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Argomento presente: « POVERI, FATE LA CARITA' »
ID: 8106  Discussione: POVERI, FATE LA CARITA'

Autore: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 17 marzo 2008 Ore: 00:42


Pigia la freccia e regola il volume per l'ascolto di "Ipocrisia" cantata da Maddalena Viviani
L’AMBULATORIO
DELLA CARITA’

La politica attuale in Italia attraversa un pessimo momento per una forsennata corsa ad essere il primo della classe, nel governo mondiale di potere occulto, che occulto non è, che ha appiattito il mondo, rendendolo sempre più povero a favore dei pochi ricchi.
Ma voltare le spalle alla gente povera, comunitaria o non comunitaria o indigena, è peccato mortale di grosse dimensioni. A S. E. il Cardinale Sepe dono un’opera di fiori, (foto allegata) per ricordare una richiesta dell’ambulatorio della Carità a Santa Maria La Nova di Napoli. La speranza non muore mai.
A Natale incontro con Dio per dare speranza, ha detto P. Giuseppe Provitera, in una mostra d’arte tenuta nella Parrocchia della Natività a Secondigliano.

L’Ambulatorio della Carità, che svolgeva un’attività a favore degli extra comunitari, dei poveri e degli ammalati, è chiuso!
Prima che ciò avvenisse, mi sono rivolto alle Autorità per un aiuto per i lavori di riattazione o per una sostituzione degli ambienti, perché le lesioni permettevano che l’acqua piovana bagnasse gli ospiti.
Molte chiese abbandonate sono state offerte agli stranieri per una politica ecumenica. A nome del Cristianesimo, chiedo un’altra chiesetta abbandonata per adibirla ad ambulatorio.

Dott. Franco Penza





NEL FILMATO SOTTO
I POVERI DI NAPOLI
ALLA STAZIONE CENTRALE:


 
 

ID: 8357  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: lunedì 17 marzo 2008 Ore: 00:42








ID: 8205  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: domenica 10 febbraio 2008 Ore: 21:06

ATTENDI QUALCHE SECONDO PER IL CARICAMENTO































ID: 8110  Intervento da: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Data: mercoledì 23 gennaio 2008 Ore: 13:04


Pigia la freccia e regola il volume per l'ascolto di "I poveri non possono aspettare" di Agnese Ginocchio
La giornalista che grattò sotto l’oro di Napoli
di Giulia Galeotti
Da Vittorio Emanuele II a Napolitano, dal bigantaggio alla camorra Dopo 130 anni Napoli non cambia.
Un secolo prima del contemporaneo "Gomorra" di Saviano, anticipando di ottant’anni "La pelle" di Malaparte e di 20 "Il ventre di Napoli" della Serao, una donna inglese aveva già detto molto della città partenopea, immutabile nel suo destino di sottomessa capitale del sud alle sopraffazioni e alle prevaricazioni "esogene ed endogene".

Giulia Galeotti analizza il libro intitolato La miseria in Napoli, che nel 1877 la giornalista inglese Jessie White Mario dedicò alla situazione di degrado sociale e ambientale in cui si trovava la città nella seconda metà del XIX secolo.
L’articolo prende in esame tutte le tematiche affrontate dalla giornalista nel libro: la mancanza di igiene pubblica e di assistenza sanitaria adeguata alla popolazione, i bambini abbandonati - che diventarono manovalanza per la camorra -, la mancanza d’integrazione sociale, l’inefficienza dell’amministrazione pubblica e la moltiplicazione delle istituzioni assistenziali. Ispirandosi al meridionalista Pasquale Villari, White Mario affermava che solo l’istruzione letteraria insieme con l’educazione professionale potevano far emergere la città dalla sua situazione di arretratezza.

Nella foto a lato: La giornalista inglese Jessie White Mario autrice de "La miseria in Napoli", che nel 1877 dedicò alla situazione di degrado sociale e ambientale in cui si trovava Napoli già da allora.

Un secolo prima di Gomorra, anticipando di ottant’anni La pelle e di 20 Il ventre di Napoli, una donna inglese aveva già detto molto della città partenopea.
Sguardo attento e figura elegante, paladina della causa risorgimentale (e moglie del patriota Alberto), Jessie White Mario trascorse giorni e notti guardando, ascoltando e odorando la città di Napoli.
I bassi, le carceri, gli ospedali, i brefotrofi, i Monti di Pietà, le Opere Pie, le prostitute bambine (siamo nel 1877 (N.d.r.), e ancora la fame, l’ignoranza, la criminalità [...]: tutto ciò negli articoli per Il Pungolo prima e poi, nel 1877, nelle oltre 300 pagine de La miseria in Napoli. Il libro fotografa innanzitutto la grave mancanza di servizi che affligge la città. È terribile lo stato dell’igiene pubblica («manca in quasi tutti i cortili lo scolo per le acque sporche e per le materie infette») e quello dei servizi ospedalieri.
«Non dubito di esagerare affermando che difficilmente in Europa oggidì esiste un luogo così infelice e disadatto ad alleviare le sofferenze e a curar le malattie dell’umanità, quanto il giustamente nominato degl’Incurabili».
La giornalista rimane colpita dallo stato in cui vive l’infanzia abbandonata. «Sono cenciuaiuoli o raccoglitori di ossa e di vetri rotti o mendicanti, o vanno alle osterie e alle case, ove comperano i residui dei garzoni e delle serve. Ma sono veramente tutti al servizio della camorra, cioè apprendisti camorristi. Rubano fazzoletti, nel primo stadio, e cibi esposti dai banchi e dalle bottegucce; e hanno un gergo particolare, onde avvertono i maestri ladri dell’avvicinarsi della polizia, e già sanno distinguere un poliziotto amico da un nemico».

La mancanza d’integrazione sociale concorre ad acuire i problemi: «In altre parti d’Italia il Comune ha assimilato le classi sociali, ma in Napoli il sentimento del Comune non mise mai radice nel popolo. I Viceré e i Borboni per regnare si appoggiavano ora ai galantuomini, ora ai lazzaroni, e imperarono dividendo».
E se solo Garibaldi era stato momentaneamente capace di minare questa rigida stratificazione, «anch’egli fu avvertito che, se non assistesse al miracolo di San Gennaro, avrebbe tutti i popolani contro».
In una città in cui la vita per gli onesti è durissima, la White Mario coglie nell’ingegnosità un tratto tipico degli abitanti. E se ciò è talvolta positivo nelle donne, per solito si realizza al negativo: «Quando manca il lavoro, i lazzaroni non si danno per perduti: un fazzoletto o una catenella scippata, qualche frutto sottratto alla vigilanza del contadino che conduce al mercato il suo asino, qualche soldo guadagnato portando fagotti alla Stazione, qualche elemosina avuta dai guaglioni, basta per campare».
Jessie denuncia le disfunzioni amministrative e la corruzione. In particolare l’enorme numero di istituzioni finirebbe per aggravare i mali sociali, invece di alleviarli: «Ad ogni 3 poveri si mantiene un impiegato per sopravvedere o ammaestrare o curare l’anima o il corpo, ma i poveri rimangono senza soccorso, e i fondi sono consumati dagli oziosi, dai viziosi e dai loro manutengoli».
A suo avviso, basterebbe davvero poco per migliore le sorti cittadine: «Un patrimonio di dugento milioni, ben amministrato, deve in verità bastare a soccorre gl’infermi e gl’inabili al lavoro, e ad allevare, educare, istruire le nuove generazioni a guadagnarsi la vita. La semplice istruzione letteraria data ai poveri, certo non basta; bisogna accoppiarvi l’educazione al lavoro».
E qui la giornalista riporta le parole del suo ispiratore, il primo meridionalista liberale, Pasquale Villari, che scriveva: «Finché dura lo stato presente di cose, la camorra è la forma naturale e necessaria della società che ho descritto. Mille volte estirpata, rinascerà mille volte».

Jessie White Mario, La miseria in Napoli, 1877 - Ediz. Imagaenaria, Ischia 2005

www.ariannaeditrice.it



Dott. Franco Penza



ID: 8109  Intervento da: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Data: mercoledì 23 gennaio 2008 Ore: 10:37


I FILMATI CHE SEGUONO, GIA' PUBBLICATI IN UN ALTRO POST DI FRANCO PENZA, NELLA BIMEDIALITA' SUONO E IMMAGINI COSTITUISCONO, INSIEME AI CONTENUTI, UNA GRANDE SFERZATA ALLE NOSTRE COSCIENZE:




Qui sopra: Memento, Film eccezionale – La povertà di Napoli col violino straordinario di Lino Cannavacciuolo


Omaggio alla povertà by Gianluca Colonnese



Povertà miseria morte fame sete sono un business




POVERTA’ – BRUTALITA’ PER AMORE



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