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Incanto a
Capri
Stava li’
riversa sugli scogli, la pelle ambrata, un corpo perfetto.
Vittorio nel vederla, dal mare, ne rimase colpito.
Era talmente bella che smise di nuotare,si aggrappo ad uno
scoglio e, cercando di non darlo a vedere, la osservo’ da
lontano. Lei non si muoveva,sembrava dormire,e i suoi
capelli color miele le coprivano parte del viso.
Era da poco tornato da Torino dove aveva prestato servizio
militare,e con un amico ,Ciro, aveva deciso di trascorrere
quella calda giornata di inizio agosto a Capri. Giunti nella
magnifica insenatura di Marina piccola, non aveva resistito
e si era tuffato in quelle acque cristalline.
Usci’ dal mare e, lentamente, le si avvicino’e le si
accovaccio’ accanto. Lei continuava a dormire, o almeno a
lui cosi’ sembrava. Stette li,in quella posizione un po’,poi
,come un istinto irrefrenabile,accosto’le sue labbra a
quelle di lei,e la bacio’.Solo allora lei apri gli occhi. e
che occhi,stupendi,di un verde intenso.
Gli sorrise,fu un incanto,quasi un ritrovarsi,eppure era la
prima volta che si vedevano. Questo era un dono della vita,
doni che difficilmente vengono concessi. Si chiamava
Margareth ed era australiana,la sua citta’ era Brisbane.
Sii alzo’,era statuaria e anche un po piu’ alta di Vittorio,
ma lui non se ne ebbe a male. Era bellissima!
Si tuffarono assieme,nuotarono al largo. Oggi, a distanza di
tanto tempo,rimane in Vittorio il rammarico di non aver
assaporato ,fino all’ultima stilla, quei momenti che nella
vita possono essere irripetibili, Ma al momento non si sa, e
s vive come se questo fosse un dono fra tanti.
Dalla spiaggia giungevano le note di una canzone che
Vittorio ha sempre amato,” Tous les garcons et le filles” di
Francouse Hardy.
Il tempo come se si fosse fermato, i cuori battevano quasi
all’unisono,il cielo era di uno splendido azzurro venato da
qualche nube. Si fece ora di pranzo, si rivestirono ed
iniziarono a girovagare tra le viuzze dell’isola. Si
ritrovarono, ad un tratto, in una radura ,tra macchie
odorose di oleandro e gigantesche agave con i loro falli
possenti rivolti al cielo.
Distesi sull’erba, si baciarono ardentemente….fino
all’estasi finale. Ad un tratto qualche goccia d’acqua poi
addirittura uno scroscio. Ridendo come pazzi,che dico, si’,
va bene ,pazzi di felicita’, era si’ quella la felicita’,
corsero a perdifiato verso una casa colonica di un bianco
accecante. Si sedettero sui gradini del portico, al riparo
della pioggia.
Lei gli racconto’ della sua vita, del padre violento che,
ubriaco, spesso la picchiava. Lui le carezzo’ gli occhi e la
bacio teneramente. La proprietaria della casa, invece di
mandarli via, si avvicino’ con un involto in mano. Erano due
bei panini al salame. Glieli diede con un sorriso. Forse
dentro di lei aveva rivisto in loro la sua gioventu’ ormai
svanita.
Mangiarono avidamente. Mai cibo fu piu’ buono! Si guardavano
e non smettevano di sorridersi. Intanto un cane abbaiava e
le cicale stordivano con il loro canto insistente.
Era ormai giunta per lei l’ora di tornare, partiva assieme
ad altri connazionali con un pullman turistico.
Sulla piazzetta assolata, si salutarono malinconicamente. Le
mani si lasciarono lentamente. Non si sarebbero rivisti piu’.
Vittorio la guardo’ partire con una stretta al cuore e
intanto quella manina continuava a salutare. Bye bye
La
figuraccia
Era il
primo giorno di dopo scuola. Avevo all’incirca sei o sette
anni. In casa non c’era alcuno che mi potesse aiutare a
studiare in quanto i miei avevano a stento conseguita la
licenza di quinta elementare. La mia casa che poi era un
retrobottega non aveva libri,neanche uno. Piu’ avanti nel
tempo essi hanno iniziato a fare capolino,quasi oggetti
misteriosi. Dicevo che era la prima volta che mi recavo a
casa di questo vecchio professore,oramai in pensione. La sua
abitazione si trovava in via Fontana ,al primo piano di un
edificio di tre piani dalle linee un po’ pretenziose. Per
meglio precisare l’appartamento dalle imposte verdi
affacciava sul bar detto del Caporale. Mia madre
,considerate le mie difficolta’ a compitare, aveva chiesto
alla moglie del professore se questi fosse disponibile a
darmi un aiuto,logicamente dietro compenso. Il professore
aveva acconsentito e cosi’, nel giorno stabilito,titubante,
salivo le scale per recarmi da lui.
Giunto sul pianerottolo del primo piano,noto la porta aperta
e dietro un’altra ma di vetro,di quelle con le iniziali dl
proprietario. Cosi’ ,beata innocenza,apro la porta ed
entro,senza bussare. Il professore era proprio li’appena
dietro l’uscio,seduto alla sua scrivania. Appena mi vede
diventa paonazzo. Io intanto,imbarazzatissimo, balbetto un
“salve”, ma quello, irato, mi fa una ramanzina tremenda:
come mi ero permesso di entrare senza bussare…. Cosi’ mi
obbliga ad uscire fuori e a bussare. Che figuraccia !Non
l’ho mai dimenticata! |
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Come fermai il tempo
Avete mai
provato a fermare il Tempo, od almeno a provarci? Io ho
tentato di farlo. Si’, di fermare l’istante. Non e’
un’impresa improba, basta concentrarsi e volerlo,fortemente
volerlo. Era il 1971 ed avevo poco piu’ di vent’anni. Da
poco mio fratello aveva rilevato dal vecchio proprietario,un
certo Baldini, la tabaccheria ubicata in via Roma. Ricordo
che in un deposito trovammo una vecchia radio a valvole
presumibilmente degli anni trenta ed altri cianfrusaglie di
quel periodo. Il vecchio Baldini aveva trascorso tutta la
sua vita dietro il bancone a vendere sigarette. Giorno dopo
giorno,sempre uguali, era divenuto vecchio senza minimamente
avvedersene. E’ cosi’, un giorno ti svegli e ti accorgi di
come il tempo ti abbia cambiato, di come non sei piu’ quello
che immaginavi di essere. Basta uno specchio, uno di quelli
che ti prende a tradimento,ed ecco in una luce livida la tua
immagine imbolsita e cascante. Di primo acchito,non pensi
affatto che possa essere la tua ma un attimo dopo non puoi
piu’ mentirti. Ecco su questo riflettevo quando decisi che
il Tempo con me non l’avrebbe avuta vinta: non sarei mai
divenuto vecchio come il tabaccaio Baldini. E questo senza
alcun baratto,senza vendermi l’anima come fu per il povero
Dorian.
Cosi’ fissando gli occhi,dall’interno,sui vetri che davano
sulla strada,quella mattina di quasi cinquant’anni fa ,io
decisi di fermare l’istante. Fu un attimo! Dissi non so
cosa e lancette si fermarono. Il Tempo svani’!
Ieri sera,in quel preciso posto, sempre con gli occhi fissi
sugli stessi vetri, mi e’ sovvenuto in mente cio’ che
cercai di fare in quel lontano giorno. Cosi’, come se
l’istante fosse stato lo stesso di allora,ho voluto
constatare se avessi vinto o meno. Intanto guardavo mio
fratello: era divenuto un vecchio, con i capelli radi e
bianchi ed il viso segnato dalle rughe . Invece per me
l’istante era sempre lo stesso di allora e quindi io
sicuramente ero rimasto quello di tanti anni fa .
In tabaccheria c’e’ uno specchio. Mi ci guardo. Diamine, non
sono cambiato di un pelo. Giovane come allora. Sembro il
figlio di mio fratello, pelle liscia,non un capello
bianco,ed il fisico scattante. Diavolo, ho vinto!
Ad un tratto il rombo di una moto e salto su’. Ma era un
sogno! Salto giu’ dal letto e mi precipito in bagno, nella
vana speranza che nulla,comunque, fossa cambiato. Ahime,
l’immagine riflessa e’ invece quella di un vecchio di oltre
sessantacinque anni, quale io sono.
Nulla da fare, non ero riuscito a fermare il tempo e tutti
quegli anni trascorsi avevano lasciato segni indelebili sul
mio viso. Che sciocco che ero stato!
Vicenz u’barbier
La barberia
( forse e’ un termine un po’ desueto?)di Vicenz u’barbier
affacciava, e lo e’ tutt’ora, sulla via Fontana, proprio di
seguito al portone ad arco che spuntava in un altro , il
primo sulla destra scendendo da via Liberta’. Anzi, a dire
il vero ,spuntava poiche’ il passaggio e’ stato brutalmente
murato, proprio all’altezza del vecchio ricovero antiaereo.
Vincenzo ha tagliato capelli e fatto barbe ad intere
generazioni di torresi della zona mare di Torre. Adesso e’
in pensione, avra’ ottant’anni e passa, L’ho saputo dal
fratello minore che a volte incrocio camminando per Torre.
Tutt’ora c’e’ un barbiere, un giovane barbiere, che ha
rilevato l’esercizio, ma non e’ piu’ la stessa cosa.
Ricordo, con un certo orrore i boccioni riposti sui ripiani
dei lavandini pieni di disgustose sanguisughe. Esse , come
seppi dopo, servivano per il salasso ovvero cavar sangue
dalle vene ai poveri malcapitati. Il barbiere allora,
diciamo fino a poco dopo l’ultima guerra, era anche un
cerusico ovvero aveva la facolta’ di fare, appunto, salassi,
cavare denti e praticare finanche piccole incisioni .
Da Vincenzo c’era anche la possibilita’ di fare una doccia
poiche’ allora la maggior parte delle abitazioni era priva
di servizi igienici e come, benissimo descrive Domenico Rea
nel suo bel libro “Ninfa plebea”,i bagni erano in comune,
per lo piu’ ubicati all’interno del palazzo stesso.
Un episodio che non potro’ mai dimenticare fu quando ,con
mio fratello piu’grande, mi recai da lui per un taglio di
capelli. Lui, mio fratello, per farmi una burla disse a
Vincenzo di tagliarmi i capelli alla moicano, ovvero il
taglio che attualmente sfoggia il calciatore Hamsik.
Li per li’ non me ne resi bene conto ma lo schianto fu
quando, giunto a casa, mi guardai nello specchio. Di corsa
tornai dal barbiere. Non c’era granche’ da fare! L’unico
rimedio era raparmi a zero. E cosi’ fece!
Tutte le volte che passo da Via Fontana mi ritorna in mente
quest’episodio e ,in cuor mio,non posso fare a meno di
sorridere. |