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Argomento presente: « I L P R I M A R I O . »
ID: 5508  Discussione: I L P R I M A R I O .

Autore: Vito d'Adamo  - Email: vda27@online.de  - Scritto o aggiornato: domenica 7 gennaio 2007 Ore: 22:10

Cari amici,
invio un mio contributo per l'Epifania.
A tutti, salute e provvidenza.
Nonnovito.


I L P R I M A R I O

S’incontrarono per caso dopo più di venti anni: abbracci mozzafiato, virili strette di mano, braccia tese con le palme sulle spalle l'uno dell'altro, gli occhi negli occhi; e mille ricordi, nel confuso riesumare dalla memoria persone, luoghi, avvenimenti; nell'agitata evocazione di fantasmi del passato; tutti gli ingredienti, insomma, per una rimpatriata con i fiocchi.
Se un uomo può condurre a compimento una delle sue peculiari inclinazioni, quest'era il caso di Lorenzo, divenuto nel volgere delle stagioni il perfetto stregone. Proprietario per oculato matrimonio di una clinica di neurochirurgia, di essa primario, primadonna e nume, come seppe che l'amico era emigrato in Germania per poco non gli veniva un colpo:
Tu? E che ci fai in Germania, tu?
Modesto bruciò ogni spiegazione intermedia:
-Si tratta di una scelta precisa: un taglio netto col passato.
Bruciò Renzo tutti gli argomenti intermedi:
-Basta così! Tu lavorerai per noi da questo momento in poi. Scegliti il lavoro che più t'aggrada, fissati lo stipendio che vuoi, prenditi la segretaria che preferisci. Che ne diresti, tanto per cominciare, di darti da fare nel reparto chirurgia? Mi manca appunto un chirurgo.

* * *
Sedevano, una sera d’estate, al “Rosso e Nero”, a Caracciolo di fronte al mare e fumavano, sorseggiando scotch ghiacciato. Lungo il marciapiede passavano giovani donne, mescolando al salmastro del mare i loro profumi. Gli sguardi di Renzo e di Modesto la seguivano e poi si volgevano di nuovo al mare scuro. Fumavano; e lo scotch, centellinato, sfumava via via da gradevole desiderio in confortevole tepore. Sul marciapiede si ripeteva il gioco delle luci interne e delle ombre, a cui avventori e passanti di volta in volta partecipavano. Andavano le donne con i loro profumi.
-Tu dovresti scrivere-, gli disse Renzo.
-Non scrivo, forse?, gli rispose Modesto.
-Non intendevo tradurre ed annotare, o tirar giù i tuoi sagaci articoli. Scrivere di tuo, intendo.
Un’avvenente brunetta dalle lunghe gambe attraversò nel traffico la strada e i loro sguardi si posarono su di lei. Indossava un abito a tunica e i fianchi si muovevano in movenze assassine, scandite dal tacchettio.
-Dovresti scrivere-, ripeté Renzo, distratto, ora. Modesto borbottò che scriveva abbastanza.
La ragazza s’era, intanto, allontanata e già in loro non rimaneva di lei che un labile ricordo.
-Devo mostrarti io come si scrive? Sono sicuro che se mi mettessi a scrivere ne saresti spronato e scriveresti anche tu.
-Tu non scriverai mai-, gli dichiarò Modesto. -Scrivere è anche questione di crampo dello scrivano, non resisteresti a tanto. Comincerai a scrivere solo quando avrai il polso a pezzi, materialmente e moralmente parlando.
-Se io scrivo, scriverai anche tu-, insisté Renzo, caparbio.
-Tu sei nato per non scrivere-, concluse Modesto.

*
Aveva trovato Renzo un dì uno splendido titolo per una storia, che credeva d’aver vissuto abbastanza da potersene liberare narrandola. Accennata a Modesto per sommi capi la vicenda, corse a tapparsi per poterla scrivere in santa pace. Modesto andò a visitarlo tre sere dopo e lo trovò con la barba ispida nello studio pieno di fumo. Sul tavolo da lavoro era sparpagliato quello che rimaneva di una risma di carta e torreggiavano alcuni dizionari.
-Ce l’ho fatta!-, gridò Renzo.
-Ce l’hai fatta a far che cosa?-, domandò Modesto.
Renzo gli mostrò orgogliosamente un foglio, sul quale erano pulitamente vergate sei righe e mezza. Le tappe di tanto risultato traboccavano dal cestino della carta straccia.
-È il primo periodo, vedi? Sulle prime non vi riuscivo. Poi ho compreso che era tutta questione di nervi, di non mollare, di non dormire la notte, ma di vegliare sulla creatura che stava nascendo, di non staccarsi dallo scrittoio per nessuna ragione. M’è venuto anche il crampo dello scrivano.
E mostrò a Modesto il polso destro fasciato.
Parlava concitato e Modesto leggeva. Si trattava di un lungo periodo, composto di tre o quattro verbi sinonimi, da qualche sostantivo, da alcune congiunzioni, da altre poche parti del discorso e da una cinquantina d’aggettivi.
*
-Tu sei barocco, quando scrivi-, l’informò Renzo, sorseggiando il suo scotch e fumando. Si torse leggermente sulla sedia per non perdere nulla di un passaggio assolutamente emozionante.
-Sì-, rispose Modesto, -dovrei liberarmi da quella maledetta mania degli aggettivi.
-Gli aggettivi...-, cominciò Renzo. Poi guatò l’amico ed esclamò:
-Oh, piantala!
-Che ho detto, mio caro?
-Tu frasi come quella non ne scriverai mai!
Modesto accese un’altra sigaretta e stette ad osservare Renzo smaltire l’indignazione. Non occorrevano mai meno di dieci, dodici minuti prima che l’amico potesse riprendersi quando si accennava a quel suo meraviglioso titolo sprecato. Intanto Modesto si distendeva, fumava e s’immaginava di godere il fresco. Non comparvero donne per un bel pezzo e Renzo dovette sorbirsi fino all’ultimo i suoi minuti d’assenzio. Quando fu di nuovo calmo ed ebbe respirato l’appena sospettabile brezza marina, passò al contrattacco:
-Quel tuo Hemingwey!
Ora gli avrebbe parlato male di Gide, di Thomas Mann, di Hemingwey, di Curzio Malaparte, di Yoyce, di Malreaux e degli altri scrittori, rei d’essere cari a Modesto. Qualche volta Renzo imbroccava un vero giudizio, ma di solito ammanniva solo sofisticatissime frasi ai danni di questi autori. Modesto sapeva che l’amico avrebbe concluso la tirata col Malaparte, considerato alla stregua di un genius loci.
-Irriverente!-, infatti, Renzo. -Quei suoi Cristo-cavallo, quei suoi Cristo-gatto! Non dovresti leggere simili autori.
-Perché no?-, obiettò Modesto. E già considerava chiusa la suerte; ma questa volta vi fu un’inopinata aggiunta:
-Ti concedo “Il Vecchio e il Mare”. Quello sì che è un libro, con la “vela come la bandiera di una perenne sconfitta”, i leoni sulla spiaggia, le mani erose dal cancro del mare e segnate dalle intaccature prodotte dalla trazione delle lenze: lì dentro c’è un uomo per davvero!
*
Modesto lo aveva iniziato alla pesca; e Renzo ripassava sul Tirreno il libro di Hemingwey e di uno spinello faceva un enorme pescespada e di un malcapitato scorfano un pescecane affamato del suo spinello-pescespada. Brandiva un remo e lo dava sull’acqua, furioso, e gridava “Toh, toh!” ai pescicani, che non c’erano. Poi la lenza di Modesto s’impiglio per l’amo sul fondo e questi, nel tentativo di recuperarla, tira e strappa, finì per intaccarsi leggermente un dito. Renzo lo guardò disapprovando e recitò sarcastico:
-”Aveva le mani intaccate dalla pressione esercitata dalle lenze”. Tu leggi troppo, t’immedesimi nei personaggi e poi vedi cosa mi succede!
Modesto attese che l’amico si pronunciasse poi circa le dimensioni del suo primo pesce. Renzo non parlò di dimensioni, ma di peso: quattrocento grammi. La stoffa c’era, niente da eccepire: il cento per cento, perbacco! In prosieguo di tempo il peso ascese ad un chilogrammo e mezzo, ma gradualmente. Renzo mostrava con orgoglio le mani, a testimonianza della lotta, sostenuta per catturare lo sfortunato spinello, e ci vedeva le cicatrici dei tagli, prodotti dalla trazione della lenza per l’epica resistenza, esercitata dal pesce.

*
Erano seduti al “Rosso e Nero” ed era tardi, ora, e Renzo gli diceva:
-Io sono il solo ad aver creduto e a credere in te come scrittore. Ma ora dovresti scrivere veramente.
-Si, ma sono barocco quando scrivo; e poi mi lascio prendere, a pesca, dai personaggi dei romanzi che mi piacciono.
-La pesca...
Renzo fissò Modesto risentito e cambiò fronte d’attacco:
-Però, tutto considerato, io non credo tanto a te come scrittore, quanto come chirurgo.
Tutta la scienza di Modesto in materia consisteva, per la verità, in ciò che egli aveva appreso sull’arte della trapanazione del cranio, praticata dagli antichi Egizi. Una sera aveva parlato a Renzo circa la tecnica degli interventi chirurgici sul cranio, portata alla perfezione da quei maestri, della loro attrezzatura professionale in silice e rame, delle loro anestesie ed emostasi. Gli aveva descritto la varie fasi operatorie, gli strumenti, i riti di purificazione e propiziatori, le pozioni usate ed anche le conseguenze di tali interventi sul cervello umano e come e quando gli antichi cerusici giudicavano e in base a che valesse la pena di tentarli. La scienza di Modesto, sebbene parecchio integrata dall’immaginazione e ingigantita dall’entusiasmo, non andava oltre. E Renzo ad insistere:
- Si, tu hai la stoffa del chirurgo. Saresti senz’altro un ottimo chirurgo, uno dei primi, dei luminari. Hai il gusto dell’operazione, del ferro, dei movimenti essenziali ed eleganti; hai il tratto, lo stile e, soprattutto, la determinazione e la decisione del chirurgo di classe.
-Non mi dirai che ho sbagliato mestiere!
-Certo che hai sbagliato mestiere. Ma non è mai troppo tardi. Dovresti iscriverti alla facoltà di medicina e chirurgia.
-A questa età?
-Gli anni-, sentenziò Renzo, -sono quelli che si vogliono avere. Saresti un perfetto studente di medicina, con la quadratura mentale, con l’esperienza, con la cultura acquisita. E poi, hai le mani del chirurgo.
Sedevano; e Renzo già lo vedeva operare.

* * *
Modesto fissò l’amico negli occhi e gli chiese, tra serio e faceto:
-Tu, dimmi: all’occorrenza ti faresti trapanare il cranio da me?
-Io? Da te? Che idea! Guarda che bel tipo! Oh, perbacco: ma ti ha dato di volta il cervello? Io faccio gli scongiuri, io. Corna! Come, sono proposte da farsi, queste? Uno non sa niente di chirurgia e improvvisamente si mette in testa di trapanarti il cranio!

Vito d’Adamo

 
 

ID: 5531  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: domenica 7 gennaio 2007 Ore: 22:10

Grazie Nonno Vito per impreziosire il nostro DIARIO COMUNE con i tuoi preziosi racconti:

www.torreomnia.it/forum/bacheca/dadamo_vito/dadamovito1.htm

La redazione


ID: 5509  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: domenica 7 gennaio 2007 Ore: 00:20

Caro Vito,
essere originali quando si scrive significa ideare e non ricercare e trasformare. I tuoi racconti sfruttano la creatività non trascurando l'autobiografismo diretto o indiretto, e persino le osservazioni ambientali e scenografiche sono di prima mano. Complimenti.
Questa è una risposta relativa al Tuo ID 5497 che piazzo qui in rispetto della narrativa inedita come i Tuoi pezzi, che esulano dal punto focale riguardo i veicoli globali della cultura moderna. “Copia, copiarella; asina, asinella”.
La cultura storica, archeologica, geografica, agiografica ecc. era “Copia, copiarella; asina, asinella” anche prima di internet, per un fatto semplicissimo: Tutto già dissero i greci e i latini.
Fanno eccezione le scoperte moderne e le intuizioni galileiane, copernicane, einsteniane, l'elettronica, l'etere-comunicazione ed il fenomeno internet in se.
I miliardi si siti culturali di respiro planetario presenti in rete riportano pari pari le stesse argomentazioni scientifiche e culturale del cartaceo del XX secolo.
I siti internet locali dovrebbero essere univoci, ma, moltiplicandosi come il pane e i pesci, cadono inevitabilmente nella “copia, copiarella; asina, asinella” addirittura pure con le notizie di attualità.
Per questo molti siti locali vengono seguiti solo da amici e parenti. Se dai un'occhiata a queste pagine portali in Torreomnia ti rendi conto:

www.torreomnia.it/Vesuvio/link_vesuvio/set_fra.htm


www.torreomnia.it/servizi_rete/giornali/set_fra_serv_rete_igiornali.htm

www.torreomnia.it/link.htm

La causa di questa overdose di dati è la faciltà dell'aderenza al mezzo globale, internazionale, oramai gratis, dove la spesa della sola fatica di costruzione web "copia e copiarella" viene alimentata dalla molla del protagonismo e dall'illusione di fruire del vecchio concetto egemonico ed intimidatorio degli scribi.
Il fenomeno negativo, tiene ancora in vita il cartaceo, ma le cose non migliorano, l'informazione mista è ancora maggiore, quindi maggiore offerta, totale caos.
Il cartaceo nazionale professionista accreditato è sostenuto dai partiti politici o accompagnato dalle offerte di DVD o intere enciclopedie a puntate. Ma almeno si parla di giornalismo vero, se pur lottizzato. Ma la “stampa” locale…
Anche se i “pre” o “post” sesantottini hanno subito un confine netto di mutamento, trattandosi di corsi e ricorsi, l'unica novità rilevata è la rapidità del cambiamento e la fruizione dei “post”, appunto, dei nuovi mezzi globali di comunicazione, decisamente eccessivi, caotici e dispersivi che soffocano la cultura e la creatività come idea del bello, appiattendola fino a ridurne al massimo i contenuti e i significati persino nella narrativa di chiaro stampo creativo.
In alternativa della perniciosa tecnica, ad esempio, del ragionamento sofistico, come Tu accenni, vi sono moderne insidie insite dei nuovi veicoli di diffusione culturale altrettanto pericolosi.
Tuttavia in tanto caos le moderne democrazie camuffate vengono stanate e denudate perché internet non è paradossalmente monitorabile in toto.

Luigi Mari







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