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Argomento presente: « ANGOLO DELLA MEDICINA 2 »
ID: 8186  Discussione: ANGOLO DELLA MEDICINA 2

Autore: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 31 marzo 2008 Ore: 11:21





























































Brano musicale: “Pigliate 'na pastiglia" di Carosone. Regola il volume


UOMINI FAMOSI E MALATI
LA MALATTIA NEL GENIO
A cura del Dott. Francesco Penza

Lungi da noi l’idea dissacratoria del genio. E’ certo, però, che dietro il genio c’è quasi sempre la malattia.

"Non esiste alcun ingegno se non mescolato alla pazzia."
(Francesco Petrarca)

ALCUNI PERSONAGGI MALATI MA FAMOSI

HANS CHRISTIAN HANDERSEN

Poeta e scrittore danese (Odense 1805-Copenaghen 1875). Ebbe una vita triste e dolce come le sue favole. Figlio di un ciabattino e di una lavandaia, da ragazzo si rifugiò in un mondo immaginario per sfuggire alla miseria che lo circondava, raccontando storie, che lo facevano “prendere per matto” dai compagni. Sin da giovane si mostrò molto nervoso, con crisi di angoscia e di pianto, e per tutta la vita temette di smarrire la ragione, com’era stato per il nonno. Perduto il padre a 14 anni, tentò la fortuna a Copenaghen come attore e come cantante; ma dopo aver terminato gli studi preferì per la letteratura, raccogliendo tuttavia feroci stroncature dalla critica. Dopo un viaggio in Germania, tentò con un nuovo libro, Quadri di viaggio, anch’esso vituperato. Ebbe però la fortuna di entrare nelle grazie del re di Danimarca, che gli concesse una rendita. Ciò gli permise di effettuare viaggi in Italia (scriverà un romanzo di successo). L’improvvisatore, ambientato a Roma, Grecia, Turchia e Francia, dove fu calorosamente accolto da Dumas, Lamartine e Balzac.
Andersen soffriva di mal di testa, indice di disturbi circolatori ed elevata pressione arteriosa, alla cui base erano le sue ansie, e il suo perenne stato d’angoscia. Cure efficaci non esistevano e non v’è traccia di terapia da lui seguita. Un mattino fu colpito da un piccolo ictus cerebrale (oggi chiamato TIA), che lo lasciò impedito per lungo tempo. Neppure il successo che andava raccogliendo ovunque lo liberò dall’ansia e dall’angoscia. Anzi, alla fine, stanco di tante peregrinazioni, si ritirò in Danimarca. Finì i suoi giorni come ospite di un amico a Odense, dove passava ore ad intrattenere i bambini ritagliando pupazzetti di carta e animando delle marionette, ma passò alla storia come l’autore per antonomasia della letteratura per l’infanzia.

SANTA CHIARA

(Assisi 1194-1253)
Di nobile discendenza, nel 1212 abbandonò la famiglia per seguire l’esempio ascetico di S. Francesco d’Assisi. Insieme alla sorella Agnese fondò a S. Damiano il secondo ordine francescano, detto delle Clarisse, per il quale lo stesso Francesco scrisse una formula vitae. La regola da lei redatta nel 1247 fu approvata sei anni dopo da papa Innocenzo IV. Fu canonizzata nel 1255 da Alessandro IV. Per molti anni la salute di S. Chiara dev’essere stata buona, se sin dai primi tempi della sua scelta riuscì ad affrontare prove molto dure e prolungate nel tempo.
Tuttavia, le difficili condizioni della vita quotidiana e l’incessante lavoro minarono il suo fisico: stando ai dati riferiti dalle cronache e dalla tradizione, ancora giovane sarebbe stata colpita da una forma grave di artrosi reumatica diffusa. Sarebbe durata 26 anni, arrecandole qualche giovamento: difatti, l’interruzione dei suoi digiuni, imposta dalla terapia del tempo, consentiva di tanto in tanto al suo corpo di alimentarsi normalmente. Chiara continuava tuttavia a lavorare anche quando non poteva muoversi per i dolori, costretta a letto o su un giaciglio di paglia. Con il passare degli anni e il cronicizzarsi della reumopatia, i periodi d’immobilità e di sofferenza divennero sempre più protratti: le cure disponibili all’epoca erano rappresentate unicamente da qualche palliativo e dagli immancabili salassi, che non facevano che debilitare ulteriormente il suo corpo. Alla sua malattia non fu estranea un’influenza psicosomatica: stando alle cronache, il suo stato generale peggiorò a partire dal 1226, proprio l’anno della morte di Francesco.

GIULIO CESARE

Frequenti crisi depressive: spesso dichiarava di voler morire e manifestava, almeno a parole, idee suicide. Non era estranea al carattere di Giulio Cesare una innata crudeltà, che tuttavia egli tentava in qualche modo dissimulare. Svetonio segnala in proposito che, prima di far crocifiggere qualche oppositore, supplizio che comportava una morte atroce, dopo lo strangolamento. Il dittatore romano viene spesso ricordato come omosessuale, in contraddizione con il suo carattere bellicoso. Va tenuto presente, tuttavia, che a quel tempo l’omosessualità era intesa in modo diverso da oggi. Essendo un comportamento comunemente accettato e piuttosto diffuso: lo stesso Ottaviano, raccontano le cronache, fu adottato da Cesare dopo essere stato da questi deflorato.



FRYDERYK CHOPIN

Musicista polacco (Zelazowa Wola 1810-Parigi 18499
Nell’inverno del 1838-39, durante il suo soggiorno con George Sand a Palma de Majorca, il processo tubercolare si manifestò con un’emottisi. I medici dell’isola gli praticarono dei salassi e applicarono al torace cerotti vescicatori. L’opposizione degli isolani verso quel malato di tubercolosi obbligò però gli amanti, ad affittare una villa di campagna a sei chilometri dalla città. Il 12 febbraio 1839, considerato l’aggravarsi dei disturbi, i due decisero di tornare in Francia, passando per Barcellona, ma nei vari trasbordi dovettero viaggiare su un carretto perché tutti rifiutavano di mettere a disposizione una carrozza a un malato di tisi. Chopin era alto m. 1,70, con pelle delicata, capelli chiari, il naso aquilino, gli arti magri e sottili, le dita affusolate, lo sguardo triste. E’ descritto come sensibile, ma anche geloso ed irascibile. In passato aveva sofferto di affezioni catarrali delle vie respiratorie accompagnate da tumefazioni delle linfoghiandole cervicali, curate con soggiorni in stazioni termali, equitazione, dieta con mucillagine d’avena, infuso di ghiande tostate, applicazione di sanguisughe.

SAN GREGORIO VII

(Ildebrando di Soana. 158° papa (forse Rovaco di Soana, Grosseto, tra il 1013 e il 1024-Salerno 1085)
L’aspetto di Gregorio VII non era dei migliori: le cronache lo descrivono “piccolo e stortignoccolo”, e nelle sue lettere si lamentava di debolezza e dolori in varie parti del corpo, talvolta così intensi da costringerlo a letto per giorni o settimane. Con la conquista di Roma da parte dell’imperatore di Germania Enrico IV (1084) egli fu deposto, e morì dopo un anno dimenticato a Salerno. Novecento anni dopo, una commissione di medici fu chiamata a una ricognizione delle spoglie del pontefice, e i reperti paleopatologici non delusero le aspettative degli studiosi e dei fedeli. Per prima cosa confermarono che Gregorio era di bassa statura, 1,65, ma molto robusto, indice di un’intensa attività fisica praticata almeno in gioventù. Inoltre le misurazioni del cranio e della configurazione delle ossa della faccia, effettuate con sistemi antropometrici, hanno confermato trattarsi di un soggetto “tipicamente toscano”, rispondente in altre parole ai canoni peculiari del tipo “etrusco-romano”. Le 137 radiografie delle varie ossa hanno inoltre rilevato qualche modesta alterazione delle vertebre, nonché segni di una voluminosa ernia del disco a livello lombo-sacrale, il che spiegherebbe i dolori lamentati da Gregorio, aggravati da un’artrosi di vari segmenti della colonna vertebrale. Questi esami hanno rivelato un altro particolare: il papa zoppicava. Ciò a causa di un’atrofia dei muscoli della gamba sn, che gli imponeva un’andatura claudicante, alla quale contribuiva l’atteggiamento “antalgico” (flessione del busto da un lato9 indotto dall’ernia del disco. Infine, gli esami chimici eseguiti mediante spettrometria a adsorbimento atomico hanno rilevato un contenuto di piombo nei resti ossei dall’uso di acqua potabile trasportata nelle condutture di piombo di epoca romana ancora esistenti all’epoca, e dall'utilizzo di additivi di piombo (“sale di Saturno”) nel vino e di stoviglie di peltro.

CARAVAGGIO

Michelangelo Merisi-Pittore (Caravaggio -Bergamo, 1571-Porto Ercole, Paludi Pontine 1610)
La diagnosi più attendibile che, quasi quattrocento anni dopo la sua morte, è stata del Caravaggio di psicopatia esplosiva, un insieme di atti in cui vi è sproporzione tra stimolo e reazione, con prevalenza quindi delle pulsioni istintive. Questi tratti sono facilmente riconoscibili nei comportamenti del pittore, caratterizzati da instabilità nei rapporti interpersonali, incapacità di dare e ricevere affetto, crisi d’ira improvvise per futili motivi e che scompaiono con altrettanta facilità. Alcuni di essi si manifestano già nell’infanzia e sembra, ma non se ne hanno prove certe, che il Caravaggio abbia sofferto di epilessia. Da ragazzo, all’Ospedale della Consolazione di Roma dove era ricoverato per la malaria, si pagò il vitto, l’alloggio e le cure dipingendo quadri, entrando subito sotto l’ala protettiva del cardinal Del Monte, che ne scoprì l’eccezionale talento. Amava la bella vita, le cortigiane, gli amici chiassosi e turbolenti, gli ambienti rissosi, sempre spregiudicato, litigioso, pronto a menar le mani, a rotear la spada e a duellare.
In questo comportamento del giovane pittore gli psichiatri intravedono i tratti caratteriali che si concretizzeranno nella psicopatia esplosiva. Essi ipotizzano nel Caravaggio anche un fondo sadomasochistico, che risulterebbe non solo dalle teste tagliate e sanguinanti della Decollazione del battista, Davide con la testa di Golia. Le burrascose vicende del Caravaggio a Roma lo costrinsero a rifugiarsi a Malta inseguito da una condanna a morte. A Porto S. Ercole fu colpito dalla malaria a 37 anni.

SAN CAMILLO DE LELLIS
Religioso (Bucchianico, Chieti 1550-Roma 1614)
Da giovane, Camillo tentò di entrare negli ordini dei francescani e dei Cappuccini, ma per una ulcera su una gamba il motivo del rifiuto dei religiosi. Camillo allora si recò a Roma per essere curato. Trovò asilo all’ospedale S. Giacomo degli Incurabili e per occupare il tempo cominciò a prestare soccorso agli altri malati: fu lì che concepì il disegno di istituire una compagnia “di uomini pii e da bene che servissero i malati non per mercede, ma per puro amore di Dio”. Divenuto cappuccino e ordinato sacerdote, insieme a cinque compagni, tra i quali S. Filippo Neri, fondò la Congregazione dei chierici regolari ministri degli infermi (1582). Successivamente fondò l’ordine dei padri della buona morte, approvato da Sisto V nel 1586. In tutto questo tempo l’ulcera alla gamba -forse una osteomielite, forse una complicazione di una ferita subita in una battaglia contro i turchi - non lo aveva mai abbandonato, e nel frattempo erano anche insorti gravi disturbi a carico dei reni e dello stomaco. Camillo De Lellis fu canonizzato da Benedetto XIV nel 1746 e dichiarato patrono degli infermi e degli ospedali da Leone XIII.

MARIA CALLAS
Maria Kalogeropoulos-New York 1923 - Parigi 1977
Duttile, incisive ed estesa la sua voce le consentiva di spaziare dai ruoli di soprano leggero (Lucia di Lammermoor, La sonnanbula) a quelli di soprano drammatico (Il trovatore, Macbeth).
La diagnosi formulata è stata di dermatomiosite, che aggredisce i tessuti connettivi. Nel caso di Maria Callas, la malattia ha colpito l’organo della fonazione, la laringe, provocando gli abbassamenti di voce, che tante critiche suscitarono tra gli appassionati e che molti non esitarono ad ascrivere alle vicende sentimentali che angosciavano l’artista. Aveva le mani coperte di escrescenze carnose e soffriva di dolori artritici in varie articolazioni tutti segni tipici della dermatomiosite. La morte causata da infarto del miocardio sarebbe compatibile con la dermatomiosite.


LUDWYNG VAN BEETHOVEN

Il grande musicista sordo annovevava tra le sue innumerevoli malattie (molte delle quali di possibile natura nervosa) anche l'asma. del resto il primo attacco d'asma - una grave forma febbrile - gli sconquassò il petto a sedici anni, subito dopo la morte della madre. Così egli stesso scriveva: "Dal mio ritorno a Bonn ho goduto poche ore serene. Tutto questo tempo sono stato afflitto dall'asma; temo anzi, che sia il principio della tisi: A questa si è aggiunta la malinconia che per me è una sofferenza grave quasi quanto la malattia stessa"
L'asma di Beethoven si presentava, sin dall'inizio, allacciata ai disturbi emotivi. L'asma si manifestava, nel suo caso, soltanto in coincidenza di un particolare stato d'ansia. Anche per lui (come per Proust) diventava l'espressione fisica, fatta in qualche modo palpabile, del male di vivere. Si collegava invisibilmente ma profondamente ai segreti sotterranei della personalità, del sistema nervoso, dell'inconscio. (Raffaella Araldi. Dai celebri asmatici del passato al futuro del respiro. Antea edizioni).

GIACOMO LEOPARDI

Un malato corroso da una vera infinità di disgrazie e da una natura matrigna, che lo rendeva brutto, era Leopardi: piccolo, gobbetto, pallido, storto, sofferente, ma stranamente ghiottissimo. Ghiotto di dolci, di gelati, di zucchero come un bambino che se ne infischia altamente del rimprovero degli adulti. Anche lui negli ultimi anni di vita, già logorato da diversi mali, aveva fatto la spiacevole conoscenza di "quell'atroce divinità" chiamata asma.
Sono stato colpito per la prima volta - scrive il poeta - da un vero e legittimo attacco d'asma che mi ha impedito di camminare, di giacere, e di dormire". Ma questo però, non gli aveva smorzato il piacere di gustare, di assaporare, di ingoiare quelle leccornie belle, dai colori pastello, squisite sul cucchiaino portato alle labbra, che gli erano così gradite da non poter rinunciare alla loro consolazione. Unica, probabilmente, in quel mare infinito di tribolazioni. "Per i gelati era un furore: più i medici minacciavano sputi sanguigni, bronchiti e vomiti, più il furore cresceva".
E' difficile dire quanto l'asma abbia influenzato la produzione letteraria di Leopardi. Ma di certo la lunga schiera di malattie da cui era afflitto contribuì ad una visione pesantemente negativa dell'esistenza. E ancora, negli ultimi anni, la comparsa di un'asma insopportabile che leopardi considerava "nervosa" ma che era, probabilmente, di origine cardiaca, danno il quadro di una vita infernale. E non è esagerato definirla in questo modo.

L'altra faccia del genio

La notizia. Dall’Irlanda giunge un'ulteriore prova del legame tra autismo e genialità. Nel suo libro "Autismo e creatività: esiste un legame nell'uomo tra autismo e capacità eccezionali?", che sarà pubblicato a fine gennaio, Micheal Fitzgerald dell’università Trinity College di Dublino evidenzia come illustri personaggi appartenenti a varie epoche storiche, come Socrate, Newton, Darwin, Einstein e Warhol, fossero accomunati oltre che da capacità eccezionali anche da una forma di autismo detta sindrome di Asperger.
Approfondimento. La sindrome di Asperger è una particolare forma di autismo, di solito associata a un quoziente intellettivo superiore alla norma. Le persone affette da questa malattia in genere si comportano in modo inopportuno in contesti sociali, manifestano atteggiamenti egocentrici ed ipersensibili, mancano di buonsenso, anche se sono in grado di avere idee eccezionalmente originali. Il loro vocabolario è molto esteso ma tendono ad essere pedanti ed hanno interessi molto circoscritti.
Il libro. Il professor Micheal Fitzgerald, uno dei più famosi psicoanalisti irlandesi, ha notato che numerosi personaggi famosi della storia presentavano le stesse caratteristiche dei suoi pazienti. Secondo l’esperto sarebbero numerose le prove che attestano che personaggi come Ludwig Wittgenstein, W.B. Yeats, Lewis Carroll ed il matematico Ramanujan soffrivano di squilibri psichici tipici della sindrome di Asperger. Secondo tale teoria la malattia rappresenterebbe quindi il rovescio della medaglia di una personalità geniale. Se è vero, infatti, che le persone affette dalla sindrome di Asperger hanno spesso lasciato tracce nella storia dell'umanità, esse hanno dovuto pagare a caro prezzo le proprie intuizioni geniali. Si trattava infatti di persone incomprese ed infelici che in alcuni casi sono arrivate al suicidio.
Il titolo. "Autismo e creatività: esiste un legame nell'uomo tra autismo e capacità eccezionali?". Brunner-Routledge Editore.

ALCUNI PROGRESSI MEDICI

Alcuni scienziati hanno annunciato di aver scoperto un nuovo gene, denominato TREK-1, responsabile degli attacchi depressivi. La depressione e la correlativa ansia sono la causa somatizzante di molte malattie fisiche. Questa nuova scoperta rappresenta il primo passo per debellare la depressione ha commentato Guy Debonnel psichiatra e professore della McGill University. La ricerca, al momento, è stata approntata su alcuni topi da laboratorio e ha riscontrato che i topi senza il particolare gene si comportavano come se fossero stati trattati con antidepressivi per ben tre settimane. Il prossimo passo consisterà nel cercare di manipolare il gene anche nell’uomo.


Poiché riteniamo che malgrado tutto “La vita è bella” riportiamo una scapigliata interpretazione dell’”Inno napoletano alla medicina”:



A cura del Dott. Franco Penza della redazione

 
 

ID: 8303  Intervento da: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Data: giovedì 6 marzo 2008 Ore: 23:55


Pigia la freccetta per l'ascolto di “Fratello sole, sorella luna” per coro e orchestra. Attendi il crescendo.












SENZA NULLA TOGLIERE AL SANTO DI ASSISI
di Franco Penza


SAN FRANCESCO D’ASSISI
(Assisi 1182-1226)
Soffrì di malaria (de febre quartana), oltre che di infirmitates epatis, spleni et stomachi, e probabilmente di tubercolosi. In un ritratto eseguito tra il 1225 e il 1226, oggi al convento di Greggio, il Poverello appare nell’atto di asciugarsi l’occhio sinistro con una pezzuola bianca. A parte le interpretazioni agiografiche di sapore mistico-spirituale, gli oculisti hanno tentato, nel tempo, di interpretare la natura della malattia d’occhi riferita al santo. Oggi, alcuni ritengono che si sia trattato di un’iridoclinite tubercolare complicata da glaucoma e cataratta, altri di tracoma, detto anche morbo egiziano, endemico nella valle del Nilo. Quest’ultima ipotesi poggerebbe sul fatto che, tra il 1219 e il 1220, Francesco in Egitto, fu a stretto contatto con malati di tubercolosi, di lebbra e di tracoma. Questa infezione si manifesta con gli stessi sintomi che la tradizione ha tramandato per il santo: abbondante secrezione lacrimale, ulcere della cornea, ipersensibilità alla luce, evoluzione verso la cecità.Tutte queste manifestazioni si resero evidenti, aggravandosi dopo il ritorno dall’eremo della Verna, quando nella valle reatina fu cercato per lui un aiuto medico all’eremo, oggi santuario, di Fonte Colombo. Si ricorse così ad un preciano, nome col quale sono ricordati i chirurghi del borgo di Preci, presso Norcia (detti perciò anche norcini)), famosi nel Medio Evo a tutto il Settecento per le operazioni dei calcoli vescicali, dell’ernia inguinale e della cataratta. Il “medico” gli praticò cauterizzazioni con ferro rovente sull’occhio, sul volto e su alcuni punti della testa. Forse fu proprio questo tipo di terapia vulneraria che portò Francesco alla cecità completa. Sorella morte lo raggiunse la notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226, gravemente ammalato, idropico e cieco.



Dott. Franco Penza della redazione



ID: 8198  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: domenica 10 febbraio 2008 Ore: 02:17































































ID: 8190  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: sabato 9 febbraio 2008 Ore: 00:27

PER COMPUTER PIU' LENTI ATTENDI QUALCHE SECONDO PER CONOSCERE TUTTO IL PROGRAMMA DI TORREOMNIA. SI PREGA PREMERE IL TASTO SINISTRO DEL MOUSE OGNI VOLTA CHE COMPARE LA PAROLINA CLICCA O ENTER



















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