: un giorno tutto questo sarà tuo.
Mi ha guardato e mi ha sorriso. Certo piccolo com’è, circa
due anni, non avrà capito quel che intendevo. Ma la cosa
importante è che acquisisca familiarità con questi oggetti
portentosi, unici baluardi contro le barbarie. Sì, i libri,
le uniche armi di cui disponiamo per contrastare le
intolleranze e le verità dogmatiche foriere di tante
sciagure.
Il patto di Faust
Attraversavamo allora, noi ragazzi, la linea di costa che da
san Giuseppe alle paludi mena alla Litoranea bordeggiando il
camminamento della ferrovia, uno dietro l’altro, celiando o
canticchiando “azzurro”. Di basso luccicava un mare
d’incanto che sfumava dal verde vitreo sottocosta fino a
stemperare in un blu profondo un po’ più al largo. Senza che
ce ne avvedessimo si perveniva nella piccola baia del |
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laghetto,
un’oasi d’incanto con l’arenile di pietrisco e chiuso
da scogli magmatici.
E l’acqua era così limpida che ne
scorgevamo i fondali di posidonia con i ricci dai mille
colori e i pesci, tanti, che qui dimoravano. Vi
trascorrevamo tutta la giornata come leoni al Sole nuotando
e pescando tofe, ricci, cozze….
Ecco allora noi si era immersi nella Bellezza
e davamo per scontato che nulla sarebbe cambiato , che
sempre avremmo goduto di quelle delizie, ed invece….
Ripercorrendo, oggi, lo stesso tratto, fin
dove attualmente esso è ancora percorribile, si è presi
dallo sgomento tanto quell’antica bellezza sia stata
imbrattata. Oggi è un paesaggio spento, una tavolozza dai
colori sporchi, e non un angolo è stato risparmiato
dall’insipienza di noi tutti.
Da piccolo,ricordo, che mi terrorizzarono
alcune scene del Faust con Gerard Philipe.Quel cedere la
propria anima al diavolo per poche cianfrusaglie fu per me
un incubo persistente che mi accompagnò per un bel po’.
A pensarci adesso, davanti a questo paesaggio
drammaticamente stravolto, si ha come l’impressione che un
po’ noi tutti abbiamo vergato con il nostro pugno quella
triste pergamena barattando l’Armonia con un manciata di
perline colorate.
IL DOPOGUERRA
Da ragazzo, erano gli anni grami del dopoguerra, non sognava
che cose da mangiare, piatti succulenti , , manicaretti
sontuosi,comunque miraggi in un deserto di fame atavica.
Come in una sequenza di fotogrammi rabberciati alla meglio,
ecco scorrergli davanti agli occhi montagne di fettuccine
stillanti sugo di pomodoro ed innevate abbondantemente di
parmigiano, tianielli stracolmi di polpette, braciole,
cotiche immersi nel ragù, placche di agnello con patate al
forno, calamari ripieni
e poi dolci,e tante, tante torte…..Finalmente! Ora poteva
buttarsi a capofitto in quel mare di ben di Dio. Ma ecco che
appena agguantava un cosciotto di agnello od una polpetta e
faceva la mossa di divorarli,pof, si svegliava. Apriva gli
occhi, delusione atroce, si trovava in casa sua, un freddo
che pungeva le carni ed in cucina solo pane raffermo e
cipolle, e neanche il conforto di una goccia di olio.
Ora, a distanza di tanti anni vive in una
casa confortevole, il frigorifero è stracolmo di delize e,
volendo potrebbe divorare un bue intero…. Ma non può, ha il
diabete e il colesterolo a mille.
Una nemesi tragica, quasi un essere preso per
i fondelli dalla vita, …… una pernacchia stratosferica.
L’eredità
I bambini capiscono tutto, anche se non lo
danno a vedere Colgono ogni sfumatura, ed hanno la
sensibilità di intuire i nostri malesseri e le nostre
inadeguatezze. Essi sono migliori di noi, al punto che forse
non li meritiamo. E ’ un po’ come se dentro il loro
cuoricino portassero ancora uno spicchio di Paradiso, un
sentore di Armonia di cui noi grandi non serbiamo più alcuna
traccia.
Li guardo, a volte, i miei nipoti, così piccoli, così
vulnerabili in un mondo, il nostro, che non è certo una
valle di delizie. Ci saranno certamente nella loro vita,
come in quella di tutti d’altronde, momenti buoni, punte di
felicita ma non mancheranno le linee d’ombra da
attraversare, momenti ostici da affrontare, in una realtà
qual è la nostra che non lesina asperità.
Al più grande, Marco,gli ho fatto vedere la mia libreria e
come nei film gli ho detto: un giorno tutto questo sarà tuo.
Mi ha guardato e mi ha sorriso. Certo piccolo com’è, circa
due anni, non avrà capito quel che intendevo. Ma la cosa
importante è che acquisisca familiarità con questi oggetti
portentosi, unici baluardi contro le barbarie. Sì, i libri,
le uniche armi di cui disponiamo per contrastare le
intolleranze e le verità dogmatiche foriere di tante
sciagure. |