TORRE DEL GRECO E LA CRONACA INTERNAZIONALE

La Dc di Gava, Cutolo e le Br. Squarci di luce su una vicenda ancora oscura

La verità di Giuliano Granata,
il caso Cirillo 28 anni dopo

L'ex sindaco di Giugliano pubblica un libro sui segreti
del rapimento dell'assessore campano negli anni Ottanta

Giuliano Granata
Giuliano Granata

NAPOLI — Raffaele Cutolo: «Voi che c'entrate in questa storia?»
Giuliano Granata: «Ciro Cirillo è come un padre per me».
Raffaele Cutolo: «Siete entrato bene».
Il dialogo si svolge nel carcere di massima sicurezza di Ascoli Piceno e nel camorrese di don Raffaè l'ultima risposta voleva dire che l'interlocutore aveva meritato la fiducia del boss dei boss: non ci sono preclusioni, si può parlare di affari. E di affari parlarono Giuliano Granata — sindaco di Giugliano, politico in carriera e fedelissimo di Antonio Gava e Ciro Cirillo — e Raffaele Cutolo che dopo una iniziale resistenza aveva deciso di «favorire» la liberazione del politico rapito il 27 aprile del 1981 sotto casa sua, a Torre del Greco, da un commando di Br guidato da Giovanni Senzani. E per il quale venne pagato un riscatto di un miliardo e 450 milioni di vecchie lire.

Giuliano Granata precisa: «Esattamente 29 mila banconote da cinquantamila lire raccolte tra gli amici di Ciro Cirillo con il concorso di imprenditori che non si sottrassero all'obbligo di dare una mano alla Dc. Io però non partecipai direttamente alla raccolta, i figli di Cirillo mi tennero fuori perchè ero in contatto con i servizi segreti e i camorristi». Inizia così il pasticcio del secolo che costò la vita all'autista dell'assessore e a un poliziotto della scorta e coinvolse, oltre la camorra e le Brigate rosse, i notabili nazionali della Democrazia cristiana, i servizi segreti ufficiali e quelli deviati e la P2. Una storia oscura che è già entrata nel grande libro dei misteri d'Italia. Oggi, però, è possibile riparlarne. A squarciare il velo, ventotto anni dopo, è un libro di imminente uscita scritto a quattro mani da una giornalista di Giugliano, Tonia Limatola, e Giuliano Granata, fedelissimo di Antonio Gava e di Ciro Cirillo, pubblicista anche lui e deus ex machina di quella vicenda. Nel titolo c'è l'annuncio di uno scoop editoriale: «Io, Cirillo e Cutolo », nei fatti il colpo a sorpresa non c'è, ma a scorrere le pagine vengono a galla particolari che in qualche mondo aiutano a capire. Un passo avanti, insomma.

(Pressphoto)
(Pressphoto)

La casa editrice è una associazione culturale di Villaricca che ha pubblicato anche firme prestigiose come Giuseppe Montesano e Valerio Morucci. Si chiama «Centautori» è animata da un farmacista-mecenate, Pietro Valente, alla quale il Granata, che ormai si è ritirato a vita quasi privata, da una mano. La prefazione del libro, che uscirà a breve e che oggi anticipiamo, è Geppino Mariconda, cronista della sede napoletana della Rai ed ex della redazione de l'Unità. Appuntamento nello studio di Giuliano Granata in una via centrale di Giugliano. La sua verità in qualche modo va oltre quella raccontata a Carlo Alemi, il magistrato che lo ha interrogato più volte e gli ha messo anche le manette. Per reticenza. «Nei colloqui con il magistrato che, tra l'altro, conoscevo bene perchè mi fece l'esame di diritto amministrativo io ho sempre sostenuto di non sapere nulla del riscatto e che avevo solo trattato per conto della dc per delega di Gava e Piccoli. In questa storia, mi creda, ho pagato un prezzo altissimo, sono stato in galera, ho dovuto interrompere la mia carriera politica perchè Berlinguer e l'Unità, con una foto in prima pagina, ogni giorno sollecitavano le mie dimissioni». D'accordo, ma perchè decide di parlare solo ora? Ha ricevuto garanzie? «Parlo adesso perchè è morto Antonio Gava, al quale sono stato legatissimo. Farlo mentre lui era in vita lo avrei considerato un peccato di lesa maestà».

Per Cirillo non aveva gli stessi sentimenti? «Che c'entra, lui è vivo e noi abbiamo fatto tanto per farlo ritornare a casa sano e salvo». Come a dire, abbiamo dato. Il racconto è ricco di episodi sanguigni. La prima notte da carcerato nello scantinato di Castelcapuano in compagnia di ratti mostruosi, i confronti con Cutolo nel carcere di Bellizzi Irpino, l'ipotesi del coinvolgimento dei lupi grigi turchi nell'attentato al Pontefice un mese dopo il rapimento di Cirillo, i giorni del falso scoop de l'Unità. Ed anche una sorta di confessione di Ciro Cirillo. «Gli chiesi quando ebbe davvero paura di morire e lui rispose: quando un terrorista mi interrogò senza cappuccio». Ed ora cosa sarà dell'avvocato Giuliano Granata? «Continuerò a lavorare e non mi lascerò mai più coinvolgere dalla politica». Ma molti non gli credono: il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Carlo Franco
20 febbraio 2009