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Ex convento
e chiesa del Carmine
In questi
giorni finalmente si stanno effettuando i lavori di
rifacimento di piazza Palomba. La piazza, cosi’ come si
presentava attualmente, era orribile e si spera che dopo il
restyling essa acquisti un aspetto piu’ gradevole, anche se
certi guasti, ahime’,non si possono rimuovere. Fino agli
anni 60 essa conservava una certa armonia architettonica, ma
fu interrotta, durante gli anni del sacco edilizio,da parte
di una banda di cialtroni, con la distruzione di qualche
antico edificio Al suo posto si e’ innalzato un manufatto
banale nelle linee che nulla ha a che vedere con
l’architettura circostante. Comunque speriamo che la
riqualificazione della piazza,della quale non e’ visibile
alcun progetto, riesca, se fatta bene, a smussare quantomeno
tale disarmonia.
Su detta piazza affaccia la bella chiesa del Carmine e di
fronte ad essa si erge la statua di Garibaldi. Come a dire
il diavolo e l’acqua santa e si ha l’impressione che quasi
si guardino in cagnesco.
Spinto dalla curiosita’, un mattina mi sono recato sul posto
per verificare, di persona lo stato dei lavori. E poi, come
un gioco, ho chiesto ad alcuni che sostavano in piazza cosa
sapessero circa la storia della chiesa. Le risposte sono
state sconfortanti e denotano purtroppo un’ignoranza
imbarazzante. Cosi’, per riparare alle manchevolezze dei
miei smemorati concittadini ho fatto io una ricerca nella
biblioteca comunale ubicata nella bella villa Macrina e
questo e’ cio’ che sono riuscito a cavarne fuori.
Dai Padri Carmelitani del Carmine Maggiore di Napoli fu
edificata in Torre una chiesa dedicata alla Madonna del
Carmine con annesso convento. La sua rifondazione rimonta ad
oltre i tre secoli. Secondo un tale Ascione ,autore di una
plagiata memoria sulla Torre del Greco,le fondamenta
dell’edificio furono iniziate nel 1566 da un certo Alberto
Napolitano.Lo storico Balzano nel suo libro dice che il
complesso era posto all'uscire della città verso Torre
Annunziata e che era assai antico, e accenna ad un documento
del 1565 che riguarda un legato fatto al convento da un tale
Andrea Spano per notaio Ambrosio Palomba. Si deve pertanto
congetturar percio’ che le fondazione del Convento del
Carmine e’ piu’ antica di pochi anni di quel che afferma l’Ascione..
L’immagine della Vergine che vi si venera, la si fa
rimontare dai fedeli a tempi remotissimi fino ai primi anni
dl Cristianesimo. Una pia ed ingenua tradizione ne
attribuisce il dipinto a S,Luca e la fa pervenire
dall’Oriente in Italia nella prima meta’ del secolo
decimosecondo.
Chiesa e convento non ebbero vita facile in seguito: nel
1631, durante l'eruzione vesuviana che danneggiò la città
vennero parzialmente distrutti, meno nel punto dov’era
situata l’immagine, il che fu ritenuto un miracolo,
Comunquee i monaci ivi residenti dovettero riparare a
Napoli.
Rimasta intatta la cappella
con l'immagine della Madonna, i religiosi tornarono ma,
perdute quasi tutte le rendite e privi di elemosine,
dovettero abbandonare il progetto di riedificazione della
loro dimora, e il convento venne addirittura soppresso con
una bolla pontificia del 1652.
Si
riprese poi il culto dell'immagine rimasta indenne ma tale
devozione si spense del tutto per la peste del 1656 e
migliaia di cadaveri degli appestati furono gettati in un
fosso presso la chiesa distrutta e, lasciati scompostamente
ammonticchiati ed allo scoperto apportarono un tale fetore
ed un terrore superstizioso che nessuno osava piu’ passare
di li’.
Al
riguardo anche lo storico torrese Francesco Balzano ne
”L’antica Ercolano” ci informa che a Torre, per tale
lacrimevole eccidio, morirono 1500 cittadini che vennero per
la maggior parte sepolti in una profonda fossa comune
scavata alle spalle della chiesa del Carmine, fuori del
centro cittadino. Secondo i calcoli più probabili la peste
del ’56 uccise nella capitale circa 250 mila persone sulle
350 mila precedenti; nel viceregno, ove si contavano 14
milioni di abitanti, ne rimasero appena 4 milioni e mezzo.
La diminuzione della popolazione e la sospensione delle
attività produttive ebbero gravi conseguenze per la già
compromessa economia.
Scarseggiarono le merci, aumentarono ancor più i prezzi,
molti commercianti profittarono per arricchirsi, altri
disonesti rapinarono case e botteghe rimaste abbandonate,
turbe di mendicanti inondarono le strade. Fu, dunque, tale
evento, secondo il giudizio di numerosi autorevoli studiosi,
uno dei più disastrosi della storia di Napoli e del
Mezzogiorno. |
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Cessato il
morbo e riparato lo sconcio dei cadaveri con darne pietosa
sepoltura si riprese con tale fervore il culto
dell’immagine abbandonata che si potette ristrutturare la
chiesa che fu data in custodia ad un romito. I Torresi
pregarono i frati del Carmine Maggiore di Napoli di
rioccupare la loro antica sede, ma ne ebbero un rifiuto,
onde si rivolsero ai Carmelitani di S. Maria della Vita alla
Sanità che acconsentirono e vi si stabilirono nel novembre
1672.
Nell'eruzione vesuviana del
1737 il complesso fu sfiorato dalla lava ignea del vulcano e
subì dei danni; in quella gravissima del 1794 rimase fra i
pochi che non andarono compresi nella generale rovina,per
cui divise con S,Maria di Costantinopoli la cura
parrocchiale finche’ non fu ricostruito il tempio S.Croce
e ospitò la collegiata costituita nel 1796 dal card. Zurolo.
Da essa il beato Romano, come vice parroco, partì in
processione solenne la domenica del 5 giugno 1796 per la
cerimonia della posa della prima pietra della erigenda nuova
S. Croce. Con l'avvento della monarchia napoleonica un
decreto del re Gioacchino Murat del 7 agosto 1809 soppresse
ancora il convento torrese come altri del Regno, e il 9
luglio 1811 fu ordinata la chiusura anche della chiesa.
I Torresi, con a capo il sac.
Crescenzo Ascione, ottennero, due anni dopo, la riapertura
di questa, mentre il convento passò in potere
dell'amministrazione cittadina diventando sede comunale fino
al 1851. Nel 1878 divenne sede della nascente "Scuola di
Incisione sul Corallo e di Disegno Artistico Industriale",
oggi Istituto Statale d'Arte.
La chiesa fu ampliata nel
1908 e fu proclamata parrocchia nel novembre 1929, avendo
come primo parroco dal 1931 don Michele Di Rosa; l'attuale
e’ don
Essa è di stile barocco
napoletano: l'interno ha una sola navata, con tre cappelle
su ogni lato, cupoletta e volta a botte che ha tre affreschi
dei pittori Vinciano e De Rose, dell'Accademia di Belle Arti
di Napoli, fra cui quello centrale con il "Trionfo della
Madonna del Carmelo"; l'altare maggiore, riccamente decorato
con marmi policromi, ha l'antico quadro della Madonna col
Bambino, copia di quello del Carmine di Napoli.
Sul lato sinistro della
navata, il varco di una porta sormontato da un busto di San
Gennaro mostra un masso di colata lavica dell'eruzione del
1737 che quì giunse e si pietrificò.
Una lapide marmorea a
ricordo dice:
A PARTU VIRGINIS ANNO
MDCCXXXVII
TORRENS VESAEVINUS, PRAECEPS
PER HANC IANUAM
INGRESSUS, IN PROSPECTU
ICONIS DEIPARAE
CARMELITAE IMMOBILIS, UT CONSPICIS, REPENTE
STETIT, FREMET ICONOCLASTES,
EXULTET PIUS
CULTOR
IMAGINIS MARIAE, OLIM FLUCTUS MARIS,
NUNC FLUCTUS IGNIS NE
PROGREDI IUSSIT DEUS
SI MIRABILIS IN SANCTIS SUIS
MIRABILIOR IN
REGINA SANCTORUM POSTERITAS
NE TANTI FACTI
EXPERS
AB INTERITU VINDICARUNT PP. CARMELITAE
ANGELUS CINGERI ITE RUM
PROVINCIALIS ,
COENOBII MODERATOR IOSEPH
ARDIA 1785.
(Nell'anno 1737 dal parto della Vergine il torrente
vesuviano, entrato precipitoso attraverso questa porta, si
fermò immobile subitamente, come si vede, innanzi
all'immagine della Vergine del Carmelo. Frema l'iconoclasta,
esulti il pio devoto dell'immagine di Maria. Dio, mirabile
nei suoi santi, più mirabile ancora nella Regina dei Santi,
una volta impedì ai flutti del mare di andare oltre, ora lo
ha impedito ai flutti del fuoco. Affinché i posteri non
fossero privi della conoscenza di un sì grande avvenimento,
lo difesero dall'oblio i Padri Carmelitani Angelo Cingeri,
provinciale per la seconda volta, e Giuseppe Ardia, rettore
del convento. 1785).
E’ da ricordare che a pochi passi dal Carmine c’e’ la
piccola chiesa del Purgatorio. Essa ebbe origine nel 1656
quando cesso’ il morbo che fece perire 1500 cittadini in
Torre del Greco, gli avanzi putrefatti dei morti appestati,
furono tolti dalla primitiva giacitura ed accumulati in un
profondo fosso vicino, appositamente cavato. Su questo,
dalla pieta’ dei fedeli, fu elevata una cappella sotto il
titolo di Santa Maria del Pianto in suffragio delle anime
dei defunti. Distrutta la Chiesa dopo ottantun’anni
dall’eruzione dl 1737, fu riedificata sotto l’attuale titolo
del Purgatorio. |