Immaginiamola
così: ho incontrato per caso gli amici Gennaro Francione e Franco Penza giusto
sotto il nostro storico campanile nell’ora particolare del tramonto. Senza
volerlo ho inteso Franco chiedere a Gennaro se mai avesse in animo di proporre
nel suo itinerario culturale, che ciascuno può verificare navigando in
internet, se avesse in animo, dicevo, di progettare qualche nuovo “ismo”
nell’arte napoletana che non fosse un “affare commerciale” ma che avesse
lingua popolare e non aulica, per pochi eletti ed amanti dell’ermetico.
Ho inteso Gennaro che rispondeva alla sua maniera che lui questa città la ama e
la odia, quasi fosse Lesbia, bella che promette e non mantiene. Nel suo caso pur
avendo scritto molti pezzi teatrali egli non aveva potuto avere il piacere di
vederne rappresentato alcuno in un teatro torrese pur avendone fatto esplicita
richiesta all’inizio del suo cimentarsi in tale scrittura. Altrove aveva
trovato e trova positiva accoglienza.
Le energie del potere sono tutte volte allo “sfruttamento economico” in ogni
campo. Vi è nei tempi attuali una visione del mondo eccessivamente mercantile
che sembra aver perso di vista l'arte.
All’ assorto Penza confessava Francione che lui poteva crearlo facilmente un
nuovo “ismo” culturale per il meridione in generale e per i napoletani in
particolare e quindi anche per i torresi. Il Borbonismo! Ecco il nuovo ismo.
Si torna indietro per andare avanti.
In termini filosofici questo concetto si esprime con il termine di
“ripresa”.
Si riprende qualcosa che si è interrotto, si è fermato per vari motivi e
cause.
E’ a questo punto che mi sono inserito pure io in questa discussione che è
interessante e che può facilmente accendere l’interesse di ciascun
meridionale tolto o mettendo tra parentesi il sapore amaro della delusione e
dello scontento per la verifica della non rispondenza tra la realtà e quella
che si vorrebbe attuare secondo la propria visione del mondo.
Centoquarantanove anni esatti ci separano da quel fatidico 1860, caro Gennaro e
caro Franco. Durante tutto questo tempo ne sono avvenute cose!!!
Tuttavia devo convenire con Gennaro che la nostra unica speranza di
“ripresa” è posta in buona parte nella capacità di rivedere la nostra
“storia civile” e “ricucire” la trama, veramente di prim’ordine, per
collegarci idealmente con il passato di cui abbiamo parlato e di quello ancora
più remoto, parlo della nostra storia di duemila anni fa cha ancora deve essere
scritta in maniera più particolareggiata relativamente a questa nostra plaga
ove abbiamo avuto natali e dove dormono i nostri avi.
Dopo il 1860 le regioni meridionali non ebbero nemmeno il tempo di rendersi
conto dello stupro familiare che era avvenuto e stava avvenendo. I vincitori con
grande determinazione si prodigarono da una parte a schiacciare sul nascere la
reazione criminalizzandone i componenti i cosidetti Briganti e dall’altro
cavalcando la romantica idea di un’Italia unita con Roma capitale. E ci
riuscirono i Savoia, nel 1870 a Porta Pia.
Nel frattempo specie nel meridione si assisteva all’esodo di migliaia di
persone verso il Nuovo Mondo. Non fu quella una specie di pulizia etnica?
L’Italietta cercava di crescere e forse ce l’avrebbe potuto fare con il
governo del grande Giolitti. Si era mossa la proletaria alla conquista della
Libia, “la quarta sponda” di cui aveva già parlato il grande Bernardo
Tanucci alla fine del Settecento. Altra occasione perduta. La vittoriosa guerra
Italo Turca del 1911-12 vide infatti l’Italia affacciarsi quale protagonista
tra le grandi nazioni europee gelose delle loro prerogative e dei loro spazi
vitali.
Ed in effetti chissà che questo inserimento non fu la causa remota di quel
disastro che chiamiamo prima guerra mondiale.
Le ragioni del conflitto infatti a tutt’oggi sembrano sconosciute e mi sembra
di aver letto che la cosa iniziò a causa di un certo Gabrilo Principe. a
Sarajevo ma quello certamente fu un : …tuo padre allora ha detto male di
me!!!”….
Mi fermo qui ma pensate, miei cari amici, che la data 1860 è si lontana ma
anche vicina se io che scrivo posso vantare un bisnonno, padre della mia nonna
paterna, tale Domenico Puglia, macchinista della Prima Ferrovia italiana, di
quella famosa Napoli Portici voluta dai Borboni. Mia nonna Rosa era nata nel
1870 e chissà che dieci anni prima non fu il padre a trasportare a Napoli in
treno l’Eroe, in quel sette settembre, festa di Piedigrotta, fino al Pascone
dove prese la carrozzella con la quale lo vediamo raffigurato tra ali festanti
di folla. E chissà che anche questo non fu voluto ad arte per mostrare
all’esterno un popolo festante.
Ma quel popolo, assai civile e legato ancora fortemente alle sue radici, stava,
invece, festeggiando la “sua millenaria Piedigrotta”.
Il tema della discussione è oltremodo attuale ed interessante ma non credo, per
esperienza passata, lo si possa incrementare telematicamente.
Un affettuoso saluto a Franco, a Gennaro e a tutti i lettori.
Ciccio Raimondo
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