ALBA CORALLINA


La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui raconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa se lo so..."
               
  Giuseppe Marotta

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Un incontro fugace

Il camion militare arrivò ad Occhiobello, nei pressi di Rovigo, di mattina presto. Avevamo viaggiato di notte partendo da Udine, dov’era la nostra caserma. Il viaggio non era stato molto agevole, solo un telone come difesa al freddo intenso di quell’inizio primavera del 1970. In quell’anno ero militare ad Udine ed eravamo stati mandati in quel paesino del profondo Veneto a svolgere il presidio elettorale in una scuola. 
Scendemmo nella piazza principale del paese nei pressi della chiesa:c’era un’atmosfera ferma, silenziosa
che solo il nostro vociare aveva interrotto. In giro non c’era nessuno. Il tenente che ci comandava ci mise in libertà, e noi iniziammo a scambiarci impressioni e a fare programmi su come trovare qualche ragazza. 
Intanto iniziammo a girovagare per le viuzze prospicienti la piazza: tutte deserte. C’erano dei bellissimi portici che la delimitavano e la chiesa aveva dei rosoni stupendi. In quell’anno nella provincia italiana si respirava ancora un’aria, una quiete che pochi anni più tardi verrà completamente stravolta. 
Lei era li con la sua bicicletta di campagna assieme al fratello più piccolo di qualche anno:aveva un’aria triste come di chi sente passare il tempo senza cogliere un pizzico di felicità. 
In quel periodo ero molto timido ed ero a disagio quando i miei compagni vantavano le loro conquiste in fatto di donne: fino ad allora, anche cercando, non ero riuscito a trovare niente che si potesse definire un’ avventura amorosa. 
Quando la vidi cercai di nascondere la mia ritrosia con un atteggiamento diciamo un po’ sfrontato, lei mi vide e mi sorrise. Mi avvicinai ma eravamo entrambi molto a disagio, non riuscivamo a fare alcunchè. 
Fu lei allora a prendere l’iniziativa : mandò via il fratello con una scusa, accostò la bicicletta alla colonna di un portico e mi diede la mano. Mi sembrava tutto cosi irreale: quella piazza, la ragazza e i nostri sguardi come incantati. 
Era molto bella con i suoi occhi azzurri che riflettevano un’innocenza che difficilmente avrei rivisto negli anni a venire. Mi prese per mano e mi condusse in una chiesa alquanto piccola. Da un lato c’era una sagrestia appartata ed immersa nell’oscurità, completamente deserta. Ci sedemmo su uno scanno e ci guardammo:allora una tempesta di pensieri attraversò la mia mente, non sapevo che iniziativa prendere, volevo baciare le sue labbra ma non potevo, la mia educazione faceva da freno. Che fare? 
Probabilmente anche lei avrà avuto i miei stessi scrupoli. Allora era così. Ma intanto il tempo passava
e l’incanto poteva scemare. Fu un lampo nel cielo, un attimo. Fui preso quasi di sorpresa: si alzò di scatto e mi diede un bacio sulla bocca veloce ma intenso. Corse via mentre io, attonito, rimasi bloccato nella mia posizione:era stato un bacio fugace ma aveva un sapore come di aria di primavera. 
Mi ripresi e la rincorsi più in fretta che potei, ma quando giunsi fuori sul portico lei aveva già inforcato la bicicletta . Andò via e non l’avrei più rivista. 
Allora non avrei mai immaginato, pur avendo avuto altre storie, che quel bacio mi sarebbe rimasto nell’anima e che, a distanza di tanti anni, non e’ mai andato via
 

Il Tempo

Se doveste chiedere ad un vecchio di cento anni, se la sua vita è stata abbastanza lunga, siatene certi che vi risponderà che essa è stata come un battito d’ali. Ed è vero, la nostra vita è drammaticamente breve. Il tempo corre inesorabile senza una benchè minima tregua. E come vidi in un film, le albe velocemente volgono al tramonto così come tanti bagliori che improvvisamente incupiscono. E così di giorno in giorno noi si addiviene a traguardi che ritenevamo lontanissimi e che invece sono già il nostro presente. Quando eravamo bambini già noi eravamo portati a considerare un quarantenne già un vecchio, e adesso che quell’età l’abbiamo superata da un pezzo, ci rendiamo conto di come il tempo si sia bruciato senza che noi ce ne accorgessimo. Le giornate sono brevissime, le ore corrono impazzite, e non si fa in tempo a mettere i piedi giù dal letto che già il crepuscolo avanza. E così si ha l’impressione di non avere tempo. Lo cerchiamo come l’ossigeno, ma esso corre, corre, corre, a perdifiato. E le nostre cose, tutto ciò che ci piacerebbe fare, vengono demandate più in là, in un futuro che potrebbe anche non esserci più. Ci sentiamo defraudati, traditi da quei battiti che non si fermano mai e che solo la noia, a volte, ha il potere di rallentare. E così, come in quei meriggi estivi, esso di botto sembra cessare la sua fuga, si avvertono i secondi che scivolano lentissimi e le lancette dei minuti quasi sembrano ferme tale che ci assopisce in un incanto fuori dl mondo. Anche l’attesa di un appuntamento d’amore cessa il tempo. Noi si vorrebbe che le lancette corressero a perdifiato fino al momento dell’incontro, ma esse sembrano incollate ed un minuto ha il sentore dell’eternità . Ma poi nient’alto lo rallenta. La ripetitività , i giorni che si susseguono tutti uguali gli danno vigore e così la sera, per tutti noi, arriva inesorabile ed inaspettata.

 

Incanto a Capri

Stava li’ riversa sugli scogli , la pelle ambrata,un corpo perfetto. Vittorio nel vederla, dal mare,ne rimase colpito.
Era talmente bella che smise di nuotare,si aggrappo ad uno scoglio e, cercando di non darlo a vedere, la osservo’ da lontano.

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Lei non si muoveva, sembrava dormire, e i suoi capelli color miele le coprivano parte del viso.
Era da poco tornato da Torino dove aveva prestato servizio militare,e con un amico ,Ciro, aveva deciso di trascorrere quella calda giornata di inizio agosto a Capri. Giunti nella magnifica insenatura di Marina piccola, non aveva resistito e si era tuffato in quelle acque cristalline.
Usci’ dal mare e, lentamente, le si avvicino’e le si accovaccio’ accanto. Lei continuava a dormire, o almeno a lui cosi’ sembrava. Stette li,in quella posizione un po’,poi ,come un istinto irrefrenabile,accosto’le sue labbra a quelle di lei,e la bacio’.Solo allora lei apri gli occhi. e che occhi,stupendi,di un verde intenso.
Gli sorrise,fu un incanto,quasi un ritrovarsi,eppure era la prima volta che si vedevano. Questo era un dono della vita, doni che difficilmente vengono concessi. Si chiamava Margareth ed era australiana,la sua citta’ era Brisbane.
Sii alzo’,era statuaria e anche un po piu’ alta di Vittorio, ma lui non se ne ebbe a male. Era bellissima!
Si tuffarono assieme,nuotarono al largo. Oggi, a distanza di tanto tempo,rimane in Vittorio il rammarico di non aver assaporato ,fino all’ultima stilla, quei momenti che nella vita possono essere irripetibili, Ma al momento non si sa, e s vive come se questo fosse un dono fra tanti.
Dalla spiaggia giungevano le note di una canzone che Vittorio ha sempre amato,” Tous les garçons et les filLES” di Francouse Hardy.
Il tempo come se si fosse fermato, i cuori battevano quasi all’unisono,il cielo era di uno splendido azzurro venato da qualche nube. Si fece ora di pranzo, si rivestirono ed iniziarono a girovagare tra le viuzze dell’isola. Si ritrovarono, ad un tratto, in una radura ,tra macchie odorose di oleandro e gigantesche agave con i loro falli possenti rivolti al cielo.
Distesi sull’erba, si baciarono ardentemente….fino all’estasi finale. Ad un tratto qualche goccia d’acqua poi addirittura uno scroscio. Ridendo come pazzi,che dico, si, va bene ,pazzi di felicita’, era si’ quella la felicita’, corsero a perdifiato verso una casa colonica di un bianco accecante. Si sedettero sui gradini del portico, al riparo della pioggia.
Lei gli racconto’ della sua vita, del padre violento che, ubriaco, spesso la picchiava. Lui le carezzo’ gli occhi e la bacio teneramente. La proprietaria della casa, invece di mandarli via, si avvicino’ con un involto in mano. Erano due bei panini al salame. Glieli diede con un sorriso. Forse dentro di lei aveva rivisto in loro la sua gioventu’ ormai svanita.
Mangiarono avidamente. Mai cibo fu piu’ buono! Si guardavano e non smettevano di sorridersi. Intanto un cane abbaiava e le cicale stordivano con il loro canto insistente.
Era ormai giunta per lei l’ora di tornare. Partiva assieme ad altri connazionali con un pullman turistico.
Sulla piazzetta assolata, si salutarono malinconicamente. Le mani si lasciarono lentamente. Non si sarebbero rivisti piu’. Vittorio la guardo’ partire con una stretta al cuore e intanto quella manina continuava a salutare… bye bye

Giovinezza

Negli anni della mia giovinezza, la stazione ferroviaria era un luogo pieno di vita. In estate c’era il bar con i tavolini all’aperto, e qui, la sera, con amici, si discorreva di viaggi e di amori nuovi o perduti, nel mentre le note di” azzurro” riempivano l’aria tiepida . C’era un viavai di gente, un brusio allegro come di chi parte per le vacanze. E nell’ombra dei giardinetti, allora ben curati coppiette di innamorati impudicamente si abbandonavano a tenere carezze.
All’arrivo del treno era tutto una concitazione, un richiamarsi. E poi, dopo un po’, si avvertiva il tonfo delle porte dei vagoni che sbattevano.
Come un deus ex macchina, ecco il capostazione, che come un attore, entrava in scena con il berretto rosso in testa ed il fischietto alla bocca. Tutto sembrava per un attimo fermarsi, come in un fermo immagine,poi ad un tratto il fischio….ed il treno partiva.
Se ci si va adesso alla stazione, essa sembra un teatro vuoto abbandonato in tutta fretta. Non c’è un’anima viva. Di sera poi c‘è quasi da aver paura, tutto è buio e riecheggiano solo i propri passi.
Ecco,se questo è il progresso io ne faccio volentieri a meno, per un tozzo di pane stiamo trasformando le nostre città in un deserto abitato da fantasmi.

 

A te 
Forse sei tu quel puntino luminoso nel cielo. Di notte, amo osservarti ed, in cuor mio, pensare che sei tu che da lassù mi guardi, che mi segui e che ancora, dopo tanti anni che te ne sei andata, mi regali una briciola del tuo cuore . Oggi che ho quasi gli stessi anni di quando, in una calda sera di maggio, te ne sei andata , io amo illudermi di avere, come candidamente pensavo da bambino, un angelo custode. E quello sei tu! La sera, affacciato alla terrazza , sai, io ti osservo fin quasi a perdermi nella vastità del cielo luminoso ed il mio cuore turbolento sembra in quegli attimi acquietarsi. Mi manchi molto invece quando più non ti vedo, quando una coltre di nubi ti adombra. Lo so che non sono mai venuto a trovarti là dove ancora giaci. Lo so che ti ho deluso per quel poco o niente che ti ho dato mentre tu ti sei lacerata per me. Ancora ti vedo nella penombra della tua piccola casa, inginocchiata davanti alla Madonna del Carmine, a pregare per i tuoi cari. Ancora ti vedo, con il tuo passo celere, venire a cercarci spersi come eravamo nelle nostre scorribande….

Sì, mi consola pensarti aleggiare nell’universo infinito piuttosto che a marcire nella terra nuda. Quel puntino di luce lassù sei tu! Sei tu che ancora non ti sei stancata ti seguirmi e questo , nei tormenti della vita, un po’ mi dà pace… ciao nonna.