La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui racconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa
se lo so..."
               
                             Giuseppe Marotta


Fate come me: calma, letizia, quiete, tranquillità

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Il mio primo viaggio


Il mio primo viaggio lo feci che avevo all’incirca tre anni. Fu un viaggio avventuroso,rischioso, di quelli che non si dimenticano facilmente, sebbene alcuni particolari permangono tuttora opachi:  partii da casa da solo o con un altro avventuriero della mia stessa  eta’ e poi il tutto si svolse di mattina o di pomeriggio? Bah. rimane il fatto che mi avventurai ,bambinello qual’ero!  E cosi’, a piccoli passi, lasciai quello che fin allora era stato il mio microcosmo, via Liberta’, e mi inoltrai quindi senza tema,  senza alcun timore nella Traversa via liberta’,quasi un vicolo, proprio di fronte al negozio dei miei.
Chissa’ quali propositi mi animavano,che cosa mi frullava  nella testolina…. C’e’ comunque da precisare che allora, e siamo nel 52, c’erano pochissime auto,tuttalpiu’ ci si poteva imbattere in  qualche carro trainato da un povero asino.
In largo Benito, che allora mi sembrava una piazza grandissima, ricordo che echeggiava una bella melodia napoletana ” e a luna rossa me parla e te….” , ed una vecchina, seduta fuori l’uscio, che mi fa: picciri’ addo’ vai?
Imperterrito mi inerpicai per i gradini delle “scalinata ra ciucciara” e in men che non si dica fui sul Corso Umberto. Ed  ecco che per la prima volta  vedevo il  cinema Metropolitan.
Adesso non ricordo altro. Di sicuro percorsi tutto Corso Umberto fino a Piazza Palomba-… ecco quella che mi rimase impressa fu la statua di Garibaldi con la  sciabola sguainata. Ne rimasi folgorato!  Del ritorno a casa non ricordo alcunche’,, ma di certo a casa mia non ci fu nessun scompiglio. La mia assenza era  durata di sicuro un paio di ore, eppure nessuno si era allarmato, nessuno aveva allertato le forze dell’ordine.
Ma allora era cosi’, noi bambini s iera piu’ liberi di quelli di oggi e ,  se pure tra ristrettezze, abbiamo assaporato la gioia di esplorare il mondo che ci era attorno senza il timore che un qualsiasi lupo da strapazzo potesse fare di noi, anime candide, un sol boccone.

Terra amara

Certamente quaranta e piu’ anni fa, mai sarebbe venuto il sospetto  di come, nell’immediato futuro, la nostra Citta’ sarebbe sprofondata nell’indecoroso degrado dei nostri giorni. Mai avremmo immaginato che i luoghi piu’ significativi e cari alla memoria di molti torresi venissero utilizzati a mo’ di discarica. Ed invece e’ proprio cosi’, l’inimmaginabile e’ divenuto purtroppo  realta’
All’incauto visitatore, sempre che ce ne siano ancora,  della nostra citta’, che ha la ventura di girare per vicoli e piazze, non sembrera’ vero imbattersi in quei tanti cumuli di immondizia che fanno” bella presenza” di se’ ad ogni angolo.
Rimarra’ incredulo davanti al complesso delle Cento fontane sommerso com’e’ dai rifiuti, indignato davanti alla vergognosa speculazione che ha stravolto il Monastero dei Zoccolanti, inorridito dalla suburra che e’ divenuta piazza Santa Croce, gia’ vittima recente di un orrido rifacimento ad opera del Sindaco Borriello.
E proprio in questo suk , mal frequentato e la sera teatro di partite di calcio e scorribande di selvaggi in motorino, alcune sere fa, malgrado la presenza di ben quattro vigili,” chiorme” di ragazzini facevano baccano con urla a squarciagola su sagrato della chiesa senza che nessuno di loro si prendesse  briga di zittirli.
Quando poi ho visto passare per la piazza alcuni motorini mi sono avvicinato a  loro

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chiedendo il perche’ non intervenissero, ma essi  appena mi hanno degnato di uno sguardo.
Eppure i lavori di restyling che stanno dando un volto nuovo alle strade del cento storico nonche’ della marina potevano essere l’occasione per rendere piu’ moderna e bella la nostra Torre ed invece e‘ la poverta’  di spirito e la nostra mancanza di cultura a condannarci, malgrado le preziose risorse di cui disponiamo, ad essere un non luogo, periferico e provinciale. Una terra amara dalla quale, specialmente i giovani, si deve unicamente fuggire.


Il ristorante

Allora ero un ragazzetto,capelli ispidi e calzoni corti. Si era agli inizi degli anni sessanta, tempi di magra.
E’ il ricordo, il mio, di una gita fuori porta con i miei, come si usava allora. Strano pero’ come ci si rammenti di certi momenti ed  altri invece giacciono drammaticamente nell’oblio piu’ profondo, come se mai li avessimo vissuti. Giorni,ore in cui abbiamo comunque respirato o ammirato la bellezza di un fiore, di un panorama e..niente, in noi non ne e’ rimasta alcuna traccia. E restiamo basiti quando sono gli altri a ricordarci che in quell’anno,in quel giorno si stava in quel dato posto a far delle cose. Comunque ci si sforzi, solo sovviene un flebile ricordo od  un’immagine opaca. Si ha l’impressione come se ci avessero  rubato un pezzo di vita. E quanta vita, a pensarci, abbiamo perso nei meandri della nostra memoria?
Quella domenica dunque, perche si’ era proprio una domenica, con i mie genitori, mio fratello Ciro e mia sorella Anna, si ando’ a Pompei, per un inusitato pranzo in un ristorante del posto. Adesso che ci penso era il ventinove settembre ,il giorno di san Michele, e mio padre si chiama appunto cosi’, quantunque tutti lo abbiano sempre e solo chiamato Piripi’. Non gia’ Ruotolo Michele, ma Piripi’ e basta!
Era questo il motivo dell scampagnata,festeggiare l’onomastico di mio padre. E ricordo che ero anche un po’ angosciato poiche’ di li’ a poco  iniziava l’anno scolastico ed io andavo in prima media.
Nella bella piazza di Pompei, gremita di bancarelle, ognuna con i propri ninnoli, mio padre regalo’ a me e mio fratello Ciro dei coltellini, quelli piccoli piccoli con il fodero, a mia sorella non so cosa,probabile una bambolina
Comunque quel che mi e’ rimasto impresso di quel giorno furono i piatti che ci servirono nel ristorante. Uno in particolare, ne avverto tuttora ancora l’odore ed il sapore: tagliatelle con piselli,pezzetti di prosciutto,funghi e chissa’ forse panna. Non ne avevo mai   mangiato,e fu un sapore per me nuovissimo. E cosi’, come Proust, quando mi ci mettono davanti un piatto cosi’,la mia mente corre sempre a quella domenica.
Il locale era ben frequentato,tant’e’ che al tavolo accanto al nostro si sedettero due coppie, gli uomini alti ed eleganti e le donne bionde e bellissime. Un po’ noi si faceva la figura di quei  sempliciotti,padre e figlio, in” Ladri di biciclette”. E intanto sotto il naso mi passavano cotolette con patate, anguille in agrodolce, torte ricolme di panna e sormontate da fragoline…insomma ogni ben di Dio.
 Di quel lontano giorno non ricordo altro, purtroppo. Ma anche cosi’,  non si puo’ certo affermare che non sia un bel ricordo. Non pare anche a voi?