ARCOBALENO MULTICOLORE CORALLINO

 
La torre del Greco
cromosomica

di
Giovanni Ruotolo

"Sono io la Napoli di cui raconto e altre non ne conosco perché solo di me so qualcosa se lo so..."
               
  Giuseppe Marotta

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Il libro, che
splendida invenzione

C’e’ stato un tempo che un libro poteva costarti la vita. C’e’ stato un tempo che i libri venivano messi all’indice,oppure bruciati, accatastati in pile enormi. C’e’ stato un tempo che avere un libro,rubarlo quasi e leggerlo di nascosto,in un angolo appartato, poteva arrecare un gioia immensa. Nemico acerrimo dei libri e’ , da sempre,il pensiero unico, perche da essi si dipana la coscienza critica,unico baluardo contro le derive autoritarie. E cosi’ nel suo bel libro “ Balzac e la piccola sarta cinese” Dai Sjie narra di come i libri del prolifico autore della “Commedia umana “trasformino la vita, durante la dittatura maoista , di questa piccola contadina tale da farle dire"Balzac mi ha fatto capire una cosa: che la bellezza di una donna è un tesoro inestimabile". Ecco i libri sono artefici di metamorfosi portentose,danno luce alle cose e dipanano le opacita’ che ottenebrano le nostre vite. E cosi’ anche in “ Fahrenheit 451”di Ray Bradbury, ambientato in un imprecisato futuro posteriore al 1960, vi si descrive una società dispotica in cui leggere o possedere libri è considerato un reato, per contrastare il quale è stato istituito un apposito corpo di vigili del fuoco impegnato a bruciare ogni tipo di volume. Dunque i libri sono oggetti da perseguire nei regimi autoritari,e molti, a costo della vita, cercano in ogni modo di possederne qualcheduno. Ed oggi,invece, che abbiamo la possibilita’ di poterne avere quanti ne vogliamo, noi non li cerchiamo piu’, come fossero cose obsolete, inutili. Non leggiamo piu’ e cosi’ di giorno in giorno precipitiamo inesorabilmente in un eterno presente, in un oblio perenne.

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La solitudine

Abbiamo trascorso tutta una vita senza che nessuno ci chiamasse e senza che noi chiamassimo alcuno. Si usciva di mattina e la sera si rientrava senza che noi si sapesse niente degli altri. Abbiamo in tal modo, comunque vissuto e neanche male. Non siamo sprofondati nel tedio piu’ assoluto, non siamo impazziti perche’ nessuno ci cercava. Sara’ che noi si era in confidenza con il silenzio. Esso non ci incuteva timore, un po’ ci era familiare, perche’ in fondo eravamo cresciuti con esso. Abbiamo letto libri meravigliosi senza che suoni molesti disturbassero i nostri incanti. Abbiamo ascoltato fiabe e abbiamo goduto dei meravigliosi suoni della natura in una sorta di contemplazione estatica. Poi tutto e’ cambiato, piano piano senza che ce ne avvedessimo. E cosi’,oggi, presi da una sorta di dipendenza , stiamo male se non rendiamo tutti partecipi delle nostre cose, delle nostre idee, addirittura di quello che mangiamo. E cosi’ siamo tutti allegramente iperconnessi. Tutti a dirci istante per istante dove siamo e cosa facciamo, senza tregua, senza un attimo di ristoro. Siamo cosi’ tutti ipervigilati come in quel romanzo di Orwell, solo che qui non c‘e’ alcun angolo per poter sfuggire al controllo. Neanche piu’ si puo’ dire un bugia, perche questi aggeggi, che ci portiamo appresso, dicono tutto di noi, anche dove ci si trova.

E poi e’ cosi’ sconfortante vederci scrutare gli schermi colorati neanche se attendessimo il responso dell’oracolo di Delfi. Cosi’ avvilente quel tempo perduto a dirci menate. Tempo prezioso che potremmo impiegare a leggere, a coltivare fiori,ad amare e, perche’ no, a conversare con chi ci sta accanto. Ed invece il tutto sembra una grande fuga da noi stessi e dagli altri.