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Il
nulla
Si dice che
solo il grande Flaubert sia riuscito a scrivere un saggio
sul nulla. Infatti e’difficilissimo parlare del nulla. E
poi che cosa e’ il nulla? E’ forse il vuoto nel quale
sembra immersa buona parte della nostra esistenza oppure Il
nulla e’ cio’ che si aspetta ,chi non crede ,dopo la morte.
Se non ricordo male era Seneca che affermava:dal nulla sono
venuto al nulla tornero’. Ma poi , esiste veramente il
nulla?
Cosa era da bambino, avro’ avuto tre o quattro anni,quando
, giocando con i petali gialli delle ginestre, immaginavo
che fossero banane ed io un venditore appunto di banane?
Anche questo il nulla?
O quando nei meriggi assolati disteso nella penombra facevo
caso all’ impercettibile suono dello svolazzare delle mosche
e le palpebre si socchiudevano per poi riaprirsi se le ali
variavano in ritmo? E ‘ niente, vuoti anche questi istanti?
Eppure la mente vagava, volava , il cuore palpitava, la
fantasia ti trascinava in mondi misteriosi. Questa era
vita. Ma allora il nulla dov’e’?
Il nulla e’ forse quell’angoscia impercettibile che a
volte ti corrode l’anima senza che tu te ne accorga?
Quando ti sembra di precipitare in un baratro senza fine .
E’ l’amarezza, allora? Un trascinarsi giorno dopo giorno
perpetuando un’esistenza ormai senza piu’ alcuno scopo. E’
questo dunque il nulla?
E allora i tempi che stiamo vivendo, cosa sono? Le nostre
ore, i nostri giorni, i nostri anni , senza piu’ ideologie,
senza piu’ religione,senza piu’ candore, cosa sono? Dove ci
portera’alla fine tutto questo orrore?
Un po’ di tempo fa’, se ricordate, i Nomadi, gruppo musicale
degli anni settanta, cantavano che Dio era morto. E se Dio
, intendo l’idea di Dio,veramente fosse morto, ci avete mai
pensato?, cosa sarebbe di noi?
Anche chi come me ha una fede diciamo tiepida pensa in cuor
suo che la vita non e’ tutta in quello che avvertiamo
tangibile ai nostri sensi, ma che c’e’ comunque un’altra
via. E come dire che alla fin fine comunque vada c’e’ pur
sempre un giudice a Berlino,intendo un giudice di ultima
istanza a cui appellarsi quando un ingiustizia e’ palese ma
non riparabile, almeno quaggiu’.
Oggi e’ nulla il tempo che perdiamo davanti allaTV? Nulla il
tempo ammazzato nel seguire quei cosiddetti Talk show ,o
davanti al computer nel parlare con amici immaginari ?
Allora erano pregnanti di vita quelle sere di tanti anni fa
quando seduti nei ballatoi con le mamme ed anche le nonne si
raccontavano storie che a volte ci tenevano svegli di notte?
Quella si che era vita.
Se su una scala di valori volessimo misurare il nulla esso
non potrebbe non occupare che un valore pari a zero. Allora
la melanconia non e’ il nulla,essa starebbe al di sotto
dello zero. E neanche la disperazione , la stessa
disperazione che ho letto negli occhi del mio amico Giorgio
,incontrato per caso una sera per strada. Brillante e
promettente da giovane ora vecchio e malato aveva il terrore
di tornare a casa e ritrovarsi solo immerso in un silenzio
assordante.
Nulla e’ neanche il terrore? Il panico della morte che colse
Leon TolstoJ, ormai ultraottantenne, e lo costrinse alla
fuga in cerca di una morte riparata dal mondo e che lo colse
in una remota stazione ferroviaria dello sterminato impero
russo. E’ nulla neanche il dolore atroce che provarono Emma
Bovary ed Anna Karenina che per amore scelsero di morire?
E che dire di Virginia Woolf che depressa scelse di morire
annegandosi in un torrentello con le pietre in tasca,per
meglio affogare?
E Pavese che per un amore non corrisposto per un attricetta
americana si tolse la vita appena cinquantenne in un
alberguccio a Torino? Si potrebbe continuare cosi all’
infinito tanto e’ vasta la scia di dolore dell’umanita’.
Allora se tutto cio’ non e’il nulla, esso cos’e’?Se esso non
e’ la sconfinata prateria di sofferenza cosi’ bene espressa
dall’urlo di Munch,la visione che di li a poco si sarebbe
concretizzata nell’orrore dei campi di concentramento
nazisti o nei gulag sovietici,allora dove lo si deve
cercare?
Se non e’ lo sconfinato dolore artico , non rimane che lo
sperdimento di se stesso. La peggiore sciagura che ad un
uomo possa mai capitare:l’ottundimento della mente,
l’abbrutimento della coscienza. Cio’ che i medici con freddo
tecnicismo chiamano deficit cognitivo . La morte dell’io che
colse l’Oblomov di Goncarov, che ormai demente , si lascio
morire d’inedia.
Si’,penso che esso,l’oscuramento della coscienza, piu’ o
meno sia prossimo allo zero. Lo zero assoluto a cui
cospetto forse la morte non fa piu’ tanto tremare le gambe.
E probabile che il rigetto di tale inconsistenza abbia
spinto il filosofo Lucio Magris e tanti altri ancora a
cercare la cosiddetta dolce morte in una clinica svizzera.
Mi accorgo adesso di come sia ostico parlare del niente.
Solo un grande scrittore come Flaubert poteva scrivere
pagine su pagine sul nulla, sul resto di niente. Io
,poveraccio, non sono andato oltre la paginetta. |
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E come potevo io misurarmi con questo grande moloch che e’
il nulla. Giusta punizione per la mia saccenteria,per la
mia presunzione. Ben mi sta!
Mi accorgo ormai di essere stanco, l’argomento e’ stato
sfibrante. E’ notte fonda. Un cane abbaia in lontananza. La
Luna in cielo splende incurante. Dormire,si non mi rimane
che dormire. Il dormire che come diceva Amleto e’ un po’
come morire.
Non mi rimane quindi che riporre la penna e farmi una
dormita sopra…. sul nulla.
G. Ruotolo
maggio 2013
Il
Paradiso imbrattato
Eppure, se ci
penso, Torre aveva tante bellezze da finanche suscitare
invidia in Paradiso. E cosi’, andando a ritroso nel tempo,
ancora mi sembra di rivederla, la mia citta’, cosi’ com’era
allora.
C’era un qualcosa di indefinito,nell’aria,nei colori, nelle
voci che, anche sforzandomi, non ho piu’ ritrovato. Non ho
piu’ ritrovato quelle sere estive,dall’aria soave, quando
noi si giocava in strada,infervorati al punto tale che i
morsi della fame si tacitavano. E non ho neanche piu’
ritrovato quelle calde mattine estive quando appena svegli,
bastavano pochi passi per tuffarsi in un’acqua dai colori
indescrivibili.
E quelle sere,pure ormai perse,quando seduti,sui gradini in
pietra lavica del portone attiguo all’emporio di mio padre,
ci raccontavamo,noi bambini, storie che a volte ci
trascinavano svegli fin quasi all’alba.
Nella nostra insipienza non siamo riusciti ad intendere i
regali che Dio ci aveva generosamente profuso. Quel
mondo,che pure era teatro di mille sofferenze, riusciva con
la sua armonia a lenire le asperita’ che sempre nella vita
non mancano. Nei momenti oscuri del vivere, un po’ come
Achille, bastava sedersi su uno scoglio,e mirare le
onde,ascoltare i suoni del mare, perdersi nei suoi profumi
che l’anima si alleggeriva, i battiti divenivano piu’ lenti
e quasi ti sembrava, guardando le stelle ,di essere tutt’uno
con l’universo.
Oggi quella Bellezza e’ svanita ed anche i nostri animi si
sono induriti. Noi tutti sembriamo degli orfani che vagano,
alla ricerca di un qualcosa, l’Armonia, che e’ la vita
stessa. Si’, senza di essa si puo’ comunque vivere, ma e’
certo una vita dimezzata.
Eppure se avessimo avuto il coraggio, la cultura per
evitare che tutto si perdesse sotto una valanga di cemento,
oggi i nostri figli e i nostri nipoti potrebbero assaporare
le magnifiche sensazioni,che noi, piu’ avanti negli anni,
abbiamo potuto vivere quando si era bambini.
Non bastava molto per cambiare il corso delle cose, solo
occorreva un piccola rivoluzione, una ribellione contro
quelle bande di manigoldi che hanno costruito
dappertutto,coprendo con i loro escrementi villa Raiola, il
caffe’ Palumbo, la Litoranea, gli scogli di mont u scar….
Ecco bastava che si legasse una corda al collo di questi
loschi individui e cosi’,senza un attimo di esitazione,
colarli a picco in mare. Certo poi c’erano i tanti torresi
che, per miseri interessi, sono stati collusi con costoro.
Insomma,per ignoranza e biechi tornaconto,la citta’ tutta,
o quasi.
Eppure se avessimo voluto noi, quel magnifico
palcoscenico,al centro del golfo,che guarda le magnifiche
isole, non solo avremmo potuto preservarlo,ma dargli anche
un po’ di belletto.
Seguitemi,vediamo che si sarebbe potuto fare per esaltare i
nostri luoghi. Si poteva far si che la costa di pietra
vulcanica di ” mont u scaro” non venisse coperta da quegli
orridi manufatti,dare delle tinte pastello a tutti i palazzi
che affacciano su corso Garibaldi, via Fontana e via
Liberta’ e dare un tocco di colore al tutto con alberi e
fiori.
Ed ancora riattare le Cento Fontane e farle rivivere con
eventi teatrali e musicali, lasciare che non si perdessero
gli antichi mestieri,agevolando l’apertura di botteghe di
artigiani e far nascere bar con tavolini all’aperto e
trattorie con la nostra incomparabile cucina.
Insomma tante cose avremmo potuto fare a che quel mondo non
svanisse ed invece nulla abbiamo fatto, persi come eravamo a
soddisfare i nostri appetiti familistici. E cosi’,
oggi,perseverando ancora nella distruzione, come di recente
estirpando agrumeti per farne parcheggi,noi sediamo a mirare
un Paradiso imbrattato, irrimediabilmente ferito e violato. |