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Il terremoto
Era una
sera’ come questa,con le stelle e tutto il resto,solo
ricordo un po’ piu fredda. Era una domenica cosi’ come
oggi,le stesse cose,il solito tran tran, il pranzo,la
bambina, mia figlia di appena un anno,che giocava con le sue
bambole. E’ sempre cosi’ nella vita,un attimo,un secondo,un
lampo di tempo e ad un tratto cambia tutto. Il
mondo,trac,cambia ed anche quello che siamo in quel
momento,e che dopo non saremo piu’. Quella sera di
trentaquattro anni fa,eppure sembra avant’ieri,avevamo amici
a casa,una coppia di cari amici: Franca ed Enzo.
Mentre mia moglie stava in cucina con la sua amica,io ed
Enzo eravamo nel salotto a parlare del piu’ e del
meno,comodamente seduti su un divano. Ecco,esso ad un tratto
sobbalza come strattonato violentemente e sembra non la
smettere piu’. Cosi’ io sbotto,rivolto all’amico: e
smettila di fare il cretino! E lui,allarmato: ma non sono
io!
Ci si guarda esterrefatti: ma allora e’ il terremoto! Era la
prima volta, nella mia vita, che ne avvertivo
uno cosi’ palesemente. La casa era a piano terra per cui fu
facile scappare e rifugiarci in uno spazio aperto nei
pressi.
Non eravamo soli ,anche i vicini ,piu’ impauriti di noi,
erano li’. Era sera,quasi le otto, ed il terremoto era
stato fortissimo. L’edificio di fianco alla mia villetta,di
undici piani,scappando di casa,l’avevo visto ondeggiare
paurosamente. C’era nello spiazzo un silenzio irreale e
tutti guardavano verso un’unica direzione: Il Vesuvio.
Si temeva che fosse lui l’artefice di quel brusco e
reiterato scuotimento . E ,puo’ sembrare strano,ma grande fu
il sollievo quando iniziarono ad arrivare le prime notizie
che davano come epicentro del sisma un paesino della
Basilicata. Cosi’,sebbene ancora terrorizzati,un po’ ci
eravamo acquietati dal aver scansato un disastro al cui
cospetto il terremoto non era che il male minore. Passammo
quella notte,ed altre ancora a seguire
,all’addiaccio,dormendo in auto. E la mia,una vecchia
Renault 4 azzurra,molto spartana nei rivestimenti, non era
affatto confortevole. Oggi 23 novembre 2014,dopo tanti anni
da quel terribile evento,questo e’ il ricordo che ho di
quella tragica serata nella quale molti furono meno
fortunati di noi.
E voi,almeno quelli che hanno vissuto quegli orribili
istanti, che ricordi avete?
Il deserto
In una
mattina d’estate, un giro per le strade e viuzze della zona
mare. Confesso, a malincuore che e’ sempre uno sperdimento,
un pugno sferrato con virulenza allo stomaco. Cancelli e
inferriate dappertutto.
E fin qui va bene, niente di nuovo, ma quello che mi
sconcerta terribilmente e l’assenza dei bambini. Via
Liberta’, niente, via Traversa liberta’,vuota anch’essa: un
furgoncino sta effettuando un trasloco, poche e misere
masserizie sono poggiare a terra, un vecchio tristemente
siede su di esse come in attesa. Largo Benito, dove un tempo
c’era il negozio di Marciono’,ricordate?, un deserto. I bei
gradini che scendono verso la ferrovia ,non anima viva. E
pensare che un tempo questi luoghi erano il regno dei
ragazzi, teatro di battaglie epiche( con pietre e
cerbottane), ma anche scenario di incontri amorosi: nelle
serate estive l’innamorato con sguardo fisso mirava alla
finestra di lei, che ben protetta dalle tende ,con gli occhi
sulla strada ma attentissima a non farsi scoprire dal
terribile padre.
Ecco due ragazzine,in traversa Unita’ d’Italia, mi fermano,
addirittura mi chiedono chi sono e cosa faccio, le faccio
mettere sedute sui gradini in piperno di quello che una
volta era il palazzo della “guardastada” e scatto loro una
foto. Si mettono in posa con fare lezioso, cosi’ come hanno
visto fare in tv. Le lascio e proseguo. Giungo nello slargo
della traversa, qui spesso giocavamo, adesso il portone che
era spuntatore in quando dava su un altro che affacciava su
via Liberta’ e’ brutalmente |
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murato con blocchi di cemento e la collinetta lavica
coperta anch’essa di cemento. Solo il lamento di un cane.
Il giro volge al termine, vado via non senza un senso di
amarezza. Tanto per essere banali, si vede che abbasc’ammare
non e’ piu’ luogo per bambini, ce ne saranno pure, ma pochi
e forse gia’ immalinconiti.
Il tesoro perduto
E’ stato un
giorno, uno qualsiasi , che, quasi come un buco allo stomaco
ne ho avvertito l’assenza in modo chiaro, inconfutabile. A
dire il vero era da un po’ di tempo che ci rimuginavo sopra
senza capire bene il perche’. E’ come capita in certi giorni
che, appena svegli, si avverte un vuoto, ma non si riesce a
capire di che’.
C’ era stato un tempo che la incontravo spesso,e a vederla
ti si apriva l’anima, la luce diveniva piu’calda, i colori
piu’ nitidi. Ed era cosi’ bella che, per la contentezza,
avresti voluto abbracciare il mondo intero.
E’ da un po’ che non la vedo piu’.E’ scomparsa. Qualche
amico mi ha riferito di averla scorta non so dove, sempre
bellissima. La sera vado vagando nella speranza di
incontrarla ma invano, torno sempre a casa, scorato. Non
riesco, malgrado una ricerca spasmodica a sapere che fine
abbia fatto.
Vedo che in voi cresce la curiosita’ di sapere di chi sto
parlando. Vorreste sapere chi e’ questa donna che mi ha
ammaliato l’anima fino a farmi perdere il sonno. Ma ,
purtroppo devo deludervi, perche’ non sto affatto parlando
di una donna, bensi’ di un tesoro ,di valore
incommensurabile. L’oggetto del mio desiderio ha un nome.
Essa si chiama Gentilezza.
Ditemi anche voi,ho forse esagerato. Io non la scorgo piu’
negli occhi dei passanti. Tutti di fretta. Se qualcuno,non
volendo ti urta , difficilmente chiede scusa. Una volta
quando ci si incrociava per strada era quasi d’obbligo il
buongiorno, adesso non piu’.A volte gli sguardi sono
torvi,distratti o tuttalpiu’ indifferenti. E viene, in
certi momenti, quasi il sospetto di essere divenuto
trasparente. Non ti si vede piu’!
Sulle trisce pedonali sono pochi quelli che danno la
precedenza ai pedoni. I piu’ sfrecciano incuranti. La
vecchina, impaurita,rimane,li’ ,sul marciapiede titubante ed
impaurita,incerta se attraversare o meno.
Al volante dell’auto,spesso chi dovrebbe non ti accorda la
precedenza. Ti si bussa se non vai ad andatura sostenuta. E
trovi, spesso, chi, con manovre brusche non ti permette di
inserirti nella fila . E passato oltre, ti guarda pure in
cagnesco.
Ditemi,puo’darsi che voi l’abbiate vista. Se,si’,ditemi
dove?…..perche’ senza di essa io non riesco piu’ a vivere.
Incanto blu
Immergersi in
apnea, sprofondare nel blu marino,mirare la scia di
bollicine che rapide cercano il cielo,ecco questa era la sua
estasi, il suo pertugio al riparo dal mondo: il mare. Il
mare incantato. Quella forza incontenibile che sempre lo ha
attratto,ammaliato,sedotto fino a volte a fargli venire le
vertigini,fin da bambino. Se ne stava ore, Vittorio,
nuotando, a scrutare, al di la’ del vetro della maschera,
i fondali luccicanti, imperlati di Sole, quelle vaste
praterie di Posidonia brulicanti di pesci. E gli scogli
con il caleidoscopio dei mille colori dei ricci. Ammirava in
modo particolari i ricci reali, quelli tutti neri e con gli
aculei bianchi. Che bello era, allora, lasciarsi cullare
dalle onde,tuffarsi in quello scenario mirabile, e che
meraviglia erano i loro corpi di adolescenti visti dai
fondali marini. Si’, anche adesso, a distanza di tanto
tempo,lasciarsi andare in quelle acque dai color oramai
persi , era per lui come ritrovare un’antica serenita’. Era
il ritorno a casa, a un mondo ancestrale mai conosciuto,ma
del quale sentiva,con sofferenza infinita, una mancanza
struggente.
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