ARCOBALENO MULTICOLORE CORALLINO


La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui raconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa se lo so..."
               
  Giuseppe Marotta

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Il terremoto

Era una sera’ come questa,con le stelle e tutto il resto,solo ricordo un po’ piu fredda. Era una domenica cosi’ come oggi,le stesse cose,il solito tran tran, il pranzo,la bambina, mia figlia di appena un anno,che giocava con le sue bambole. E’ sempre cosi’ nella vita,un attimo,un secondo,un lampo di tempo e ad un tratto cambia tutto. Il mondo,trac,cambia ed anche quello che siamo in quel momento,e che dopo non saremo piu’. Quella sera di trentaquattro anni fa,eppure sembra avant’ieri,avevamo amici a casa,una coppia di cari amici: Franca ed Enzo.
Mentre mia moglie stava in cucina con la sua amica,io ed Enzo eravamo nel salotto a parlare del piu’ e del meno,comodamente seduti su un divano. Ecco,esso ad un tratto sobbalza come strattonato violentemente e sembra non la smettere piu’. Cosi’ io sbotto,rivolto all’amico: e smettila di fare il cretino! E lui,allarmato: ma non sono io!
Ci si guarda esterrefatti: ma allora e’ il terremoto! Era la prima volta, nella mia vita, che ne avvertivo
uno cosi’ palesemente. La casa era a piano terra per cui fu facile scappare e rifugiarci in uno spazio aperto nei pressi.
Non eravamo soli ,anche i vicini ,piu’ impauriti di noi, erano li’. Era sera,quasi le otto, ed il terremoto era stato fortissimo. L’edificio di fianco alla mia villetta,di undici piani,scappando di casa,l’avevo visto ondeggiare paurosamente. C’era nello spiazzo un silenzio irreale e tutti guardavano verso un’unica direzione: Il Vesuvio.
Si temeva che fosse lui l’artefice di quel brusco e reiterato scuotimento . E ,puo’ sembrare strano,ma grande fu il sollievo quando iniziarono ad arrivare le prime notizie che davano come epicentro del sisma un paesino della Basilicata. Cosi’, sebbene ancora terrorizzati,un po’ ci eravamo acquietati dal aver scansato un disastro al cui cospetto il terremoto non era che il male minore. Passammo quella notte,ed altre ancora a seguire ,all’addiaccio,dormendo in auto. E la mia,una vecchia Renault 4 azzurra,molto spartana nei rivestimenti, non era affatto confortevole. Oggi ,dopo tanti anni da quel terribile evento,questo e’ il ricordo che ho di quella tragica serata nella quale molti furono meno fortunati di noi.
E voi,almeno quelli che hanno vissuto quegli orribili istanti, che ricordi avete?

Pensierino della notte

Ricordo che un po’ di tempo fa non era infrequente imbattersi in qualcheduno con un libro in mano. E a volte erano anche tomi difficilmente digeribili, romanzi che oggi farebbero venire attacchi di fibrillazione atriale.

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Chi oggi oserebbe piu’inerpicarsi nella lettura del Don Chisciotte, o dell’Ulisse,o dei Fratelli Karamazov? Forse solo qualche esagitato masochista,ma comunque pochi ,pochissimi. E cosi’ al tempo di Face book tutti ostentano in mano uno smartphone invece di un libro. E cosi’ bellissimi romanzi marciscono nei reparti polverosi di librerie sull’orlo del tracollo, o gia’ drammaticamente chiuse.
E la societa’ delle immagini,bambola, e non puoi farci niente! E cosi nessuno riesce piu’ a concentrarsi per piu’ di un paio di frasi di un racconto. Con internet , si e’ operata silenziosamente una regressione, si e’ tornati un po’ tutti al mondo incantato delle favole, all’annichilimento della coscienza critica. Povero Kant, senza piu’ stelle ne morale! Si e’ tornati tutti sui banchi di scuola elementare con i testi con a fianco la “figurella” come amo ingannevole per invogliare alla lettura. Alla fine si sta avverando una vera e propria metamorfosi cognitiva con tutti i pericoli che ne possono scaturire, e con i vecchi e logori demoni che possono balzare fuori dai meandri della Storia.

La montagna quietata 
Anche se dormiamo su un letto di fuoco, noi tutti siamo sereni, e cosi’ anche se sappiamo che sotto di noi scorrono fiumi di magma rosso sangue noi non ci si pensa affatto . Non nutriamo alcun timore di quel moloch che, splendidamente si erge sopra le nostre teste, anzi ci piace mirarlo,godere delle variazioni di colore dal verde fulgido della mattina al viola sempre piu’ cupo man mano che il giorno tende a morire. Per noi il Vesuvio e’ un amico e difficilmente potremmo pensare che potrebbe farci qualche cattiveria. E cosi’ , con l’anima quietata, noi facciamo come se non esistesse, come se esso non fosse che una banale montagna. Ergiamo quindi manufatti di dieci piani, villette orripilanti fin sotto il suo ombelico, strade a ridosso delle pendici….insomma siamo tutti tranquilli.
Eppure a rileggere alcune cronache di storia apprendiamo che in tempi piu’ o meno recenti un po’ di guai pure li ha procurati, con tanti morti e averi distrutti. Ma pochi spendono il proprio tempo a investigare sulle cose antiche, e cosi’ intonse pure rimangono le lettere di Plinio il giovane che narrano dell’apocalisse del 79 d.c..
L’homo vesuvianus non sa e non vuole sapere, gode molto nel rimuovere i pensieri molesti e di natura e’ fatalista. Ed anche se sul suo capo pende la spada di quel poveraccio di Damocle, lui non se ne fotte e quindi neanche vede il crine di cavallo che, per l’eccessivo peso, potrebbe spezzarsi all’improvviso fracas- sandogli il cranio. Insomma giu’ da noi un po’ si vive alla giornata prendendo il buono che si riesce ad ottenere nell’immediato e per il domani…che Dio ci pensI.