La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui racconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa
se lo so..."
               
                             Giuseppe Marotta


TORRE L'AMORE DA SALVARE

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Viaggio nella

terra dei briganti

Avevamo trascorso buona parte della notte sotto i portici a fare , come si suol dire, mille progetti.La data della partenza era oramai imminente. Mancava ancora da definire qualche dettaglio:le provviste sarebbero bastate?E la tenda comprata a Pugliano,a dire il vero un po’ rabberciata, ci avrebbe protetto anche dalla pioggia?Il fondo cassa messo assieme con i nostri sparuti risparmi ci avrebbe permesso di non morire di fame?
Comunque a quell’eta’,si era nel 1967 ed eravamo tutti adolescenti,un po’ di incoscienza non guastava .Si era organizzato un viaggio ai laghi di Monticchio, in Lucania.
Oggi la parola viaggio, per un tragitto cosi breve ,potrebbe far sorridere. Oggi , che per  andare a Parigi, New York,Madrid,  il viaggio comporta appena la durata di poche ore,il nostro era come girare appena dietro l’angolo di casa.
Ma in quegli anni, per noi appena diciasettenni e con pochi mezzi ,era un viaggio .Si’, era proprio un viaggio!
Eravamo in cinque ,che ricordi: Giovanni, come me, che  dopo di allora non avrei mai piu’rivisto. Parti’ carabiniere per Carbonia un anno dopo. Tramite un amico comune ho poi saputo che ha avuto una vita sentimentale alquanto travagliata. Oggi e’ in pensione e vive solo.
C’era poi Giorgio, oggi e’ medico. L’ho incontrato recentemente a una gita nelle Marche. Soffre di cuore e l’ho trovato molto depresso. Anche lui vive solo.
Vincenzo,cuoco provetto e bravissimo fotografo l’ho perso di vista alcuni anni dopo.Ho saputo della sua morte prematura una quindicina di anni fa’. Degli altri due ,Peppe e Roberto invece non ho saputo piu’nulla.
Il giorno stabilito ,una  splendida giornata di meta’ luglio, prendemmo il treno alla stazione centrale di Napoli.Esso ci avrebbe condotto fino a Rionero in Vulture.
Salire sul treno, che poi era una vecchia locomotiva del periodo bellico, non fu moto agevole. Gli zaini, voluminosi, erano pesanti ed ingombravano i corridoi. Comunque riuscimmo a trovare posto a sedere.
Non so dire i nomi dei posti che attraversammo. Era campagna libera con covoni ,mare di spighe di grano ondeggianti al vento,casette con cortili , giardini ed orti. Mucche al pascolo,libere di scorazzare nei prati, greggi di pecore e tanti uccelli,nugoli di uccelli a disegnare geometrie nel cielo azzurro.
Era ancora l’italia contadina, la stessa che in quegli anni Mario Soldati percorreva in lungo e in largo per documentare un mondo che lui stesso sapeva morente, al declino. L’Italietta rurale di Pier Paolo Pasolini che nel suo saggio “Lucciole, voci e pale d’altare”
cerca di mostrare come l’integrita’ del paesaggio rurale ed artistico rifletta anche l’integrita’ morale delle persone che vi ci abitano.
 

Ville vesuviane tra
splendori e nefandezze

Ecco, muovendo da Ercolano il bel Palazzo Durante di cui ho ritratto il bell’ingresso con la chiesetta in fondo e l’immancabile San Gennaro che,torvo,guarda il Vesuvio come ad intimorirlo. Poco piu’ avanti la splendida Villa Favorita,restaurata recentemente ma solo nella facciata, e ad essa annessa  fa pessima mostra di se’un manufatto ancora in condizioni pietose. Proseguendo ,sul lato opposto la bellissima villa dalle linee esotiche ( villa Battista?) della quale ho fotografato lo stupendo ingresso. Ah,dimenticavo la fontana o vasca da poco eretta,a ridosso delle scuderie della Favorita. Sono stati spesi per il restauro non so quanti milioni di euro e gia’ entrambe  versano,inutilizzate,in uno stato d’abbandono. Poi,c’e quel maestoso portale in piperno che e’ ingabbiato tristemente non so da quando. Verso Torre,la deliziosa chiesetta del Pilar voluta,come tante altre chiese,dalla devotissima Regina Amalia,reale consorte di Carlo III. Poi una chicca,un orribile manufatto  a guastare quello che sarebbe potuto essere un mirabile paesaggio. In fondo,verso zona Calastro quel che rimane di una villa colonica. Alla fine non mi sono potuto trattenere,e cosi’ ho ritratto un angolino dimenticato,di lato alla Banca di Credito Popolare. Notate il bel muro di pietra lavica e tufo a vista e su di esso l’invadente campanula blu. Alla prossima.

 

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Il sogno infranto
 
Si erano alzati presto e dalla finestra Nicola guardava il lampione sulla strada che ancora  fendeva con il suo chiarore il buio livido di quella fredda mattina di un fine gennaio. Appena il padre l’aveva  chiamato, sommessamente per non svegliare i fratelli piu’ piccoli, lui in un battibaleno,malgrado il gelo della casa, era saltato giu’ dal letto. Nicola aveva appena sei anni e  in quella grigia alba invernale finalmente il padre si era deciso a portarlo con se’ a Napoli.  E per lui   si realizzava  cosi’un sogno per tanto tempo vagheggiato.  Immaginava, nel suo candore, che il padre a Napoli conducesse una vita brillante fatta di trattorie trasbordanti di polli arrosti e di piatti stracolmi di fettuccine stillanti sugo, e non vedeva dunque l’ora di entrare in quel mondo incantato
Siamo nel 53 e la realta’, a dispetto dei sogni del ragazzino, era  ben piu’ amara. E’ il dopoguerra,la fame e la miseria imperversano e cosi ognuno per  barcamenarsi si industria per racimolare quel poco che possa dare la possibilita’ di sopravvivere.  E cosi’ anche il papa’ di Nicola si arrangiava. Il suo lavoro, se tale si puo’ dire , era vendere sigarette di contrabbando negli uffici , banche ed altro.
Giunsero a Napoli con un tram,il cui sferragliare fendeva il silenzio di quelle ore antelucane. Rimase subito colpito dalla folla, quasi una fiumana umana. Le strade erano gia’ gremitissime, gente di ogni tipo sciamava dappertutto e le voci dei venditori di pizze ed altro riempivano l’aria.
Aveva una fame da lupi e cosi’ il papa si fermo’ presso una pizzeria. Compro’ una pizza fritta ripiena di ricotta e la divise in due. A pensarci adesso, dopo tantissimi anni, l’atmosfera sembrava essere quella di un film neorealistico. Ed anche i ricordi gli pervengono in bianco  nero,senza alcun colore.
Dopo che avevano camminato un bel po’,  giunsero in una galleria grandissima e che in alto, a volta, era coperta da un enorme vetrata.  Era la bella galleria Umberto, in via Roma. Qui il padre si fermo’,  trasse da un borsone di juta che portava con se’  tanti, tantissimi pacchetti di sigarette, di tanti colori. Una parte di essi,in un angolo un pò nascosto, li ficco’ nelle tasche e sotto il maglione di Nicola. L’altra parte la tenne per se’.
“Nicola senti, papa’ adesso va  in quella banca. Vedi, vado  a cercare di vendere un po’ di questa roba,tu stai fermo qui che torno subito. Per nessun motivo  non voglio che tu ti muova  da qui”. Detto cio’, velocemente si allontano’.
Rimasto solo, Nicola si senti,piccolo piccolo  in quell’ ambiente immenso. Avverti’ un angoscia,un terrore di perdersi ed anche l’amarezza di un sogno che si era dissolto come neve al Sole:  capi’ che quella del padre non erra affatto una vita brillante, ma piuttosto quella di un povero diavolo che, con mille espedienti, cercava di sbarcare il lunario.
Era imbarazzato, era gia’ un’ ora che stava li’ e  non riusciva  darsi alcun contegno. Andava su’ e giu’. Ogni tanto si fermava a sbirciare qualche vetrina. Ma alla fine , stanco, si accovaccio’ in un angolo.  La presenza di quel ragazzino smunto, vestito alla ben meglio e con  rigonfi sospetti sotto il  maglione e nelle tasche del pantalone  non passo’ inosservata. Due carabinieri, insospettiti, gli si avvicinarono e gli chiesero cosa facesse li’ tutto solo. Lui, candidamente rispose che aspettava il papa’ che era andato a vendere le sigarette.
A questo punto non resto’ ai militi, dopo aver indagato cosa nascondesse Nicola sotto gli indumenti, che condurre il ragazzo in questura.
Qui il maresciallo, un omaccione dall’aria bonaria, visto il ragazzino preso dalla disperazione, cerco’ di rassicurarlo e gli fece portare pure qualche dolce. Ecco che, dopo un po’,trafelato, giunse il padre condotto da un giovane carabiniere.
Tutta la merce era stata sequestrata ma il maresciallo,preso in simpatia il ragazzino, non commino’ alcuna multa e cosi alla fine li lascio’ andare via.
Con un po’ di malinconia e con gli occhi  leggermente velati Nicola ricorda adesso, come una scena vista da fuori, il padre affranto che presolo per mano, lo porta via dalla questura. E cosi’ la prima cocente delusione inizio’ ad incrinare il modo fatato della sua infanzia.