I BUCATI DI VASCIOAMMARE


La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui racconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa
se lo so..."
               
                             Giuseppe Marotta

 

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Elvis vive 
Elvis e’ morto a Memphis il 16 agosto 1977. E invece non e’ vero! Voi ci siete cascati come degli allocchi. Vi siete bevuti la panzana che vuole il re del rock finire i suoi giorni,di notte,nel cesso della sua grottesca dimora, con la faccia nella tazza e riverso in un lago di umori nauseabondi. Tutte stronzate! La verita’ e’ un’altra. Elvis non e’ mai morto e tutt’ora e’ vivo. Quella sera aveva litigato con la sua bella fidanzata Ginger Alden ed, in preda allo sconforto ,era scappato da Graceland,Memphis.
Con mezzi di fortuna era giunto a New York e di li’ aveva preso il primo aereo che partiva, senza curarsi dove portasse. Quell’ aereo aveva come destinazione Napoli. Quindi il 18 agosto Elvis the Pelvis ,di mattina,e' giunto nel capoluogo campano. Sempre,ad capocchia, ha preso uno dei tanti treni che di li’ partono per la provincia. Strabuzzate gli occhi,cose da non credere. Elvis, in quella tarda mattinata di un’estate torrida del 77, e' sceso nella stazione delle F.S. di Torre del Greco, a ridosso del bel porto. Voi obietterete,com’e’ che nessuno non lo abbia notato? Penso che il motivo sia da ricercarsi nel fatto che Elvis non era piu’ lui,voglio dire che era completamente irriconoscibile,ingrassato,il viso tumefatto e ,senza il parrucchino (lo portava? .Si dice che fosse completamente calvo. In definitiva sembrava semplicemente un grottesca imitazione del grande re.
Insomma l’abbiamo avuto tra noi e non ce ne siamo mai dato cura. Che stolti! Lui si faceva chiamare Pietro ed aveva trovato una discreta sistemazione in uno di quegli orribili palazzacci che affacciano sulle Cento fontane. Sebbene piu’grande di me,siamo stati grandi amici e sempre ho tenuto segreta la sua vera identita’. Ricordo, nelle serate estive,i" memorabili "concerti che gratuitamente dava nello scenario delle Cento fontane, vicino casa sua . Purtroppo finivano tutti con bordate di fischi ed insulti improferibili. La voce non era piu’ quella di una volta,dimenticava le parole e praticamente non ancheggiava piu. Qualche anno dopo non lo si e’ visto piu’.
E proprio stamane,un omone grasso,sul porto, sembrava lui.: dava da mangiare ai gatti. Era proprio Pietro- Elvis. Ma sei proprio tu? Gli ho chiesto. Con lo sguardo perso nel vuoto, ha farfugliato parole prive di senso. Che tristezza, Il mitico re del rock,vecchio ed inebetito.
A questo punto, forse mi conviene velare la verita’ e lasciare che si creda che,appena quarantenne, sia morto d’infarto,sebbene in un contesto vomitevole, piuttosto che vederlo scivolare in un’agonia lenta e patetica….Quindi e’ morto Elvis,viva Elvis.

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Equilibrio precario

 Erano gia’ diverse notti, che quasi come un incubo, rifaceva lo stesso sogno. Esso era un fatto che gli era realmente accaduto. Una mattina d’estate, giu’ al laghetto,molti anni fa. Era un ragazzino, si e no dieci,undici anni. Allora la costa non era cosi’ come si vede oggi, banalmente abbrutita. C’ erano i cassoni, enormi  rettangoli di cemento, a difendere dalla furia del mare, il costone della ferrovia. Ed in alcuni tratti essa presentava , nella massa tufacea, giochi architettonici ad opera del vento e del mare. Tornava a casa, dopo essere stato a mare con gli amici. Non si sa come, venne a trovarsi aggrappato d uno scoglio, nell’intento di superarlo. Ma il panico lo prese, tale che non riusciva ad andare ne’ avanti ne’ indietro. Di sotto,molto in basso, gli scogli acuminati. Il sudore freddo inizio’ ad imperlargli la fonte. Che fare? Se andava avanti rischiava di cadere giu’ e di sfracellarsi, ma lo stesso era se tornava indietro. Rimase ,cosi’, per un tempo indefinito,in quella scomoda posizione, con le forze che iniziavano a scemare. Le mani aderenti allo scoglio quasi ad abbracciarlo. Cosi’ come nella vita, viene il momento della decisione, costi quel che costi. Avanzo’ cautamente con la pancia che aderiva alla pietra bollente, e con uno slancio passo’ dall’altra parte. Ce l’aveva fatto! Cosa da non crederci. Guardo’ giu ‘ gli scogli, fino ad un momento prima, minacciosi. Poteva morire. Ma cos’era poi la morte a quell’eta’?
Cosi’,dopo tanti anni, un ricordo ormai sopito, gli ritornava intatto nei sogni: la pietra nera, il mare color cobalto, e quell’ansia di morte imminente. …In definitiva voleva pur dire qualcosa?

Dov’e’ la nostra
infanzia?

Dov’e’ piu’ la nostra gioventu’? Tutti quegli attimi di stupore, tutte le nostre mille illusioni dove soo andate a finire? Possibile che di essi non rimanga piu’ nulla, come se di quella vita di quella nostra vita noi non l’avessimo vissuta, non l’avessimo attraversta.
Sovvengono di momeniti che si ha la terribile impressione che noi si e’ quel ch siamo adesso, e non gia’ quel che siamo stati, come se il passto fosse svanito come neve al sole. Possibile ch di esso, come muti testimoni, ci rimangano solo vecchie e logore fotografri.?
Ed esse cosa potrammo mai dire a chi le guardera’. Cosa potra’ ai dire ai nosri nipoti di quel che abbiamo provato in questa nostra vita.Certo non potranno mai raccontare i nostri spaesamenti, i nostri turbamenti, le nostre follie,  i nostri turbamenti..