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Periferia crudele
E’ cosi’ desolante trovarsi,a volte,in
quell’inferno urbano che e’ la periferia di Napoli. Ieri, mi
trovavo da quelle parti, in un pomeriggio caldissimo.
L’asfalto bolliva e rendeva,con i suoi vapori,l’aria come
tremolante. Le auto sfrecciavano a tutta velocita’ incuranti
dei limiti,di tutto. Motorette con intere famigliole
scorazzavano di qua’ e di la’,rigorosamente senza
casco,anche i bambini. Lo scenario e’ quello dei palazzoni
tutti uguali,con le parabole ad” impreziosire”
i balconi, nonche’ cancelli ed inferriate dappertutto. Un
clima di guerra,insomma.
Eppure queste, prima, erano
terre ubertose,con orti lussureggianti e giardini splendidi.
Poi negli anni, il disastro. La’ dove si estendeva la
campagna felice,sorse un coacervo di terrificanti edifici
,di viadotti,ponti e rotonde ricolme di sterpaglie e
rifiuti. Un vero inferno in terra.
Ieri,dicevo,ero da quelle
parti,sotto un sole crudele. Riflettevo,in auto,a come
l’uomo possa trasformare i luoghi,quando ecco,in un silenzio
irreale,in lontananza ,avanzare, lentissimo, un carro
funebre. Dietro questo furgone nero venivano i
familiari,distrutti, e poi tutti gli altri. Mi e’ venuto in
mente,in quel momento, il funerale del bambino in “L’oro di
Napoli”,triste ma dignitoso,con tanti bambini che davano un
tocco di gioia e speranza. Ma questo,no! Era
desolante,sembrava non lasciare alcun ancoraggio alla
speranza. La’ c’era,come cornice ,il magnifico mare del
golfo di Napoli,qui invece il deserto urbano,l’alienazione
totale.
Eccomi
finalmente a Torre. Ripercorro via Marconi con le sue belle
ville, e gli alberi a fargli da sentinella. In fondo,penso,
alla nostra citta’ , ancora bella,basterebbe unicamente un
po’ di belletto per renderla affascinante, un po’ d’amore
per curare e lenire le ferite inferte,nel tempo , da miseri
sciagurati.
Lo scrigno
rubato
Nel febbraio
del 69 partivo militare per quel di Campobasso.Il giorno
prima della partenza avevo pero’ provveduto a riporre in un
luogo sicuro quello che avevo di piu’ caro: un tesoro
immenso,racchiuso in un banale scatolo di cartone di
detersivi Omo. Bisogno’,quindi, trovare un luogo,un
cantuccio sicuro a che non venisse trafugato da mani ignote.
La casa, che era piccola, non offriva riparo alcuno. Non
c’erano anfratti,angoli bui dove calare il prezioso carico.
Esso era stato il frutto di un lungo percorso,iniziato una
decina di anni prima. Vi state chiedendo,con un po’ di
curiosta’ in che cosa consistesse il misterioso contenuto di
questo scrigno?… Scusate,volevo intendere scatolo di
detersivo. Qualcuno stara’ immaginando perle,oro,dobloni
……No,vi devo deludere,erano fumetti,si’,i giurnalett.
Ma che fumetti! Collane intere di albi di Nembo Kid a
partire dal 64,qualcheduno addirittura del 48.Poi fumetti
a strisce di Grande Blek.Capitan Miki,Tex,Akim ed altri che
non ricordo piu’.Parecchi li avevo acquistati in edicola,
quella in stile liberty,in piazza Santa Croce,altri sulla
spianata nei pressi dei cinema Vittoria ed Iris. In
quest’ultimo caso,dopo estenuanti trattative.
Comunque,per nasconderle,pensai bene di porli nel magazzino
proprio sopra l’ingresso del negozio. Cosi’ partii con il
cuor in pace.
Finita la ferma,tornai a casa,e il mio primo pensiero fu
subito quello di andar a prendere il tesoro. Ma grande fu lo
schianto quando,nel posto dove ero sicuro di averlo
occultato,non lo trovai. Non volevo crederci. Possibile?
Ma quantunque girassi e chiedessi io,quei cari
fumetti,retaggio della mia infanzia, non li ho piu’ trovati.
Fu una ferita lacerante,che non si e’ mai completamente
chiusa,tant’ che a piu’ riprese, negli anni, ho rinnovate le
ricerche ma,ahime’,niente. Sicuramente una manina
misteriosa li avra’ portati chissa’ dove…… Bye bye,Fumetti. |
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L’ingegnere
E’ notte fonda
e l’ingegnere si aggira tra i corridoi e le stanze, ormai
vuote, in un silenzio che grida angoscia e dolore. Lei se
n’e’ andata, non c’e’ piu’! Neanche il fantasma permane a
consolarlo. E cosi’ non si capacita a convivere con la
solitudine. Non dome piu’, solo poche ore prima che l’alba
invada la stanza con la sua luce molesta. E cosi’
inutilmente si raggira nel letto sperando di assopirsi, ma
niente. Si alza ed inizia a vagare. Ecco la foto che li
ritrae raggianti il giorno delle nozze. Quant’e’ lontano
quel tempo, sembra anzi che non sia esistito od almeno non
riesce piu’ a riconoscersi in quel bel ragazzo che era una
volta.
Lei, qualche mese prima, se n’e’ andata quasi in punta di
piede, le si e’ calato il sipario davanti d’un tratto ed e’
svanita nel nulla.
Dov sei? Sussurra , ma un silenzio pervicace lo avvolge
tutto. E cosi’ monta una selva di ricordi, come tanti
spezzoni di vita rabberciati alla meglio: il primo bacio;
lei, bellissima, che esce sorridente dal mare, oppure che
ride, a squarciagola, contagiandolo in una risata
irrefrenabile.
Mai un litigio tra loro due, di quelli veri almeno. Ma solo
schermaglie che spesso finivano in un abbraccio e qualche
volta a letto.
Dopo trent’anni di matrimonio ancora camminavano mano nella
mano, ancora si cercavano, bramosi’ nel buio. Unico
rammarico e’ che figli non ne avevano avuti. Al momento fu
un grande dolore, che pero’ non li divise anzi rafforzo’ il
loro legame , quasi a creare una simbiosi. Poi, come un
fulmine in un cielo pacato, ecco la malattia. Sembrava un
male banale ed invece in un niente di tempo l’ha strappata
dalla sua esistenza.
Sono le due di notte in una citta’ ormai quietata, e quel
puntino luminoso, quella finestra ancora illuminata nulla
racconta di una storia svanita nel nulla.
Luigino
L’ho
intravisto, appena svoltato l’angolo. Era tutto preso da
quello che, visto di dietro, sembrava un presepe di
sughero. Ma avvicinatomi esso si e’ rivelato essere una
statuetta di Padre Pio in una nicchia appunto di sughero.
Lui, un vecchino dal sorriso serafico e con sparuti capelli
bianchi, quasi come se ci fossimo lasciati la sera prima,mi
fa: buttano tutto, questo l’ho trovato su un mucchio di
rifiuti. E un po’ come a volersene capacitare: capisce, un
Padre Pio buttato nell’immondizia. E nel frattempo, quasi
dimentico di me, con un pennelluccio ravviva i colori, ormai
sbiaditi, della statuetta. Dietro di lui un localino pieno
di cianfrusaglie. Esse tracimano, debordano in ogni dove fin
quasi a far capolino sull’uscio.
Intanto Luigino, questo e’ il suo nome, come fra se’ e se’:
sapesse quante cose utili io trovo, poi con santa pazienza
le rimetto a nuovo. Oggi nessuno ha piu’ tempo, tutti di
fretta. Neanche un po’ di tregua, cosi’ tanto per
aggiustare una macchinina, un orologio… E mentre con calma
scorre la sua narrazione, osservo la sua pacatezza, la sua
mano ferma, il suo viso tranquillo,tutto preso com’e’ dal
piacere di ridare un tocco di vita alle cose ormai morte. E
cosi’ mi sovviene Latouche e la sua “ decrescita felice “, e
come Luigino, senza aver mai letto alcun tomo di filosofia,
abbia intuito che, non dico la felicita’, ma la serenita’
stia nelle piccole cose, nei piccoli gesti, come appunto
alzarsi la mattina con il pensiero di infondere un po’ di
linfa nelle cose ormai spente.
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