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IL MALEDETTO INCASTRO
Farsa in un atto di Franco Penza
Scena: interno di un’abitazione rurale di una
cittadina campana alle falde del Vesuvio
PERSONAGGI:
paraninfo, fattucchiere, patriarca, ragazza, giovane.
MATRIARCA: Buongiorno, don Menio. Come mai da
queste parti?
FATTUCCHIERE: Signora, ho portato l’intruglio
che mi avete chiesto. Vado di fretta. Tenetevi la bottiglietta e
custoditela bene. Arrivederci.
PARANINFO: Posso entrare? Buongiorno, signora!
Come vanno gli amori? Se male, provvedo subito. Tengo due giovani a
portata di mano, che fanno al caso vostro. L’anno scorso mi avete
compensato molto bene.
MATRIARCA: Vanno ancora d’accordo. Appena
dovesse accadere qualcosa, vi farò sapere.
PARANINFO: Stiamo durando. L’anno scorso ne
cambiammo una sessantina, vale a dire uno ogni settimana circa.
Avevo preso gusto a dire: ”Signora, ho provveduto alla vostra
richiesta. Ho trovato un giovane, che fa al caso vostro. “Voi
rispondevate ansante:”Che professione svolge, come si chiama, è
alto, bello?” Io replicavo:”Piano, piano, sta fuori; ve lo faccio
subito conoscere. Beh, signora, per ogni eventualità, sapete dove
trovarmi. Arrivederci.
MATRIARCA: Figlia mia, speriamo che con questo
si arrivi al matrimonio. Ti raccomando di dire che non sei mai stata
fidanzata, che non hai visto mai volto di un uomo, che non conosci
un’acca della vita. Deve crederti un angelo.
GIOVANE: E’ trascorso del tempo, ma sono
emozionato. Non mi era mai successo una cosa del genere. Io sono
abituato alla conquista.
RAGAZZA: Qui è tutto diverso. Ci si fidanza
una sola volta, non si parla per strada con i giovanotti, non si
conosce volto di uomo, non si capisce un’acca della vita.
GIOVANE: Male da un lato, perché bisogna
arrivare preparati al matrimonio. Potrebbe essere un bene dal lato
morale con le debite riserve. Una gemma rara in un mondo, che sa
solo cos’è la corruttela.
MATRIARCA: Prendi una gustosa tazza di caffè,
roba fatta in casa, genuina.
GIOVANE: Mi fanno ridere, quando si parla di
miscele con fatture. Idee che appartengono al satellite
dell’ignoranza. Che strano caldo stamattina! Tutti alla spiaggia:
ossa, carne e pelle al mare: un carnaio. Egregie, i tempi sono
mutati. Ai tempi vostri c’era più ipocrisia, ma era la stessa cosa.
MATRIARCA: Per amore del cielo! Ti dico che
c’era più semplicità. Ma le mie figliole sono rimaste a quella
semplicità. Io sono ancora ingenua in certe cose. Raccontano
sozzure, che fanno rabbrividire alla mia età.
GIOVANE: Penso che tu sia diversa
dall’ambiente in cui vivi. Penso che tu sia una ragazza evoluta. Ti
sei adeguata ai tempi. Non dimentichi lo sbalorditivo progresso di
oggi. Sarebbe assurdo vivere contro corrente.
RAGAZZA: Noi non viviamo contro corrente.
Viviamo secondo quanto nostra madre ci ha insegnato. Nostra madre ha
detto sempre che innanzi tutto il denaro è alla base dell’amore. Poi
viene il resto. Non siamo mai state fidanzate, non abbiamo mai
conosciuto volto di uomo e non conosceremo altro se questo amore
dovesse fallire. Meglio il convento.
GIOVANE: Fidanzate cento volte, violentate e
abbandonate, tutto ciò a me non interessa. Basta solo che ci si
dedichi completamente al nuovo amore. Il soldo poi serve non in
senso assoluto, ma relativo. Avete una mentalità gretta e fuori
epoca. E qui esiste una forma patriarcale superata da secoli. Siamo
indietro di millenni rispetto alla signora civiltà.
MATRIARCA: Ho pensato di celebrare un unico
matrimonio. Due sorelle e due fratelli. Fantastico!.
GIOVANE: Quanta fretta! Senza conoscersi si
convola a nozze. Diamo tempo al tempo. E poi insieme…
MATRIARCA: Quando dico una cosa non voglio che
mi si contraddica, assolutamente!
GIOVANE: Voi siete stati educati ad agire
così, ma noi no. Solo se il maestro Pitagora asseriva qualcosa, i
suoi discepoli esclamavano in coro :”Dixit!” e tacevano. Ma non
tutti sono Pitagora. In epoca spaziale obbligare il matrimonio. Ma
stiamo scherzando? E l’amore, dov’è l’amore??
MATRIARCA: Parli sempre d’amore, ma a che cosa
serve questo amore benedetto?
GIOVANE: Purtroppo, questo amore, che domina
il creato, che fa soffrire e gioire, non lo capirete mai. Capirete
soltanto l’amore per il soldo, il maledetto denaro. Vedo che il
mosaico traballa.
MATRIARCA: I soldi sono la base di tutto!
GIOVANE: Signora, siamo agli antipodi. Io dico
bianco e voi rispondete nero. Io ideale e voi materia. Io verità e
voi bugia. Io progresso e voi regresso. Egregia signora, restate con
la vostra ed io con la mentalità. Mi dispiace per la ragazza, che
purtroppo fa parte del naufragio ambientale.
MATRIARCA: Dunque, è tutto finito?
GIOVANE: Abbiamo appena iniziato e già tutto è
finito. Avete creato un maledetto incastro! Se il male è alle
radici, meglio svellere la mala pianta. Arrivederci! E ricordate che
avete perso un’altra battaglia decisiva. Bisogna estirpare le
ortiche!
RAGAZZA: Non sono stata mai fidanzata, non ho
conosciuto volto di uomo, meglio il convento.
PARANINFO: Stavolta, signora, ho provveduto
alla vostra solita richiesta!…
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L’EDUCAZIONE
ALL’UMANITA’ NEL PENSIERO DI HERDER
Franco Penza
La filosofia illuministica pretende di
rischiarare con i lumi della ragione tutta la realtà, lottando
contro il presunto oscurantismo medievale, sottoponendo a revisione
critica, minuta ed implacabile, gli istituti tradizionali, il
feudalesimo, l’assolutismo monarchico, la chiesa, i sistemi
scolastici, le strutture giuridiche, l’economia.
In Germania, il movimento culturale “Sturm
und Drang” (impeto ed assalto) anima il periodo preparatorio del
Romanticismo. Esso non è solo una rivoluzione letteraria, il
programma estetico d’una avanguardia ribelle, ma la istanza di
un’etica nuova, un’interpretazione del mondo, mirante a sconvolgere
non tanto la tradizione letteraria quanto l’ordine filosofico,
scientifico, religioso, politico e sociale.
Nel suo irrazionalismo lo “Sturm”
costituisce storicamente un atteggiamento di istintiva reazione alla
filosofia illuministica. Il movimento, rompendo ogni rapporto con le
tradizioni letterarie, affermando la necessità di un ritorno alla
natura nelle relazioni umane, sostenendo l’assoluta libertà
dell’arte, può considerarsi un’esaltazione della vita nella sua
immediatezza e in tutta la sua spontaneità.
La natura umana è istinto, sentimento,
passione, ma lo “Sturm” lancia sfide, cercando di distruggere
convenzioni e miti, affrontando anche una problematica sociale e
politica, però in modo tumultuoso e incoerente: questi fermenti sono
destinati a una generazione più tardi, quando il Romanticismo
riprende gli spunti di Herder.
L’INIZIATORE DELLO STORICISMO
Giovanni Goffredo Herder (Mohrungen
1744-1803) è destinato a occupare un posto di rilievo nella
letteratura tedesca non per le sue opere, ma per la ricchezza di
idee, che sparge intorno a sé.
Nessuna delle sue opere, infatti, è un
capolavoro: il loro contenuto concettuale (poiché non si può parlare
di un sistema filosofico) è frammentario e spesso contraddittorio.
Eppure Herder resta l’animatore dello “Sturm”, l’iniziatore dello
Storicismo e molti suoi motivi, ripresi dal Romanticismo,
condizionano un secolo di letteratura. Le idee più feconde
nell’indagare il rapporto tra lingua e letteratura sono quelle che
riguardano il “genio” della poesia di un popolo come l’insieme delle
sue caratteristiche spirituali, primi germi di una estetica
romantica. “Il giornale del mio viaggio” è un incompleto zibaldone,
in cui, però, già appare l’intuizione di una storia umana, che sia
storia della civiltà.
Nel saggio “Sull’origine del linguaggio”
Herder si allontana da Hamann e confuta l’idea dell’origine divina
del linguaggio (origine non da intendere in senso temporale, ma
eterno momento dello spirito umano); non solo nel linguaggio parla
l’anima umana, ma il linguaggio è la stessa anima, che si
autoconosce. Herder assegna valori di originalità poetica solo ai
canti dei popoli primitivi, contrapponendoli ai classici, affermando
così il concetto di genio del popolo. Raccoglie una silloge di canti
popolari di una ventina di nazioni cercando in essi l’espressione
della vita naturale ed elementare delle nazioni in età aurorale.
L’opera non solo inaugura le ricerche sulla poesia popolare, ma
opera una rivoluzione sostanziale del gusto
Pur ricollegandosi all’altra opera di
filosofia della storia “Auch sine Philosophie der Gerschichte” “Le
ideen”rappresentano il pensiero di Herder nella sua quasi totalità.
Vi troviamo riferimenti al problema della storia anche quando si
tratta di problemi estetici e critici.
Qui lo Storicismo già indica una concezione
della realtà come storia, una considerazione del reale di prevalente
interesse storico o storiografico.
Il rapporto tra la sensibilità dei diversi
popoli e le condizioni climatiche è ben manifesto.
Nasce la tendenza ad usare come metodo di
interpretazione della storia il rapporto tra diverse facoltà di
pensiero, anche se applicato ad una forma spirituale, quale la
poesia. Il passaggio della poesia naturale alla poesia d’arte è
considerato come passaggio della “logica degli affetti” a quella
della ragione e nella storia della poesia viene ravvisata la stessa
sequenza di vita-sentimento-azione-pensiero e morte, come fasi
diverse e insostituibili di un processo irreversibile, che opera
nella vita dell’uomo.
Secondo Herder la filosofia della storia
del genere umano deve iniziare dal cielo, perché la terra fa parte.di
un tutto, il cui pensiero infinito si annienta. Bisogna
rintracciare, capire e interpretare il disegno divino, in cui l’uomo
è chiamato ad operare. Herder pensa che su Venere e Marte ci sia
vita. L’analogia ci permette di pensare che la nostra esistenza a
perfezione possa proseguire in forme più pure su altri pianeti o
stelle o incontrarsi con altre creature di altri mondi, attraverso
le quali tendere all’unità.
La composizione della terra mostra, sia in
superficie che nel suo interno, tracce di inondazioni, eruzioni,
terremoti e modifiche di ogni genere. La natura sembra proprio aver
percorso l’itinerario mosaico, con tempi diversi e più ampi di
quelli umani.
L’uomo è soggetto alle leggi della sua
dimora, leggi eterne di sapienza e di ordine, secondo cui è
perfettamente naturale che qualcosa nasca e perisca. Ma il perire è
apparente e costituisce solo un mutamento di forze.
IL CONTINUO MUTAMENTO
Sulla terra tutto è soggetto a continuo
mutamento e non solo i fattori fisici, ma anche quelli spirituali,
non solo il clima, ma i costumi, le religioni, gli abiti, i cuori.
Colleganza naturale perfetta della grande varietà all’unità. Come la
forza di gravità ci tiene legati alla terra, così noi siamo legati
spiritualmente alla nostra terra, ai costumi, alla lingua,
all’ambiente. L’uomo, quindi, è creato per tutta la terra e tutta la
terra per l’uomo. Se vogliamo conoscere il genere umano, non
dobbiamo conoscere una sola cultura e un solo paese, ma considerarlo
nelle varie forme, che ha assunto nelle varie parti della terra. La
varietà è stata favorita dall’inclinazione dell’asse terrestre
rispetto al sole, che permette alternanza di climi, costumi,
abitudini umane, occupazioni diverse. Forse matrice delle prime
forme di vita, l’atmosfera esercita una notevole attività su tutte
le creature terrestri. Ciò spiegherebbe anche la diversa formazione
fisica e spirituale dell’uomo. Ci sono anche influenze astrali,
sole, luna, che si dovrebbero meglio studiare per comprendere
l’intreccio totale di forze, che il Creatore ordina in ogni punto
dell’universo.La conformazione orografica influisce sulla
distribuzione della popolazione terrestre e sulle sue vicende. Così
come determina la scelta di certe forme di vita (caccia, pastorizia,
agricoltura) e la fioritura di costumi diversi.
La diversità nelle disposizioni delle
catene montuose tra il vecchio e il nuovo mondo, trasversali nel
primo, longitudinali nel secondo, determinano condizioni diverse di
clima.
Tutte le creature della Terra obbediscono
ad unica legge, che le concatena. L’uomo dovrebbe trarre una lezione
di umiltà e di modestia, considerandosi così piccolo davanti al
creato. Il regno vegetale è una vasta organizzazione di forme che da
una parte confina con il regno minerale, dall’altra con quello
animale. L’uomo, avendo lo stesso ciclo delle piante è un essere
vegetativo. Ed anche nella vita spirituale è ricco di aspirazione in
gioventù e, a poco a poco, spento nella vecchiaia. Anche l’ambiente
e il clima sono fattori analoghi alla vita dell’uomo o dell’animale.
Gli animali sono i fratelli maggiori dell’uomo. Il rapporto con gli
animali spiega molti caratteri dell’uomo, che nella convivenza ha
imitato o imparato. Gran parte della civiltà umana è zoologica e
geografica. La posizione di privilegio certamente è dell’uomo. Tra
le strutture delle piante e quella dell’uomo c’è una notevole
differenza. Prima fra tutte gli apparati. In prima analisi la
nutrizione. Diverse forze organiche operano nell’animale, con
diverse strutture fisiologiche.
L’ISTINTO
Nell’animale l’istinto, nell’uomo
l’intelligenza. C’è una differenza soprattutto organica tra uomo e
animale. Secondo il luogo abitato, l’uomo ha una conformazione
organica. Al Polo Nord l’uomo è simile molto all’orso. Il freddo
rende più lenta la circolazione sanguigna e quindi egli è meno
irritabile, più disteso e inerte. Il volto è piatto. Nel dorso
asiatico, per il clima asciutto e ventoso, i Calmucchi e i Mongoli
presentano tratti deformi sia nel volto che nel corpo. Sulle rive
del Mediterraneo, in Grecia, nacque la figura più bella, non solo
nel fisico, ma anche nella mente. Gli africani per il clima, il
vento e il cibo hanno caratteri somatici ben diversi dagli altri e
per i quali bisogna eliminare ogni pregiudizio. Gli americani devono
la loro conformazione alle loro origini europee. Una sola specie
umana c’è da per tutto, benché il manifestarsi sia diverso nel
genere umano. Né volti, né organismi uguali tra loro, ma continua
metamorfosi. Numerosi popoli abitano terre inospitali (Asia, deserti
dell’Arabia,costa della California) ma l’uomo si è sempre adattato
al clima e ai costumi. Proprio per questo rapporto con il clima si
spiega l’attaccamento alla terra d’origine. Così si spiega anche la
disperazione degli schiavi strappati alla loro terra, che diventano
omicidi o suicidi, e l’accanimento delle popolazioni contro gli
invasori stranieri e la commozione profonda, che provano gli uomini
primitivi quando rivedono la loro terra.
IL CLIMA
La natura del
clima non si può spiegare a parole, ma bisogna conoscere l’origine
dei poli e le leggi del magnetismo. I dati che abbiamo non si
possono applicare in modo universale. Il clima è soggetto a
variazioni locali, ai Poli, all’Equatore, alla vicinanza o
lontananza del mare, altezza e profondità del terreno, ai monti,
alle colline, ai processi di evaporazione, alla corrente elettrica e
alle reazioni degli organismi umani. L’essere vivente è un miracolo
della Creazione divina. Ogni organo, che si è venuto a formare,
assume la propria funzione e deve avere in sé il tipo della sua
manifestazione. La creatura è un’idea reale della natura e ad
alimentarla è il calore materno e il sole, uniti sempre alla vita e
al calore del padre. La forza della natura creatrice non abbandona
mai la creatura, ma cerca di custodirla e moltiplicarla. Secondo i
filosofi Ippocrate, Aristotele, Galeno, l’uomo pensa ma non conosce
la forza pensante e la forza vitale non sa mai dove sia. L’uomo è
perfetto perché in lui operano le forze della natura. Ciascun uomo o
pianta o animale riceve le influenze esterne e le rielabora
organicamente. Dall’uomo alla pietra c’è un manifestarsi
particolare. L’uomo elimina dal corpo ciò che è estraneo,
perfezionando la forza organica, cioè equilibrandosi con la
nutrizione e la riproduzione. Il negro è più bianco quando nasce, ma
il clima, la nutrizione lo modificano e tutti i fattori esterni gli
colorano di più la pelle. Cambiano con il colore anche gli organi
genitali, le orecchie, il collo, la voce, le labbra. Anche se gli
uomini hanno cercato a volte di cambiare le forme del corpo, forando
il naso o incatenando i piedi, la natura è stata irremovibile.
L’uomo è come un albero: i rami, le foglie, le bacche sono
esclusivamente di quel corpo, di quel vegetale con caratteristiche
proprie. Se il negro si reca dall’Africa all’Europa, rimane tale; ma
se sposa una donna bianca, in breve nascerà una nuova generazione ed
avverrà ciò che nessuno nello spazio di secoli potrà fare se non la
natura.
Un attento
osservatore nota nelle figure infinitamente diverse degli uomini
alcune forme che appartengono in modo elusivo le une alle altre. Gli
artisti la definiscono formazione organico-armonica del corpo con
l’anima. Difatti, le statue delle dee dovevano avere quei capelli,
quelle braccia, quelle spalle, come le statue dei giovanetti quelle
deviazioni, quei vizi. Dal colorito della pelle, dalle strutture e
conformazioni anche il medico è aiutato a formulare la diagnosi a
seconda che queste caratteristiche per fattori patologici cambiano
all’istante. La fisiologia ci illumina sul miracolo delle
trasformazioni che il nostro organismo compie e modifica secondo le
leggi di natura. Non sappiamo se nel corso delle ore, gli animali e
le altre specie siano stati più vicini gli uni alle altre. Certo in
stato libero gli animali non si accoppiano con altra specie, ma se
l’uomo li costringe abbiamo delle deviazioni, però, non nascerà
sicuramente né un centauro, né una medusa.
LA CREAZIONE
Il mezzo più bello
per poter continuare la specie è la creazione con l’accoppiamento
dei sessi. Solo in questo atto naturale c’è della spiritualità,
mescolata ai tratti fisici dei genitori: l’unione del corpo e della
anima completa. Si ereditano così conformazioni organiche,
predisposizioni a malattie e inclinazioni a professioni. E’ così che
a volte vediamo il miracolo del ritorno all’antenato. Tutto è
miracolo dell’amore, che è sempre vivente nei cuori delle
generazioni, nei popoli, nelle famiglie. L’amore unisce, l’odio
disperde e divide. Il clima è un caos di cause lente e varie fino a
penetrare nell’interno delle cose e cambiarle. La forza vivente
resiste a lungo, ma non essendo indipendente deve accomodarsi ad
altre forze. I passaggi da un emisfero o clima opposto raramente
sono benefici.
L’arte e l’ingegno
nell’uomo possono trasformare una parte di terra straniera in una
nuova Europa, abbattendo boschi, e coltivando terreni, prosciugando
fiumi, costruendo case, diminuiscono la selvaggina, i pesci, le
piogge, le erbe, le piante. L’inverno durerà di più, la primavera
sarà breve: tutto ciò dice chiaramente che l’uomo non deve cambiare
rapidamente la natura. I popoli selvaggi, che vivono nel clima
campestre, rispettando i costumi dei loro padri, sono forti e
coraggiosi. Se si indebolisce la terra, si indeboliscono gli uomini.
Tutti gli uomini possiedono gli stessi sensi, ma in ognuno vi è una
seri di sfumature diverse, che variano con il clima e le abitudini.
La vista e l’udito
sono i sensi più nobili, ma diversamente sviluppati da un uomo
all’altro, mentre per l’udito c’è un aspetto naturale universale. La
musica la sentiamo tutti, ma è la sensibilità dell’animo, che ad
alcuni esalta e fa gioire. L’uomo è armonia: se è più sviluppato un
senso l’altro sarà meno compensato dalla carica sensitiva.
L’immaginazione dell’uomo è guidata dalla tradizione. Se l’uomo non
vede una cosa, se non ha il concetto dell’esistenza di una cosa, non
può avere sensibilità verso quella cosa.
Gli abitanti della
Groenlandia amano sentire parlare di eventi e personaggi europei, ma
senza degli esempi concreti, essi non capiscono. In ogni senso
dell’uomo è espresso il carattere del clima e della nazione cui
appartiene. Basta confrontare la mitologia della Groenlandia con la
indiana, la lappone, la giapponese. In ogni uomo il rappresentarsi
le cose è tanto più radicato quanto più gli appartiene, connesso al
suo cielo e alla sua terra. Gli indiani dicono che il destino
dell’uomo sia scritto nel proprio cervello.
LA MITOLOGIA
La mitologia ogni
essere l’ha ereditata, non inventata, altrimenti ognuno la
cambierebbe in meglio. I popoli, che vivono in posti tranquilli,
hanno più accesa l’immaginazione, perché si nutrono di solitudine,
di visioni di paesaggi ameni, di coste tempestose del mare: aspetti
meravigliosi della natura, che invita a fantasticare. Le più grandi
opere sono state percepite da persone solitarie in luoghi
tranquilli. Quasi i tre quarti degli abitanti della terra seguono i
fantasmi di idee mitologiche, che si possono definire culti della
natura. Il modo di vivere e il genio del popolo hanno un’influenza
determinante. Ogni uomo vede la natura a modo suo. Per il pescatore
la natura è diversa dal pastore e dal cacciatore: il primo predilige
il mare, il cielo; gli altri la montagna, la selvaggina. Di solito
crediamo che gli stregoni, i maghi, soggetti primi delle favole,
siano ingannatori, ma sono anche il popolo stesso. L’uomo eredita
dai propri genitori non solo i caratteri somatici, ma anche un
bagaglio di nozioni mitologiche. Presso alcuni popoli ricchi di
fantasia i sogni hanno la loro importanza. La storia delle nazioni
mostra che la Provvidenza ci fa usare l’immaginazione per attutire
il dolore e la disperazione. L’intelletto umano, secondo i bisogni e
le esigenze ha creato nuove forme di civiltà e di vita. Tutti
esplicano un’attività, ma uno pesca e un altro caccia o pascola e
questo crea la differenza della forma. L’uomo è un animale di
abitudine, e, come vediamo, raggiunta la comodità, persevera nella
sua pigrizia; allora ci vuole una spinta più forte, quella dello
spirito, per far sì che egli migliori e si perfezioni.
Quelli che nascono
in climi miti, dove la natura è generosa, conducono una vita
tranquilla non si preoccupano di nuove scoperte per rendere più
agiata la loro esistenza. Difatti, quelli che vivevano nelle isole
Marianne sentivano il canto degli uccelli beati, né conoscevano arco
o freccia perché non dovevano difendersi dalle bestie feroci; né il
clima era così freddo che li incitava a escogitare mezzi per
difendersi. I popoli dei paesi poveri mostrano maggiore
intelligenza. Essi hanno trovato un compromesso con l’indigenza e
fanno solo ciò che è strettamente necessario, come l’eschimese,
abile nel remare, non ha mai imparato a nuotare. Sui grandi
continenti vi sono più uomini che animali e l’intelletto degli uni
esercita quello degli altri. Alcuni si servono di serpenti, di
sauri, ma la maggior parte si è dedicata alla caccia nobile.
IL PROGRESSO
Il progresso ha
permesso all’uomo di attrarre gli animali e di soggiogarli. Per il
selvaggio la vita libera della natura vale più d’ogni altra cosa:
egli è circondato di pericoli, ma le sue forze sono deste: il
coraggio, la decisione, la ricompensa, la salute nella sua vita, la
quiete nella sua capanna, la stima, la gloria della sua stirpe. Dove
poi è stata introdotta l’agricoltura a fatica è stato fermato l’uomo
su una parte di terra a insegnargli a dividere il suo da quello
degli altri. Da quando l’agricoltura ha contribuito allo sviluppo di
negozi, mestieri, di borghi o città, di leggi, ha aperto la mente al
dispotismo ed egoismo, che portano all’avidità di lavorare solo la
parte che si possiede. Il suolo non appartiene all’uomo, ma l’uomo
al suolo. L’uomo perse le forze adoperate e, soggiogato, cadde in
schiavitù.
I sentimenti e gli
impulsi dell’uomo sono conformi allo stato di vita, alla formazione
organica, alle opinioni e alle abitudini.
Ogni essere umano
alla prima legge che obbedisce è l’istinto di conservazione; e la
natura ha posto l’uomo in uno stato di quiete e comodità. Egli tiene
il bosco, il mare, la pianura, quindi non deve esserci rivalità.
Anche il tempo regola la vita dell’uomo, che rimane in famiglia fino
a quando è debole, ma appena comincia ad essere forte, si allontana
dalla propria famiglia e ne forma un’altra.
L’AMORE PER LA
DONNA
Anche l’amore per
la donna ha caratteristiche proprie secondo i popoli. C’è differenza
di virtù femminili, come la delicatezza, la pazienza, il garbo di
stimolare l’uomo ad imprese esaltanti. Anche la felicità è un bene
individuale e in rapporto al clima, alla tradizione, all’abitudine.
La felicità, pura
beatitudine, non può prenderla liberamente l’uomo. Egli, figlio
della sorte, che lo pone qua e là sulla terra, deve discriminare la
specie e le sue gioie, i suoi dolori, secondo il paese ove vive e le
circostanze.
La felicità è uno
stato interiore: solo il Creatore conosce lo scopo, per cui ha posto
gli uni in uno stato di felicità superiore agli altri. Il sentimento
stimola l’uomo ad azioni ben ricompensate. La fanciullezza è
dimenticata, ma i germi dell’educazione ricevuta sono dentro di sé e
al momento giusto si manifestano. Non generano da sé le forze
spirituali dell’uomo, ma è il germe genetico, come avviene per il
nostro corpo.
Il nostro occhio
si abitua a vedere, così l’orecchio ad ascoltare, ma il
completamento delle sensazioni si raggiunge con il linguaggio.
L’uomo è una macchina ingegnosa dotata di una disposizione genetica,
è una ricchezza di vita. La ragione è una raccolta di osservazioni e
deve portare a compimento modelli estranei dati. Senza principio per
la storia umana non ci sarebbe una storia. Se l’uomo ricevesse tutto
il primo giorno di vita e tutto sviluppasse indipendentemente
dall’esterno, ci sarebbe una storia umana, ma non del genere umano.
Ognuno di noi quello che presenta nel carattere, nel fisico lo
acquisisce in base al fatto che per tutta la vita viene indirizzato
a quelle abitudini, che vanno perfezionate sempre più fino a formare
l’uomo o la corruttibilità del genere umano.
Ecco la catena, i
cui anelli sono società, tradizione, formazione, Soltanto con
l’educazione l’uomo può essere tra gli individui. Non dobbiamo dire
che l’uomo viene educato nel genere umano, ma singolarmente aiutato
da fattori esterni, perché nessuno diventa uomo da solo. Nell’uomo
vi è tutta una genesi spirituale, che si va perfezionando sempre più
nell’educazione, attraverso il comportamento dei genitori, dei
maestri, degli amici, con tutte le circostanze verificatesi durante
il corso della vita.
Ogni educazione
può avvenire solo mediante l’imitazione e l’esercizio.
L’EDUCAZIONE DEL
GENERE UMANO
L’educazione del
genere umano è duplice: genetica e organica; genetica tramite la
comunicazione, organica mediante la ricezione e l’applicazione della
cultura. Ogni popolo eredita i propri usi e costumi. La distinzione
di civiltà di popoli non è di specie, ma di grado. L’uomo è scelto
dal Creatore e da lui viene guidato nella religione, nella sapienza
e nella destinazione. Dio opera sulla terra attraverso uomini eletti
superiori. Il corpo dell’uomo imputridisce nella tomba e il nome del
morto rimane solo un’ombra, ma se è incorporato nella voce di Dio,
cioè nella tradizione formatrice, egli può sopravvivere con azioni
anonime nelle anime dei discendenti. La filosofia della storia, che
ripercorre la catena della tradizione, è la vera storia dell’uomo.
Il linguaggio, mezzo meraviglioso per la formazione dell’uomo.
Difatti, l’uomo per essere più in sintonia con gli altri, si accorda
come meglio può, ascoltando non solo il suono della propria voce, ma
anche le voci di tutti. Solo così si può esprimere. L’uomo, quando è
bambino, non sa bene accordare i suoni e non sa ragionare, ma si
manifesta con pianto, urla, gesti e passioni e pensieri passano
inosservati fino a quando il suo interno si accorda con la sua
ragione e la mente degli altri uomini, allora può parlare per
manifestare con le parole la propria formazione. L’udito e il
linguaggio sono connessi, perché nell’uomo la perfezione di un
organo modifica sempre più l’altro, uniti per un solo effetto.
Il dolore, la
gioia diventano suoni, che stimolano la lingua in espressioni con
dei significati appropriati di spiritualità, per cui vediamo
l’unione dell’uomo del corpo con l’anima. Mancando un uomo di
spiritualità, ogni sua azione o ragionamento è solo materiale.
IL LINGUAGGIO
Il linguaggio ha
reso l’uomo “umano”, dandogli un segno razionale per ricordarlo.
Attraverso il linguaggio gli uomini si sono uniti gioiosamente e
hanno stretto il vincolo dell’amore. In nome del linguaggio sono
state emanate leggi, legate le stirpi: Per causa del linguaggio noi
possiamo rivedere e sapere di personaggi morti migliaia di anni fa.
In ogni lingua è impresso l’intelletto e il carattere di un popolo.
Gli strumenti del linguaggio mutano da regione a regione e quasi
ogni nazione ha lettere e suoni che sono propri. Molte nazioni hanno
un linguaggio proprio per il genere maschile e uno per il femminile
e “io” basta a distinguere persino la condizione sociale. Infine, la
scrittura, tradizione delle tradizioni. Il linguaggio è il mezzo di
formazione umana, la scrittura è il mezzo della formazione dotta.
Tutte le nazioni, che si trovano al di fuori di queste tradizioni,
sono rimaste incolte. Le arti e le scienze l’uomo le ha inventate
con l’imitazione, la ragione e il linguaggio. Difatti, appena ebbe
padronanza di sé e del linguaggio si avviò alle scienze e alle arti.
Con il linguaggio
egli ha imparato a dominare le bestie e addomesticare quelle che gli
potevano essere utili, impadronendosi di ciò che la natura donava.
Mediante il linguaggio divennero possibili la procreazione, il
riconoscimento, il ricordo, l’unione dei pensieri, le scienze e le
arti, figlie della ragione. Spesso un’arte fu inventata e poi
dimenticata perché non esercitata. La genesi dell’arte deriva da un
istante di piacere, accoppiamento di idea e segno, di corpo e
spirito.
L’arte e la
scienza hanno contribuito moltissimo a dare felicità all’uomo,
perché sono due creature che creano un legame di socievolezza negli
uomini e nelle nazioni. Tutto rientra nella superiore economia
divina riguardo il genere umano, nella vera filosofia della storia.
I Governi sono ordinamenti stabiliti tra gli uomini per lo più
ereditati dalla tradizione. L’uomo nasce e viene educato in società,
che lo rende figlio, fratello, sposo, padre, amico. Si ha il primo
ordine, la famiglia, il primo governo in piccolo. Essa rappresenta
il primo grado di governo umano. Le altre popolazioni o comunità
rappresentano il secondo grado di governo naturale. I governi
ereditati il terzo grado.
IL CAPO
La natura
stabilisce il capo di un popolo o nazione. A volte la guerra dà ai
governi alle nazioni e i capi si dividono parte del mondo, facendo
sorgere principati e feudi. Il contratto tacito o diritto al comando
maturato nel tempo è che il più forte prende ciò che vuole e il più
debole dà o patisce. Non si deve mai pensare che al comando siano
delle mostruosità di scienza o di coraggio. Il capo di una colonna
quando si sente seguito dagli uomini li tratta con diritto amoroso.
Alcuni uomini non hanno civilizzato i popoli nel modo di come un
padre educa i propri figli, ma da civilizzatori sono diventati
governanti forti autocrati, poi signori e i popoli i loro schiavi.
La natura ha condotto il filo della società fino alle famiglie, dopo
ha lasciato al nostro genere la libertà di organizzarsi, di
costruire, come voleva il più raffinato prodotto della sua arte,
cioè lo Stato.
Fin quando i
popoli sono desti e lavorano, custodiscono sempre la libertà.
L’uomo, lo dice la filosofia della storia, ha bisogno di un padrone,
perché è un animale, ma appena si sente maturo e completo lo
rifiuta. Il padrone non lo ha stabilito la natura, ma la passione e
il vizio, per cui egli può dominare come il padre educa il figlio
verso il bene e gli fa capire il male.
La donna ha
bisogno dell’uomo, l’uomo della donna, il malato del medico e così
via. Questi sono rapporti insiti nella natura. La natura educa le
famiglie, le famiglie formano lo Stato e il capo dello Stato è
certamente designato prima della nascita, dalla Provvidenza.
LA RELIGIONE
La Religione è la
tradizione più antica e sacra della terra. Gli Stati sono sorti
tardi e l’arte e le scienze ancora più tardi, ma la famiglia e la
opera umana più bella ed eterna. Le lingue cambiano da un popolo
all’altro, così il clima, ma la Religione per quanto possa essere
diversa si trova tra i popoli più rozzi e più poveri ed è la fonte
di ricchezza e saggezza. Non esiste un popolo senza religione.
Ci si domanda come
i popoli si siano inventato il culto. Essi seguono la tradizione dei
padri, quindi la Religione è nata con l’uomo. La tradizione ha
trasmesso il linguaggio e la cultura, la Religione gli usi sacri.
Con il tempo è stato confuso il sacro e il profano, con la vittoria
di quest’ultimo, tanto che i sapienti della nazione sono diventati
muti servi dell’idolatria o falsi profeti della superstizione. La
storia della civiltà mostra che anche presso i popoli più colti le
cose sono andate così.
Gli Egiziani, gli
Europei, gli Etruschi, i Greci, i Romani, le nazioni civili
dell’antichità hanno ricevuto le scienze dalle tradizioni religiose:
così furono date loro la poesia, l’arte, la musica, la scrittura, la
storia, la medicina, la fisica, l’astronomia. Gli uomini la
Religione ha innalzato al di sopra degli animali con la ragione e il
linguaggio. Il sentimento religioso dovette fondare la prima
formazione di idee razionali astratte. La rappresentazione di una
forza nell’azione e cioè di un invisibile nel visibile è l’unico
elemento della ragione che innalza l’uomo e vale per la
sopravvivenza dell’anima dopo la morte. E’ l’immortalità dell’anima
dopo la morte, che ci distingue dall’animale. Tutte le religioni
pensano che l’uomo dopo la morte vada nel mondo dei propri padri.
Nessun uomo, perciò, viene sotterrato come un animale, ma per ognuno
c’è una cerimonia, che incoraggia l’anima ad entrare nel regno dei
beati.
Restiamo in terra,
luogo destinato agli esseri viventi e domandiamoci:”Ma dove si è
formato l’uomo e qual era la sua antica abitazione?”
LA GRANDE PIRAMIDE
L’uomo è la punta
della grande piramide della creazione; quindi, prima è stato creato
tutto per lui. Il cammino della storia umana dimostra che il genere
umano è nato in Asia. Si presume che i popoli europei derivino
dall’Asia, perché i fondamenti della civiltà del linguaggio, della
scrittura provengano da essa. Come pure le forme di civiltà
(Agricoltura, allevamento di bestiame, culto per le arti e per le
scienze e anche tipi di governi): Ma tutte queste notizie non sono
documentate. La genesi biblica racconta che all’inizio vi era un
corpo celeste deserto, intorno aleggiavano forze piene di vita. Poi
questo corpo, composto di granito, si è staccato dal sole e delle
forse interne l’hanno spaccato e formato la terra. La creazione
delle cose comincia con la luce, cioè con il fuoco della massa
organica. La nascita ad immagine e somiglianza del Creatore indica
l’attribuzione all’uomo del dominio sulla terra secondo gli
orientali. Il riposo del Creatore rappresenta il culmine della
creazione e ciò che la forza genetica può produrre sulla terra.
Intorno alla creazione c’è confusione, perché non c’è scrittura, ma
tutta è tradizione. I popoli asiatici sono giudicati accorti e
pignoli per i loro calcoli dei tempi, mentre infantile è la nostra
tradizione, perché vorrebbe risolvere il problema con semplicità.
Mosè, da dotto egiziano, raccolti i fatti della antica tradizione
orale, ha volutamente ignorato le ere di dei e semidei, per
concentrare l’intera genesi del mondo nella realtà della storia. Si
vuole così parlare di epoche, in cui dominano le forze degli dei. La
roccia, che costituisce la terra, è molto antica e Mosè situa il suo
quadro sistematico nel ciclo più facile di una rivoluzione della
terra; ma quanto più antiche e lunghe sono le rivoluzioni, tanto più
recente deve essere il genere umano, perché secondo la natura delle
cose egli è l’ultimo prodotto della terra ormai compiuta.
La più antica
filosofia e le più recenti esperienze asseriscono che l’uomo sia di
terra umida di rugiada e che la morte lo riduca in acqua e aria, e,
mediante un soffio vitale, egli si muova e sia un animale vivente.
La prima dimora dell’uomo è un giardino, secondo la tradizione,
perché appena nato egli non poteva stare in altro luogo in quanto
incapace, senza esperienze e arte: non nacque per la vita selvatica,
ma per quella comoda, trasferendo la terra primitiva molto più in
alto, sul dorso estremo della terra abitata. Questa altura si trova
dove scaturiscono quattro fiumi da una sola fonte, l’Eufrate. Altra
verità attestata dalla tradizione mosaica, è che l’uomo all’inizio
del suo sviluppo non poteva restare solo con le sue capacità
potenziali, ma aveva bisogno di educazione e assistenza, che lo
aiutassero ad avviarsi alla realizzazione della umanità.
LA CINA
La Cina, paese
popoloso, in cui è sviluppata l’agricoltura, si regge su un
ordinamento sociale statale basato sulla riverenza dei figli per i
padri. La legislazione fondata sulla morale, la popolazione di
stirpe mongolia ricercata nei costumi, nelle arti e nelle tecniche,
per la posizione geografica, per la diffidenza verso gli stranieri,
si è come addormentata per migliore sviluppo.
IL TIBET
Il Tibet è una
plaga dl mondo in cui il potere politico e quello spirituale si sono
quasi fusi.
Il carattere mite
dei tibetani lascia supporre che derivino da regioni più calde, che
si siano adattati per l’asprezza del clima. La religione è diffusa,
ma non strettamente seguita, solo per addolcire i costumi e
introdurre nuove forme di civiltà. Il carattere è tipicamente
orientale, sobrio e parsimonioso, non solo nel cibo ma anche nelle
parole con tendenza contemplativa o fantasiosa, ingenua e infantile.
L’INDOSTAN
L’Indostan ha un
regime strano e durevole del mondo della divisione in casta secondo
la discendenza delle diverse parti del corpo del dio Brama, per cui
la casta sacerdotale è depositaria di ogni sapienza. Il culto
braminico penetra nella vita del popolo fin dall’infanzia e lo segue
per sempre. I bramini praticano la castità e l’educazione, il
disprezzo per i nati nei ceti inferiori, considerandoli anime
reincarnate e tornate sulla terra a scontare le colpe delle vite
precedenti.
LA BABILONIA, L’ASSIRIA
E LA CALDEA
In Babilonia, l’Assiria
e la Caldea formano una sola zona fertile tra il Tigri e l’Eufrate.
Le arti di queste popolazioni sono imitazione delle arti egiziane.
Le continue inondazioni irregolari dei fiumi hanno trasformato i
popoli da pastori in agricoltori.
Lo sviluppo di
queste società è favorito anche dalla posizione geografica con i
paesi orientali.
La scrittura è
sillabica e non geroglifica, la scienza una mescolanza di
osservazioni astronomiche e di leggende, la politica legata alla
persona del sovrano. La civiltà riflette l’origine nomade e la
abitudine alla contemplazione della natura. I Medi e i Persiani sono
popoli con storie di conquiste e un adeguato ordinamento sociale
statale. La Religione di Zoroastro ha la sua base nella politica,
ossia consacrazione rituale di gerarchie e costumi dell’impero. Con
la caduta dell’impero, decade anche la Religione, salvo che in
India, praticata dai Persi, popolo tranquillo e pacifico. Secondo il
destino ogni potenza e ogni male finisce prima o poi: così per
questi popoli, che non hanno lasciato tracce rilevanti della loro
civiltà.
GLI EBREI
Gli Ebrei si
distinsero per aver conservato i loro annuali, scritti attraverso i
quali possiamo sapere dell’arrivo del popolo in Palestina, della
emigrazione in Egitto e del ritorno con la guida di Mosè. Mancando
Mosè il popolo è tornato a dividersi in tribù, il cristianesimo
interpretato in maniera personale e tra gli altri mostra il senso
spiccato del commercio con danno di chi lo ospita.
I FENICI E I
CARTAGINESI
Ai Fenici e ai
Cartaginesi, intelligenti, ingegnosi e operosi, risalgono molte
invenzioni, come il vetro e la porpora, il perfezionamento di
tecniche, la buona conoscenza della navigazione, le scoperte
astronomiche e l’uso dell’alfabeto. Il fenicio è un popolo di tribù
barbare e zingaresche, ma il contatto con i popoli asiatici e
mediterranei stimola il loro spirito d’iniziativa. Meno importante
l’influenza di Cartagine sugli europei. Non un popolo, ma una città
con dominio su altre città. Governata da una rozza e avida
aristocrazia, i molti generali la rendono bella e ricca, ma i Romani
distruggono lo Stato e le testimonianze della storia cartaginese.
GLI EGIZIANI
Gli Egiziani per
l’antichità, per le arti e l’ordinamento politico, sono un enigma,
una sacra sfinge. Alcune opere, come i canali, le dighe, le
catacombe sono costruite per necessità: incanalamento del Nilo,
seppellimento dei cadaveri per evitare epidemie. Ma non si riesce a
capire il gusto per gli obelischi, le piramidi, le sfingi.
Di temperamento
mite, non belli, gli Egizi amano la solidità e l’imponenza, date
anche per avere abbondanza di rocce a disposizione per tutto il
territorio. Le piramidi e gli obelischi, in fondo, sono presenti
presso molti popoli e confermano un periodo di superstizione e di
sconsideratezza di un popolo, che non tiene alla vita del singolo,
ma solo al culto del sovrano.
I geroglifici non
sono poi un esempio di sapienza, anzi testimoniano una forma rozza
d’intelletto, come presso altri popoli selvaggi dell’America. Per la
religione e la sapienza politica non si può attribuire più di quanto
si debba ad altri popoli antichi con cui hanno tratti comuni.
L’esaltazione è
venuta dalla leggenda greca e dai resti imponenti.
LA GRECIA
La Grecia è una
terra che sembra disposta a ricevere oltre che abitanti anche germi
di civiltà da molte zone della terra. Il tempo in cui si realizza la
civiltà greca, il grado di cultura hanno contribuito a formare la
più alta espressione del pensiero umano. Se la forza, che ha
costruito la terra, avesse dato ai monti e al mare altra forma,
l’intero corso della civiltà e della storia sarebbe diverso. Regna
la legge naturale, dove c’è quiete e l’attività viene stimolata, che
favorisce anche i popoli vicini. Il popolo greco è passato da una
tribù all’altra fin quando gli Elleni hanno portato una nuova
civiltà. In tal modo la lingua giunge all’unità e all’originalità.
Nella Tessaglia e nella Beozia non c’è fiume, né fonte, né collina,
né bosco che non siano notati nella poesia. La civiltà non è imposta
da un sovrano, ma si accolgono costumi e leggi mediante giochi,
danze sacre, arti e scienze inventate da sé. Ecco un popolo
veramente libero. La lingua greca è la più colta del mondo, la
mitologia la più ricca e la poesia la più perfetta. I primi passi
della lingua sono in una fase rozza. Mano mano la lingua assume una
forma regolare. Le parole divengono armoniose, piacevole melodia.
Così i poeti cantano le leggende, inseriscono nelle tavole
genealogiche delle loro divinità e dei loro eroi allegorie molto
efficaci; e , quando nel tempo si sono analizzati i termini, sono
venuti fuori intrecci di parole significative. Ricordiamo Omero, i
cui poemi dopo millenni risplendono come una dimora indistruttibile
di dei e di eroi. Per i greci la musica è fondamentale per
l’educazione, la quale è un grande strumento dello Stato e alla sua
decadenza si attribuiscono le più importanti conseguenze. Strane
sembrano le lodi che i greci tributano alla danza, alla mimica e al
teatro come arti sorelle. Molti credono che la musica sia un
prodigio per la perfezione stilistica, ma i greci non trattano mai
la musica come una scienza, bensì come ausilio della poesia, della
danza e del teatro. La poesia greca, nata dalla musica, resta
musicale. La commedia, i divertimenti pubblici, le battaglie e le
gioie si devono svolgere a suon di musica e di danza. Il Teatro è
paragonabile al nostro, il dramma non è ripetibile. Popolo
sensibile, amante del bello, erige templi agli dei, edifici pubblici
e monumenti per lo Stato.
La religione
contribuisce notevolmente allo sviluppo dell’arte. Essi cercano di
dare al loro Dio una forma, un’immagine, prima un masso di pietra,
poi statua. L’artista impara dai poeti la storia degli dei e il modo
di rappresentarli. Basta percorrere i paesi, le strade, i boschi
della Grecia per vedere la presenza di una divinità ereditata dagli
avi. Le tombe, gli scudi, gli altari, i templi conservano saldamente
la memoria degli antenati. I popoli guerrieri hanno dipinto e
adornato i loro scudi e i greci raffigurato con sculture il ricordo
delle imprese dei padri. Vi è inoltre una connessione tra il ricordo
degli dei e degli eroi così stretto da rappresentare una sola forma
di culto o da costituire un solo impulso per l’arte. Si aggiungano
poi le innumerevoli opere giunte nei templi degli dei come dono di
famiglia, di tribù, di privati in ricordo o ringraziamento.
Anche il clima
alimenta il bello. La figura umana emerge per i materiali eccellenti
che la Grecia possiede, come il marmo di Paro, l’avorio, il bronzo e
tutto ciò che è utile per una opera d’arte. Il commercio precede la
nascita dell’arte, infatti, essi possiedono oggetti preziosi
provenienti dall’Asia minore, dalla Fenicia. Il carattere sereno
permette la realizzazione di opere concilianti la misura per il
sublime, per la grazia: le statue, gli altari, i templi sembrano
librarsi nel cielo immenso.
La civiltà dei
costumi proviene loro dalla religione, come le cerimonie del culto,
i misteri, i sacri riti, i diritti d’ospitalità e protezione
dell’infelice, la credenza nelle furie, nelle profezie, nelle
maledizioni; accanto vanno conservati i costumi dei loro padri a
ricordo dei posteri. I giochi pubblici hanno permesso all’educazione
uno sviluppo completo. I giovani sani, buoni, attraverso lo sport
ricevono agilità, equilibrio e benessere per il corpo e la mente. La
donna non è l’intero premio per un giovanetto, perché non è solo il
possesso a rendere felice un uomo o a renderlo virtuoso. L’amicizia,
coltivata tra maschi esperti deve essere emulazione, ammaestramento,
perseveranza e spirito di sacrificio. Ma questo tipo d’amicizia non
tiene lontano le perversioni. La filosofia greca è basata sulle
antiche leggende, in cui gli elementi principali sono l’odio e
l’amore. E’ rivolta particolarmente all’uomo o alla morale. La
storia della natura, la fisica, la matematica si riferiscono sempre
ai costumi dell’uomo. Tutto viene celebrato nelle scienze: le
passioni, le energie, il dominio, l’arte definita filosofia del
pensiero. Socrate ha condotto la filosofia a familiarizzare con la
vita degli uomini e resta un modello per la formazione morale.
Diverso Aristotele, spirito più acuto, più solido e più freddo. La
sua è filosofia per la scuola e per la vita e maggior profitto ne è
stato tratto per la ragione e per la scienza pura. La filosofia
greca ha tre cardini importanti: il linguaggio, l’arte, la storia.
La lingua si è sviluppata attraverso l’opera di poeti, oratori e
filosofi. E ogni filosofia delle lingue, specie lo studio della
lingua romana, ha preso spunto dalla lingua greca, così lo studio
dei dialetti orientali dell’Asia Minore e, soprattutto, ha riportato
a regole la lingua araba ed ebraica. La storia ha avuto molta vita,
perché i Greci e la Grecia hanno la storia. Gli orientali invece
genealogie e favole. La Grecia ha fruito interamente del tempo che
le spettava, ha sviluppato quanto più possibile per raggiungere la
perfezione, ma deve tutto anche alla fortuna, che crea posizioni
favorevoli e non si è mai unita con popoli stranieri per non
disperdersi: senso di potenza e istinto di commercio. La natura pone
gli uomini in precisi luoghi, che possono trasformare a piacimento.
I cinesi, per esempio, non avrebbero permesso lo sviluppo della
terra, come i greci. La storia umana è pura e ricca di forze, di
azioni e di istinti, secondo il tempo, il luogo e il destino. In
Grecia fiorisce e s’incrementa l’arte e la poesia, ma sono scarsi il
genio militare e il patriottismo. Si difende meglio con l’oratoria.
Ogni opera è perfetta nella sua specie, dopo ci sono solo
imitazioni. L’uomo non arriva al livello dell’altro, ma ognuno crea
per sé la sua opera d’arte. L’Arte è come la giovinezza: si crea con
ispirazione la prima volta, con tutte le forze dello spirito, poi
dopo l’impulso resta l’essenza, che viene modellata con la maturità
e il tempo. Uno Stato si fonda sull’equilibrio delle forze, che in
esso operano. Ogni volta che un popolo raggiunge il massimo della
sua potenza c’è sempre una forma di violenza, che tenta di
riportarlo allo stato precedente.
LA PENISOLA
ITALIANA
La penisola
italiana, invece, definita una serra, accoglie immigrazioni di
popoli, primi gli Etruschi, amanti delle arti, commercio e
navigazione, con spirito europeo. Gli etruschi amano la guerra, che
per essi è quasi una cerimonia religiosa, ma credono di essere
superiori a tutti su tutto e non giungono mai allo splendore e alla
grandezza dei Greci, anche perché i vicinissimi Romani soffocano la
loro civiltà. All’ascesa di Roma contribuiscono re saggi e re
bellicosi. Lo statuto voluto da Romolo contiene la disciplina degli
sviluppi sociali e politici della città. Il Senato e il Popolo
Romano sono guerrieri ben educati e quasi tutti nobili. Vige lo
spirito di conquistatori di gloria. La strategia consiste nel non
dar mai tregua al nemico, fino alla distruzione. Essi portano
dovunque desolazione, specie in Italia ricca di popoli, di stirpi,
di costumi e leggi diverse. Vogliono che le popolazioni italiche
combattano per loro. Essi impongono il loro dominio su tutta la
terra allora conosciuta. C’è una legge di natura che domina le cose:
la legge del compenso. Non c’è un eccesso di potenza, che non rechi
in sé il principio di una imminente rovina. La divisione tra Senato
e Popolo è il principio della sua decadenza. Con le guerre vi sono
conquiste e schiavi, addetti alla coltivazione dei campi e allo
sviluppo del commercio. Il lusso sfrenato conduce alla decadenza,,
alla corruzione e all’indebolimento della stirpe, tanto da non avere
più la forza di scacciare i barbari. Il carattere dei Romani può
considerare la diretta conseguenza del tempo, in cui vissero,
racchiuso in valore e coraggio. Nella guerra sono tenaci, marciano
da una parte all’altra del mondo e tengono in mano il destino dei
popoli con fierezza e abilità. Sprezzanti della pompa e della
ricchezza dei re barbari. L’ornamento è l’elmo e la corazza. Essi si
dedicano alla guerra e alla famiglia e anche di fronte al nemico
sanno essere magnanimi. Anche nel sesso femminile rifulgono veri
esempi di virtù e spesso superano gli uomini per senno e dignità.
Nel campo delle Scienze non c’è paragone con i greci. Il loro
dialetto eolico è misto a tutte le lingue d’Italia, poi mano mano la
forma rozza viene elaborata, sciolta, chiara e bella. La lingua dei
latini è dignitosa, piena di dominio, che riproduce l’immagine del
guerriero. Radici profonde della buona lingua si possono evidenziare
nell’eloquenza, nella legislazione e nella storia, nelle prime opere
drammatiche e poetiche. La poesia ha preso spunto da altri paesi e
poi è cresciuta nel Lazio, colorandosi di propria sfumatura. La
storia dell’erudizione romana non ha per noi nessuna testimonianza,
perché mancano le raccolte della letteratura. Per l’arte i Romani si
presentano al mondo e ai posteri come i conquistatori, che possono
disporre di materiali e di braccia di popoli diversi. Templi e
piazze celebrano le vittorie e la potenza. Non sappiamo se alla
grandezza di Roma abbiano contribuito più il valore o la fortuna.
Alcuni danno il merito al valore e alla saggezza politica, su cui si
è andata costruendo. Con Roma si perfeziona un altro anello della
civiltà e della cultura. L’esempio dei popoli greco e romano
risplende della storia e incoraggia a sforzi simili con uguale
assistenza del destino.
LA CIVILIZZAZIONE
Nel genere umano
la “civilizzazione” comporta che insieme alla forza animale del
corpo indebolisce la disposizione al selvaggio e si formi una più
delicata concezione della vita.
Un genere umano
privo di passioni non avrebbe mai sviluppato la sua ragione e si
troverebbe ancora in una caverna troglodita.
L’umanità è un
disegno di forze così cieco e ricco che nella natura tutto colloca
nella sua precisa individualità, anche le disposizioni molteplici si
manifestano sul nostro pianeta suddivise tra milioni di esseri. Su
di esso nasce tutto ciò che può e si conserva se trova l’ambiente
adatto alle leggi di natura. Ogni uomo reca in sé tanto nel corpo
quanto nell’anima l’armonia, per cui è formato. Attraverso errori,
educazione, bisogno, esercizio, ogni mortale cerca l’armonia delle
sue forze, nella quale soltanto si trova la piena funzione della sua
esistenza, ma pochi sono gli eletti che la raggiungono. Sul
Giudaismo e sul Cristianesimo in particolare influì la filosofia
orientale, figlia della filosofia eclettica e neoplatonica, che si
estese fino all’Estremo Oriente. Ma la diffusione del cristianesimo
non portò mai alla edificazione di uno Stato perfetto: ben presto
passò l’entusiasmo e la dottrina cristiana fu costituita da
complessi riti e neppure il prestigio dei sacerdoti pose rimedio. Il
Cristianesimo in Egitto e nel mondo greco bizantino prese aspetto
ascetico. Portò confusione per la sua interpretazione riguardo la
politica, le arti e le testimonianze dei culti pagani.
A Roma il
Cristianesimo fu prima tollerato come tutte le altre sette, poi
perseguitato, perché nel rifiuto del culto all’imperatore si avvertì
una minaccia politica. Si ebbero i martiri e intorno alle tombe di
questi si riunirono le comunità religiose con la guida dei vescovi.
Col diffondersi del Cristianesimo, si affermò l’importanza del
vescovo di Roma, che impresse un carattere romano e che causò non
poche discordie in Oriente.
Dott. Franco Penza |

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