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Argomento presente: « OMAGGIO AL GIORNALE LA TORRE »
ID: 6406  Discussione: OMAGGIO AL GIORNALE LA TORRE

Autore: Serena Mari  - Email: sery_mari@hotmail.com  - Scritto o aggiornato: domenica 22 luglio 2007 Ore: 13:19

FOTO STORICHE ANNI 60. LE MAESTRANZE DELLA TIPOGRAFIA TURRIS IN PREPARAZIONE DEL MENABO' DE LA TORRE:

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Da Sinistra Vincenzo Pastore, Luigi Mari, Scarzuppulillo, Peppe Roma, Franco Vitiello, Enrico Scalcione, Aniello Torino, Paolo Betrò.
In primo piano il settantacinquenne Comm, Luigi Sorrentino, fondatore e allora ancora Direttore del Giornale La Torre, zio dell'attuale condirettore Clelia Sorrentino.

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Luigi Mari in fase di stampa della Torre nella vecchia pianocilindrica a puntatura a mano.
Da notare che il giornale veniva composto con i bastoncini di piombo gutemberhiani che si reggevano in piedi nella pagina con l'abilità del compositore. Una pagina di giornale conteneva almeno ventimila bastoncini tenuti insieme con la bagnatura prima di legarli con spago. Vorrei vedere i grafici moderni...

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Da sinistra Luigi Mari, Il direttore Luigi Sorrentino che fondò il giornale nel 1905, Scalcione e Torino.

A partire da Eleonora Pimmentel Fonseca i pionieri del giornalismo furono anche torresi, sentite questa:

Figure di imprenditori, marinai e soldati torresi ottocenteschi negli scritti delgiornalista Giovanni De Francesco di Torre del Greco.

Il giornalista Giovanni De Francesco nacque a Torre del Greco nel 1836, dopo aver partecipato a diverse "campagne" risorgimentali, nel 1867 era giunto infine a Cagliari, "in circostanze non completamente chiarite", per dirigervi il Corriere di Sardegna.
La sua vérve polemica l'avrebbe però portato in breve tempo a mettersi "in urto con diversi esponenti locali, a cominciare da Giovanni Battista Tuveri, che gli sarebbe succeduto nella direzione di quel giornale". Nonostante questo primo intoppo, le sue doti professionali ed il favore dei lettori gli avrebbero consentito ben presto - come ricorda Del Piano - di disporre d'un giornale tutto suo, L'Avvenire di Sardegna, dalle cui colonne avrebbe poi sostenuto innumerevoli battaglie polemiche contro le c.d. camarille locali.
Quel suo scrivere caustico e spesso fin troppo pungente, era tale da fargli collezionare numerosi scontri (alcuni dei quali terminati in duelli) fino a farlo incappare in una causa giudiziaria con il deputato Antonio Cao-Pinna che lo costringerà a "soggiornare" a Buoncammino ed a perdere, alla fine del 1893, il suo giornale. De Francesco morirà poi a Cagliari non ancora ottantenne, lasciando però uno straordinario patrimonio di scritti e di ricordi.
Oltre ai suoi articoli su L'Avvenire, ricorda ancora Del Piano, scrisse "diversi opuscoli di poco più o meno di un centinaio di pagine ciascuno, alcuni dei quali di indubbio interesse storico economico". Ed è proprio di questi scritti che viene dato conto nel saggio che qui presentiamo, anche per l'interesse che contengono per una ricostruzione storica delle vicende imprenditoriali di quegli anni. Infatti, proprio in quel fine Ottocento, a Cagliari, forse per la prima volta, era soffiato forte il vento della privata iniziativa.
Troviamo così le storie di personaggi di cui si è perduto il ricordo, ma delle cui attività l'economia locale ne aveva tratto grandi benefici. Rispuntano così, nelle pagine di Del Piano, figure come quella di Filippo Birocchi, un piemontese giunto a Cagliari dopo un breve soggiorno a Livorno, che da una piccola drogheria, "perseverando i favori della fortuna, rivolse la sua operosità anche a miniere e foreste" fino ad occuparsi della stazione termale di Sardara che sarà poi inaugurata nel 1900 un anno dopo la sua morte; di Anselmo Roux, un altro piemontese a cui si dovrà la valorizzazione dei giacimenti carboniferi del Sulcis e di Gennaro Murgia, un farmacista di Villacidro a cui si deve "la creazione del distillato che prende nome dal paese, e che venne accolto con molto favore anche dal mercato continentale".
Dopo le disavventure del suo quotidiano, De Francesco pubblicherà, per guadagnare qualche soldo, un suo settimanale, Il Mazziere, "quasi interamente compilato da lui su un tavolino del Caffè Torino". Ed è proprio dalle pagine di questo giornale, come nota Del Piano, che spunta il ricordo di personaggi e di vicende di quella Cagliari dimenticata. Riaffiorano così nomi di illustri medici come l'oculista Roberto Desogus, "che aveva difeso l'apparato visivo di tutta una generazione", ed il chirurgo Roberto Binaghi, allievo di insigni maestri come Roth, Golgi e Durante. Ed ancora, fatto assai curioso, di Francesco Secchi, il modista, "l'unico uomo che a Cagliari s'occupasse di moda femminile", pur avendo lavorato come addetto alle spedizioni nei giornali di De Francesco. E c'è anche un pirata, don Efisio Delitala, così chiamato per le sue coraggiose avventure marinaresche, divenuto poi armatore di due velieri.
Ma, nello spulciare quegli scritti giornalistici, l'autore del saggio individua un'attenzione particolare agli imprenditori sardi od operanti in Sardegna, proprio per l'apporto da loro dato, e di cui il De Francesco doveva esserne reso conto come giornalista, al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche dell'isola.
Risaltano così le figure dell'aretino Ferruccio Sorcinelli, già magistrato e funzionario della Banca d'Italia, fondatore e proprietario della Società Bancaria Sarda, un istituto di credito con cui si riprometteva non solo di dare impulso ai commerci ed agli affari isolani, ma di combattere l'usura, definita lucrosa se non onorifica industria; ed ancora di Giuseppe Zamberletti, anche lui giunto dal Piemonte ed affermatosi in città come capomastro ed abile appaltatore di opere edili, e di un suo collega Giuseppe Picchi, un ex scalpellino toscano divenuto poi in città abile industriale, avendo fornito tutto il calcare del bastione di S. Remy e di altre importanti fabbriche cagliaritane.
Nella galleria di De Francesco c'è posto per degli abili piccaperderis e manorbas locali, divenuti poi importanti imprenditori, come Antonio Marcialis ed Efisio Orrù che, tra l'altro, mise su una prole destinata a raggiungere notevoli traguardi nella gerarchia sociale cittadina (il suo primogenito, Gaetano, divenne Rettore dell'Ateneo). Né mancano i ricordi di quelli che De Francesco chiama i gentiluomini campagnoli, come il visconte Raffaele Asquer, abile ed intraprendente bonificatore dell'oasi verdeggiante di Piscina Matzeu, ed il conte Federico Mossa, esimio magistrato ed importante vignaiolo nella zona di Kalamattia nei pressi di Pirri.
Ci sono poi, nei medaglioni curati dalla fertile penna del giornalista campano e ricordati da Del Piano, "gli uomini della Camera di commercio", a cominciare da quell'Alfonso Aurbacher, giunto a Cagliari dal Nord Africa nel 1871 ed affermatosi come abilissimo uomo d'affari. Con lui c'è poi il Commendator Antonio Cocco, figlio di Efisio, un povero contadino di Ardauli fattosi a Cagliari commerciante di pelli, mandorle, cereali e lane e che alla sua morte lasciò ai figli un capitale di mezzo milione di lire. Sia Aurbacher che Cocco ricopriranno, per elezione, la carica di presidente dell'ente camerale.

Fonte http:// www.ca.camcom.it

In Torreomnia:
www.torreomnia.it/servizi_rete\giornali\cartacei\latorre\torre1.htm

 
 

ID: 6599  Intervento da: Arturo Borriello  - Email: borrielloarturo@supereva.it  - Data: sabato 21 luglio 2007 Ore: 10:40

Caro Luigi,
quanti ricordi sei capace di ricostruire. E quante cose sepolte fai risorgere per i nostri figli.
Ho ricordato Errico De Gaetano che curava Torre del Greco seicentesca sulla Torre.
Vincenzo Pastore e tutti voi ragazzi negli anni 6o.

Grazie.


ID: 6495  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: sabato 14 luglio 2007 Ore: 15:29

Zio Luigi,
grazie per aver evocato un sacco di ricordi a mio zio che lavorava nella tipografia Turris tanti anni fa.
Ti chiuede di pubblicare eventualmente altro materiale di quel tempo.

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Pasquale Zuccarini


ID: 6408  Intervento da: Serena Mari  - Email: sery_mari@hotmail.com  - Data: domenica 8 luglio 2007 Ore: 23:23

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CLELIA SORRENTINO QUALCHE TEMPO FA, OGGI CONDIRETTRICE DEL GIORNALE LA TORRE DOPO LA DIPARTITA DEL MARITO, EX DIRETTORE.

Intervista a Clelia Sorrentino, di Rossella Salluzzo

Molti, a Torre del Greco, conoscono Clelia Sorrentino perché direttrice del giornale La Torre.
Ma chi è veramente Clelia Sorrentino? Pianista, moglie, giornalista, madre, scrittrice, una donna che ha dovuto sempre lottare per ottenere la sua libertà. Contro il maschilismo che ha scandito la sua vita. E’ sufficiente ricordare che il fondatore de La Torre il Commendatore Luigi Sorrentino dopo la sua morte lasciò scritto che il giornale doveva essere diretto dal marito di sua nipote Clelia. Nel dopoguerra era impensabile che una donna dirigesse un giornale. Ha combattuto contro i pregiudizi della gente comune.
Clelia ricorda la sua prima intervista. Giovanissima decise di intervistare le donne straniere che vivevano a Torre del Greco.
Allora erano pochissime. Dava voce alle donne immigrate, ai loro pensieri sulla città vesuviana. Purtroppo tutte la trovarono molto sporca. Molti torresi videro che dare voce alle straniere era un atto ingiusto nei confronti di Torre del Greco. A parer loro era come vendere la “nostra” città agli stranieri. Clelia si è sentita inadeguata in una città di provincia ed è esplosa come il fragore di un vulcano momentaneamente assopito, ma sempre attivo. Ha viaggiato moltissimo.
In occasione di un suo libro sugli armatori fu invitata in Cina. Ha scritto articoli di denuncia per riscattare la condizione femminile. Ha amato Torre del Greco. Ma poi, non compresa, si è eclissata nella sua “La Torre” continuando ad essere anticonformista, controcorrente. Lo ha fatto a volte con ironia, altre volte con rabbia. Ma sempre con spontaneità e fierezza d’animo. Chi la conosce o la ama o la odia. Chi la vede indomabile, sempre in trincea e chi una donna sopra le righe, enigmatica e per questo difficile da comprendere. Clelia è tutto questo e il contrario di tutto. Non le piace essere umile né sentirsi superiore agli altri. Il suo grande amore resta comunque il suo giornale, La Torre.

Qual è il suo rapporto con il giornale La Torre?
“La Torre ha preso tutta la mia vita. Il giornale mi fa stare in mezzo alla gente. E questo è importante perché tendo ad isolarmi”.

Come ha festeggiato il centenario de la Torre?
“Ho preparato un gospel, un concerto di 18 voci sul palco del Cinema Oriente. Ho invitato tutti i lettori del mio giornale. Non ho invitato le autorità locali perché nessuno mi ha fatto gli auguri. C’è troppa competizione nel mio lavoro”.

Ci ricorda le iniziative che lei ha promosso attraverso La Torre?
“Ne ricordo una con particolare orgoglio. Molti anni fa il cinema Oriente trasmetteva film a luci rosse. Per di più accanto ad una scuola. Così ho scritto articoli inneggiando sui frequentanti del cinema hard”.

Ora che rapporto ha con Torre del Greco e con i torresi?
“Ho dato amore per questa città che non è la mia (Torre del Greco è la città del padre di Clelia, lei è nata a Pozzuoli). Io mi reputo cittadina del mondo. Mi piace viaggiare. Ho una casa a Favignana dove amo trascorrere l’estate. In passato capitava che quando rientravo a casa dalle ferie estive dovevo riprendermi il mio giornale dalle mani di mio marito. Lo dividevo con lui, ce lo strappavamo, ce lo contendevamo. E’ stata una lotta, un amore intossicoso quello con mio marito che si identificava con la città. L' ho lasciato e l’ho ripreso. Mio marito era il mio male necessario. Non potevo farne a meno e lui non poteva fare a meno di me. Ma avevamo due caratteri che erano assolutamente non complementari”.

Aspettiamo il suo prossimo libro oppure ha deciso di non scrivere più?

“Vedremo chi o cosa mi potrà ispirare…”

Rossella Saluzzo

Fonte dell'intervista: www.ephemerides.it


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CLELIA SORRENTINO QUALCHE TEMPO FA


REPERTORIO SU TORREOMNIA. DIVERSI NUMERI DE LA TORRE SECONDO LA VECCHIA VESTE TIPOGRAFICA AI TEMPI DEL DIRETTORE SALVATORE ACCARDO:
www.torreomnia.com/servizi_rete/giornali/set_fra_latorre.htm


LA TORRE ATTUALE VERSIONE IN RETE:
www.latorre1905.it/home/default.asp


GLI ARTICOLI DI RAFFAELE RAIMONDO SU LA TORRE NEGLI ANNI 60:
www.torreweb.it/raimondo/articoli.htm


I LIBRI DI CLELIA

ARMATORI TORRESI:
www.torreomnia.com/economia/armatori/set_fra_armatori.htm

DONNE PERDUTE
www.torreomnia.com/Testi/cleso/donne_perdute.htm

RICERCA ISOLA PERDUTA:
www.torreomnia.com/Testi/cleso/isola_perduta.htm

IL MARE VIENE E VA
www.torreomnia.com/Testi/cleso/il_mare.htm

UNA PANCHINA PER DAFNE:
www.torreomnia.com/Testi/cleso/panchina_dafne%20.htm

LE VESUVIANE:
www.torreomnia.com/Testi/cleso/vesuviane%20.htm

DISAMARO:
www.torreomnia.com/Testi/cleso/disamaro.htm

ZINGARA:
www.torreomnia.com/Testi/cleso/zingara.htm



LA NARRATIVA TORRESE DELLA SCRITTRICE CLELIA SORRENTINO

Nota di Luigi Mari

Un prolifico narratore torrese, (dieci libri nell'ultimo decennio), per riscoprire, confrontarsi, sognare, trasgradire; quindi il deliquio della catarsi. Mille risvolti di una sensualità sacrale senza nomi né volti, quasi mai appagata perché mai interiormente ben definita, trascendente e carnale insieme come l'antitesi-uomo, cioè la sua perpetua contraddizione, nell'ansima dell'insoluto esistenziale, con le conseguenti reazioni, diversificate e contrapposte, ancor più grevi nella plaga vesuviana, dall'annichilimento mistico alla criminalità.
Così nell'eterno femminino autodescritto scaturisce il virtuosismo letterario dell'autrice, partendo dall'ambiguità narrativa di stile, in una prosa ora esplicita e pacata, ora rutilante di sprazzi, ora mesta tra pause tecniche ed interruzioni fino ai telegrafismi e alle omissioni di maniera, tutto però fuso e cucito in un solo contesto narrativo che sfiora ma evade sia l'oleografico che il decadentistico, sia il neorealistico che l'avanguardia; coerente alla costante sensuale, l'autrice, ma fedele ad un pudore etico di stampo partenopeo, che mai sfora nella passionalità di un André Gide o nello sventramento erotico di un Henry Miller della dilogia dei Tropici.
Clelia esalta è sottolinea la trasfigurazione e il trasognamento, il vago e il diafano lirico, concretizzandoli nei dualismi: pregio e difetto, equilibrio e nevrosi, gioia e dolore dei suoi personaggi campani, tutto dipanato dalla consapevolezza inconscia o manifesta dell'universale destino di mortali. Coscienza spesso scongiurata con esplosioni pirotecniche dell'umore, talvolta presa dall'ansia collettiva di custodire e difendere la vita-attimo e riporla in un covo uterino di fortuna, assumendo per abitudine, giocoforza, l'unica panacea: il caratteriale collettivo tradizionale stesso della "razza" vesuviana.
Napoletanità, però, inquinata dall'ingerenza delle attuali problematiche epocali pregne di edonismo e pragmatismo, ritratte una per una nelle pareti domestiche delle case vesuviane, nell'entità individuale, nella solitudine del benessere materiale totale che mai appaga, negli incrinati, squallidi rapporti interdomestici, nelle lotte fraterne, ai piedi del dio-danaro, nell'asservimento al potere e nelle connivenze sistematicamente consolidate in tutto il tessuto sociale, talvolta fino al clero.
Essenze, risvolti, immagini, mutamenti dell'animo non attingibili nei testi triti e ritriti di storiografia, archeologia, filologia ed esegesi nella fervente quanto opaca "Torre del Greco cattolicissima".

Luigi Mari

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ID: 6407  Intervento da: Serena Mari  - Email: sery_mari@hotmail.com  - Data: domenica 8 luglio 2007 Ore: 23:07

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EX DIRETTORE LA TORRE SALVATORE ACCARDO, SCOMPARSO QUALCHE ANNO OR SONO.

LEGENDA
Negli anni 70, alla morte del direttore fondatore Luigi Sorrentino successero alla direzione del Giornale il genero con la moglie cioè Salvatore Accardo con Clelia Sorrentino.

Solo alla morte di Salvatore Accardo Clelia ha assunto il compito di mandare avanti il giornale ancora come direttore sesponsabile. Oggi La Torre si è fuso con la redazione di Ephemerides sotto la Direzione editoriale di Antonio Civitillo.


L'EX DIRETTORE DE LA TORRE SALVATORE ACCARDO

Un profilo dell'ex direttore di Ciccio Raimondo.

Amici del forum,
questa volta invio uno scritto steso con sentimento sincero. Un "Ricordo" dell'avv. Salvatore Accardo. Per i pochi che non lo sapessero era il Direttore dell'antico Giornale "La Torre".

Era disteso sopra lo stretto divano del suo studio. La mobilia era spostata e ciascun oggetto sembrava non essere allo stesso posto nell'ordine, da me come da altri, conosciuto. Le suppellettili, così spostate, mi diedero l'impressione sgradita di una sorta di smobilitazione. Mi vennero in mente perciò i famosi versi di una celebre canzone:
"Core fatte curaggio, facimmancillo chist' 'u quattro 'e Maggio!".
Gli avevo portato in dono, se ricordo bene, dei pompelmi, delle arance e qualche bottiglia di rosso di mia produzione. Questo tipo di omaggio lui lo aveva sempre apprezzato ponendo l'indice della destra sulla guancia corrispondente e facendo girare la mano nel nostro gesto consueto, infantile, ma tanto espressivo. Quando faceva ciò lo faceva con il volto ammiccante e sorridente.
Eravamo allora contenti assieme e con poca spesa. Ora il suo volto era emaciato con i segni inequivocabili del male. Non si accorse subito della mia presenza, era intento a guardare, tenendolo vicinissimo al viso, un oggettino di corallo, due piccoli pendoli che io pensavo fossero degli orecchini. Con lenti e incerti movimenti rinchiuse poi l'oggetto nel suo astuccio di stoffa. Allora mi guardò ed i suoi occhi ebbero un momento di luce che subito si spense. Era visibilmente stanco.
I rumori, e le voci di altre persone che si agitavano intorno, fecero da sfondo a questo nostro incontro che sarebbe stato l'ultimo. La busta del catetere attaccata alla cannula di plastica si intravedeva da sotto alla piccola coperta che lo copriva dando il senso dell'umana condizione di ciascuno quando si trova a lottare con il male fisico. Mi venne di pensare che il male fisico è visibile, è materialmente tangibile, quello morale, quello psicologico, è pur sempre visibile ma per intravederlo bisogna essere un poco più attenti, bisogna avere una maggiore sensibilità. Mi venne di ricordare altre persone care. Con il ricordo un'emozione e una tenerezza filiale mi pervase. Mi accostai a lui per stringergli le deboli mani. Il mio gesto affettuoso e le parole di incoraggiamento furono gradite.
La sua voce debolissima a stento arrivava alle mie orecchie ed allora riprese l'astuccio che aveva appoggiato da qualche parte e me lo porse. Non riuscivo a capire che cosa volesse farne. Allora fece un gesto con la mano come per dire: tienitelo. Me lo volete dare? A me? Con uno sguardo dolce ed affettuoso annuì. Ed io lo ringraziai con parole e con qualche battuta gettata li quasi a coprire l'emozione del gesto. Silenti ci fissammo per qualche tempo.
Tutt'intorno le voci ed il trambusto continuavano. Improvvisamente fu preso da una crisi di pianto. Quel tipo di pianto io lo conosco bene. E' quello di chi è ben cosciente di essere prossimo alla fine. E' un pianto disperato a cui nessuno può dare rimedio. Fu allora che mi avvicinai di nuovo a lui e per calmarlo mi venne spontaneo afferrargli delicatamente il volto tra le mani e baciargli la fronte ripetendogli: Non abbiate paura, avvocato, facciamo la volontà del Signore.
Nel lasciarlo così rinfrancato, tra il vocio ed il cicaleccio di chi gli stava intorno, gli promisi che sarei ritornato a trovarlo più spesso. E lo avrei fatto. Ma poi fu trasferito a Napoli.
A questo proposito voglio qui, infine, ricordare la circostanza nella quale l'avv., molti anni fa, mi meravigliò piacevolmente quando in uno dei nostri colloqui ricordò il filosofo Bento Spinoza citando con convinzione, trovandomi pienamente d'accordo, un suo precetto che è quello che recita: Comprendere e perdonare! Amen.

Francesco Raimondo

Fonte: www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=1575

VEDI UN FILMATO DELL'AVV. ACCARDO:

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CLICCA QUI SOTTO PER VEDERE LA CLIP:
www.timbritarghe.com/films_interviste/intervista077b.avi


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