La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui racconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa
se lo so..."
               
                             Giuseppe Marotta
 


L'ALBA CORALLINA

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Periferia crudele

E’ cosi’ desolante trovarsi,a volte,in quell’inferno urbano che e’ la periferia di Napoli. Ieri, mi trovavo da quelle parti, in un pomeriggio caldissimo. L’asfalto bolliva e rendeva,con i suoi vapori,l’aria come tremolante. Le auto sfrecciavano a tutta velocita’ incuranti dei limiti,di tutto. Motorette con intere famigliole scorazzavano di qua’ e di la’,rigorosamente senza casco,anche i bambini. Lo scenario e’ quello dei palazzoni tutti uguali,con le parabole ad” impreziosire” i balconi, nonche’ cancelli ed inferriate dappertutto. Un clima di guerra,insomma.
Eppure queste, prima, erano terre ubertose,con orti lussureggianti e giardini splendidi. Poi negli anni, il disastro. La’ dove si estendeva la campagna felice,sorse un coacervo di terrificanti edifici ,di viadotti,ponti e rotonde ricolme di sterpaglie e rifiuti. Un vero inferno in terra.
Ieri,dicevo,ero da quelle parti,sotto un sole crudele. Riflettevo,in auto,a come l’uomo possa trasformare i luoghi,quando ecco,in un silenzio irreale,in lontananza ,avanzare, lentissimo, un carro funebre. Dietro questo furgone nero venivano i familiari,distrutti, e poi tutti gli altri. Mi e’ venuto in mente,in quel momento, il funerale del bambino in “L’oro di Napoli”,triste ma dignitoso,con tanti bambini che davano un tocco di gioia e speranza. Ma questo,no! Era desolante,sembrava non lasciare alcun ancoraggio alla speranza. La’ c’era,come cornice ,il magnifico mare del golfo di Napoli,qui invece il deserto urbano,l’alienazione totale.
Eccomi finalmente a Torre. Ripercorro via Marconi con le sue belle ville, e gli alberi a fargli da sentinella. In fondo,penso, alla nostra citta’ , ancora bella,basterebbe unicamente un po’ di belletto per renderla affascinante, un po’ d’amore per curare e lenire le ferite inferte,nel tempo , da miseri sciagurati.

Lo scrigno rubato

Nel febbraio del 69 partivo militare per quel di Campobasso.Il giorno prima della partenza avevo pero’ provveduto a riporre in un luogo sicuro quello che avevo di piu’ caro:  un tesoro immenso,racchiuso in un banale scatolo di cartone di detersivi Omo.  Bisogno’,quindi, trovare un luogo,un cantuccio sicuro a che non venisse trafugato da mani ignote. La casa, che era piccola, non offriva riparo alcuno. Non c’erano anfratti,angoli bui dove calare il prezioso carico. Esso era stato il frutto di un lungo percorso,iniziato una decina di anni prima. Vi state chiedendo,con un po’ di curiosta’ in che cosa consistesse il misterioso contenuto di questo scrigno?…   Scusate,volevo intendere  scatolo di detersivo. Qualcuno stara’ immaginando perle,oro,dobloni ……No,vi devo deludere,erano fumetti,si’,i giurnalett.
Ma che fumetti! Collane intere di albi di Nembo Kid a partire dal 64,qualcheduno addirittura del 48.Poi   fumetti a strisce di Grande Blek.Capitan Miki,Tex,Akim ed altri che non ricordo piu’.Parecchi li avevo acquistati in edicola, quella in stile liberty,in piazza Santa Croce,altri sulla spianata nei pressi dei cinema Vittoria ed Iris. In quest’ultimo caso,dopo estenuanti trattative.
Comunque,per nasconderle,pensai bene di porli nel magazzino proprio sopra l’ingresso del negozio. Cosi’ partii con il cuor in pace.
Finita la ferma,tornai a casa,e il mio primo pensiero fu subito quello di andar a prendere il tesoro. Ma grande fu lo schianto quando,nel posto dove ero sicuro di averlo occultato,non lo trovai.  Non volevo crederci. Possibile?
Ma quantunque girassi e chiedessi io,quei cari fumetti,retaggio della mia infanzia, non li ho piu’ trovati. Fu una ferita lacerante,che non si e’ mai completamente chiusa,tant’ che a piu’ riprese, negli anni, ho rinnovate le ricerche ma,ahime’,niente. Sicuramente  una manina misteriosa li avra’ portati chissa’ dove…… Bye bye,Fumetti.

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L’ingegnere

E’ notte fonda e l’ingegnere si aggira tra i corridoi e le stanze, ormai vuote, in un silenzio che grida angoscia e dolore. Lei se n’e’ andata, non c’e’ piu’! Neanche il fantasma permane a consolarlo. E cosi’ non si capacita a convivere con la solitudine. Non dome piu’, solo poche ore prima che l’alba invada la stanza con la sua luce molesta. E cosi’ inutilmente si raggira nel letto sperando di assopirsi, ma niente.  Si alza ed inizia a vagare. Ecco la foto che li ritrae raggianti il giorno delle nozze. Quant’e’ lontano quel tempo, sembra anzi che non sia esistito od almeno  non riesce piu’ a riconoscersi in quel bel ragazzo che era una volta.
Lei, qualche mese prima, se n’e’ andata quasi in punta di piede, le si e’ calato il sipario davanti d’un tratto ed e’ svanita nel nulla.
Dov sei? Sussurra , ma un silenzio pervicace lo avvolge tutto. E cosi’ monta una selva di ricordi, come tanti spezzoni di vita rabberciati alla meglio: il primo bacio; lei, bellissima, che esce sorridente dal mare, oppure che ride, a squarciagola, contagiandolo in una risata irrefrenabile.
 Mai un litigio tra loro due, di quelli veri almeno. Ma solo schermaglie che spesso finivano in un abbraccio e qualche volta  a letto.
Dopo trent’anni di matrimonio ancora camminavano  mano nella mano, ancora si cercavano, bramosi’ nel buio. Unico rammarico e’ che figli non ne avevano avuti. Al momento fu un grande dolore, che pero’ non li divise anzi rafforzo’ il loro legame , quasi a creare una simbiosi. Poi, come un fulmine in un cielo pacato, ecco la malattia. Sembrava un male banale ed invece in un niente di tempo l’ha strappata dalla sua esistenza.
 Sono le due di notte in una citta’ ormai quietata, e quel puntino luminoso, quella finestra  ancora illuminata nulla racconta di una storia svanita nel nulla.


Luigino

L’ho intravisto, appena svoltato l’angolo. Era tutto preso da quello che, visto di dietro, sembrava  un presepe di sughero. Ma avvicinatomi esso si e’ rivelato essere una statuetta di Padre Pio in una nicchia appunto di sughero. Lui, un vecchino dal sorriso serafico e con  sparuti capelli bianchi, quasi come se ci fossimo lasciati la sera prima,mi fa: buttano tutto, questo l’ho trovato su un mucchio di rifiuti. E un po’ come a volersene capacitare: capisce, un Padre Pio buttato nell’immondizia. E nel frattempo, quasi dimentico di me, con un pennelluccio ravviva i colori, ormai sbiaditi, della statuetta. Dietro di lui un localino pieno di cianfrusaglie. Esse tracimano, debordano in ogni dove fin quasi a far capolino sull’uscio.
Intanto Luigino, questo e’ il suo nome, come fra se’ e se’: sapesse quante cose utili io trovo, poi con santa pazienza  le rimetto a nuovo. Oggi nessuno ha piu’ tempo, tutti di fretta.  Neanche  un po’ di tregua, cosi’ tanto per aggiustare una macchinina, un orologio… E mentre con calma scorre la sua narrazione, osservo la sua pacatezza, la sua mano ferma, il suo viso tranquillo,tutto preso com’e’ dal piacere di ridare un tocco di vita alle cose ormai morte. E cosi’ mi sovviene Latouche e la sua “ decrescita felice “, e come Luigino, senza aver mai letto alcun tomo di filosofia, abbia intuito che, non dico la felicita’, ma la serenita’ stia nelle piccole cose, nei piccoli gesti, come appunto alzarsi la mattina con il pensiero di infondere un po’ di linfa nelle cose ormai spente.