L'AUTUNNO REALE TORRESE


La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui racconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa
se lo so..."
               
                             Giuseppe Marotta

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Il  pranzo

Erano alcuni anni che mancavo da Ischia, e rivederla oggi,abbracciare con lo sguardo tutto quest’incanto e’ stato un balsamo per il cuore. La giornata anche se leggermente adombrata da qualche nuvoletta nulla ha tolto al piacere dell’attraversata del breve braccio di mare che la separa da Napoli. Che spettacolo mirarla quando si e’ cosi’ dappresso, prima dell’attracco. Un “oh…” di meraviglia e’ sfuggito alla mia amica danese che mi accompagnava in questa breve escursione dell’isola  verde. Abituata ai suoi paesaggi ordinati e prevalentemente pianeggianti del suo Paese non ha potuto trattenere un moto di meraviglia di fronte a tale spettacolo.
Non sto qui a raccontarvi della bellezza del mare, dei profumi della macchia autoctona, di Sant’Angelo, delle fumarole nella sabbia,…..ma solo del pranzo sontuoso che abbiamo avuto modo di fare in una trattoria a picco sugli scogli dalle parti di Citara.
Essa si presenta in modo molto semplice senza nulla concedere alla modernita’. La facciata dov’e’ l’ingresso e’ di colore rosa,ma di un rosa antico,a tratti scolorito, ed un glicine,ormai alla sua seconda ed ultima fioritura, la impreziosisce con le sue foglie ed i suoi rari grappoli azzurri. I tavoli sono disposti su una bella terrazza  riparata dalla calura grazie ad un copertura di canne tra le quali fanno capolino i grappoli odorosi di un gelsomino azzurro. Ma il bello e’ che essa affaccia su uno scenario mirabile,un mare blu a perdita d’occhio.
La proprietaria, una signora un po’ avanti con gli anni ma che ancora conserva tratti di un’antica bellezza ci ha accolto con fare allegro ed anche un po’ ciarliero. Per non andar troppo per le lunghe ecco le delizie che con fare piacevole ci ha servito: linguine alla luciana, calamaro e gamberoni alla brace,peperoni imbottiti ed una parmigiana di melanzane che era un vero capolavoro. Che dire? I sapori erano quelli del tempo andato,sapori ormai introvabili. Su tutto poi un vinello bianco del posto, insaporito da generose fette gialle di  percoche.
Per finire fette di anguria freddissime………...  E ditemi se,oggi,con un pranzo cosi’ io non abbia fatto capolino in Paradiso.

Girone infernale

E’ di sera che ,come una spessa caligine,cala una cappa fredda sulla citta’. Essa  diviene gelida. Assume l’aspetto tetro di un citta’ gotica, quasi una spettrale Gotham City. Vittorio percorre le strade fatte tante volte,ma quasi ha l’impressione di non riconoscerle piu’. Ogni tanto viene sballottato,urtato da passanti frettolosi. Nessuno che fa per scusarsi, ma tutti corrono . Chissa’ poi per andare dove.
Cammina ma sembra quasi non conoscere piu’ nessuno. Un estraneo,questo era divenuto. Uno straniero nella citta’ dov’era nato. E i suoi amici,dove sono? Che fine hanno fatto? Ne aveva tanti ed adesso,invece , e’ rimasto solo. Quasi e’ divenuto trasparente, cosi’ come lo sono i vecchi. Era diventato quindi un vecchio?. Si sofferma davanti ad uno specchio di una vetrina e questi gli rimanda un’immagine ancora giovanile. Un po’ si rincuora. Intanto orde di adolescenti  sciamano un po’ dappertutto. Quasi come marziani: corrono,si urtano, litigano, parolacce ed insulti. Questo non e’ piu’ il suo mondo ,pensa. Quasi ha l’impressione di essere un naufrago. Si’, ma in una terra inospitale . E cosi’ la sera torna a casa con il magone. Chiude la porta lasciando fuori un qualcosa che non gli appartiene piu’.

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La
gelosia corrosiva

Come Swann per Odette, anche Vittorio bruciava di passione. La gelosia pervadeva il suo cuore fin quasi a desiderare la morte. Sì,una morte atroce e repentina pur di non avvertire piu’ quei morsi laceranti alle sue carni. Non sapeva piu’ dove sbattere la testa,non sapeva letteralmente cosa fare. Passava in un battibaleno dagli scenari piu’ foschi  a quelli piu’ compassati. Immaginava di fare cose turpi,le piu’ inverosimili.
 Ma poi tornava in se’,fin quasi a rasentare un calma sospetta, un’inedia soffocante.
Era stato quel pomeriggio,a casa sua, da Teresa. Dopo pranzo si era come appisolato per subito ridestarsi. Un senso di smarrimento, indistinto aveva iniziato a molestarlo. Pur di sfuggirne aveva raccolto la prima rivista dal tavolino e cosi’ ,senza un benche’ minimo interesse ,aveva iniziato a scorrerla. Quand’ecco un foglietto, nascosto tra le pagine, cadergli su una gamba. Lo prende e fa per leggerlo: se sei libera, ci vediamo stanotte da te, come al solito. E poi il nome di un uomo. Il suo amante!
Non poteva crederci. Ma come lei l’aveva circuito,fin quasi  molestarlo e nel contempo aveva un altro. Un altro uomo  con il quale trascorreva le notti. Si’, adesso capiva, comprendeva la sua freddezza che lui,stoltamente, aveva attribuito ad una sorta di riserbo. Avvampa! Una furia lo prende e il cuore impazzisce, battendo follemente.
Cosi’ senza accampare scuse,corre via da lei. Sale in auto E ,per pochi attimi,e’ come in catalessi, non sa che fare.   Ma poi,come un tuffo nell’oblio,accende  la radio a volume sparato e corre via stordito da un rock inebriante. Ecco adesso era veramente solo. Alla sua eta’,circa cinquantacinque anni ,e con il fisico gia’ logoro, le ultime illusioni hanno preso fuoco,sono divenute un mucchio di cenere.
Ci saranno altri giri di giostra,altre boccate di ossigeno ma n cuor suo ammette che e’tutto…..tempo perduto.

                                                                             
Il 
gufo

Con la bella campagna che ci si para davanti, stiamo,io  lui, seduti sull’uscio di casa. Quand’ecco pervenire da lontano un richiamo di un uccello ”Uuuuuh uuuuuh”. Mi guarda, sgranando i suoi occhioni verdi  e mi fa “Uuuuh”. Di rimando “”E’ un gufo” gli dico, sebbene non ne sia affatto sicuro. Si rimane poi in silenzio, come in attesa. Ed ecco giungere altri suoni, altri richiami, ma sicuro di altri uccelli. Mi guarda ed io “E’il gufo”. E lui, “Nooooo,…uuuuuuh”. Come a dire non e’ il gufo e certo tu non mi prendi in giro. Cala il silenzio su di noi, e dalla campagna, ormai velata di sera, tutto sembra acquietato, nulla perviene piu’ a noi. Dopo un niente di tempo, lui mi guarda e “ Uuuuh”.”Sara’ andato a nanna” mento io spudoratamente. “Aaaaaah” fa lui con il suo bel visino rivolto  me. E cosi’ ci alziamo e rientriamo in casa. Io e lui, Marco, mio nipote di appena due anni.